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- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter two ❜┊˚ ̥۪͙۪◌𝙂𝙬𝙚𝙣, 𝙢𝙚𝙜𝙡𝙞𝙤 𝙘𝙤𝙣𝙤𝙨𝙘𝙞𝙪𝙩𝙖 𝙘𝙤𝙢𝙚 '𝙂𝙚𝙨ù'

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- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter two ❜┊˚ ̥۪͙۪◌
𝙂𝙬𝙚𝙣, 𝙢𝙚𝙜𝙡𝙞𝙤 𝙘𝙤𝙣𝙤𝙨𝙘𝙞𝙪𝙩𝙖 𝙘𝙤𝙢𝙚 '𝙂𝙚𝙨ù'

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𝐑𝐀𝐘𝐋𝐄𝐄

𝑰l primo posto che mi venne in mente per nascondermi da tutto e tutti fu il tempio di mio padre. Era poco frequentato, pure dagli altri suoi figli, quindi mi parve il posto più adatto.

Corsi velocemente verso la sua statua, mentre gli occhi mi si riempivano ancora di più di lacrime salate. Mi accasciai per terra, rannicchiata ai piedi della statua bianca, chiudendomi con le ginocchia al petto e la testa nascosta fra di loro.

Non so per quanto rimasi lì per terra, in preda ad un attacco di panico. Sembrava che il tempo non andasse più in avanti. Gli unici rumori udibili erano i singhiozzi che tentavo di trattenere e il mio respiro corto.

Mi chiesi se gli dei non avessero deciso di punirmi facendo sparire proprio Jason. Perché, fra tutti i semidei romani presenti al campo, dovevano decidere di usare proprio lui per i loro piani? Ero più che certa che dietro ci fosse qualcosa: una persona non spariva così, all'improvviso, soprattutto se si trattava di un semidio.

Era una vera e propria tortura.

Venni presto raggiunta da Reyna. Non la sentii entrare: riusciva a camminare leggera e senza emettere un minimo suono anche con l'armatura indosso. Solo lei era capace.

«Ray...» sussurrò non appena mi vide.

Quando arrivò davanti a me, si sedette per terra pure lei. Mi passò un braccio dietro alla schiena per tentare di calmarmi, muovendolo piano su e giù.

«Non piangere, Raylee» mi disse «Devi respirare, ok? Fallo con me»

Sollevai lo sguardo su di lei. Presi a respirare, cercando di coordinarmi al suo di respiro. Inspira, espira. Inspira, espira. Riusciva sempre a calmarmi durante un attacco di panico; ormai aveva imparato cosa doveva fare.

Non appena il mio respiro parve rallentare, percepii il suo corpo rilassarsi.

«Va tutto bene» mi sussurrò, stringendomi le mani «Ci sono io qui, va bene?».

Annuii, ancora scossa. Nonostante mi fossi calmata, la sensazione non sembrava voler andare via. Tremavo ancora, in preda a pura tristezza.

«E se non tornasse davvero mai più?» dissi con voce rotta «E se gli altri avessero ragione? Come potrei accettarlo, Reyna?».

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Lei sospirò profondamente. Nonostante mi sentisse parlare di lui ormai ogni giorno, non pareva mai stufa o intenta a dirmi di smetterla, di arrendermi, come faceva la maggior parte degli altri semidei.

«Non possiamo saperlo, Raylee. Non possiamo cambiare nulla. Ma tu promettimi che riuscirai a rialzarti in caso Jason non dovesse tornare, ti prego» mi chiese.

Aveva gli occhi lucidi. Era forse uno dei pochi momenti di vulnerabilità in cui l'avevo mai vista. Reyna tendeva ad essere sempre trattenuta, a non mostrarsi mai debole, ma sapevo che era tutta una maschera. Tutti soffrono, a modo loro, per motivi differenti.

Jason era pure amico suo, eppure non si era mai lasciata andare da quando lui era scomparso. Sembrava che riuscisse a gestire la situazione, con calma e controllo. In parte la invidiavo per questo. Io non riuscivo a non farmi travolgere dalle mie emozioni.

Rimanemmo lì in silenzio, abbracciate l'una all'altra. I miei singhiozzi stavano piano piano diminuendo, permettendomi di respirare con più regolarità. Mi asciugai gli occhi, ancora scossa da qualche fremito, e sollevai lo sguardo sulla mia amica. Sapevo che doveva dirmi qualcosa, e non volevo che tutta l'attenzione rimanesse ferma su di me.

«Tu lo conosci già Percy, vero?» le chiesi.

Lei fece un respiro profondo, coprendosi per un attimo il volto con le mani.

«Purtroppo si, lo conosco già» ammise «Ma non lo associo a nulla di bello, Ray. Lo conosco perché è uno dei semidei che ha distrutto l'isola di Circe, quando ancora stavo lì».

Spalancai gli occhi, sorpresa. Tra tutte le confessione che poteva farmi, di certo non mi aspettavo questa. Sapevo bene cos'era successo a Reyna negli anni precedenti al suo arrivo al Campo Giove. Aveva vissuto come apprendista assieme a sua sorella, Hylla, nell'isola della maga Circe. Erano rimaste lì per anni, ma un giorno arrivarono due semidei. Questi, prima di andarsene, distrussero l'isola, quella che ormai era diventata la casa della mia migliore amica e di sua sorella, liberando i prigionieri ancora sotto gli incantesimi della maga.

I pirati, finalmente liberi, contribuirono a distruggere l'isola, per poi catturare Reyna e Hylla, e portarle con loro per mare come prigioniere. Riuscirono a liberarsi grazie al coraggio della sorella, che aveva sfidato i pirati, vincendo e ottenendo la libertà per lei e la sorella minore.

«Dei...» dissi, stringendole la mano.

Non doveva essere stato facile, vedere la propria casa venire distrutta una seconda volta. Prima dell'isola di Circe, sapevo pochissimo della sua vita, ma non mi ero mai imputata affinché mi dicesse altro. Andava bene così; volevo che una sua confessione arrivasse da lei nel momento più giusto.

«L'ho riconosciuto dal nome» confessò «E guardandolo meglio, mi sono resa conto che si trattava proprio di lui. Non è cambiato così tanto».

La strinsi in un abbraccio soffocante, cercando di trasmettere tutto il bene che le volevo. Ci sarei sempre stata per lei, e volevo che lo sapesse.

«Ho mandato Percy e Hazel da Ottaviano» mi disse poi «Ti andrebbe di andare a controllare? Non vorrei mai che facesse cose strane, sai...».

Ridacchiai, capendo il motivo per cui voleva mandarmi: al Campo Giove ero l'unica che teneva testa a Ottaviano. Gli rispondevo dietro quasi sempre, ma non me ne pentivo mai. Se le meritava quelle risposte. Lo odiavo con tutta me stessa.

Swan Song ✷ Jason GraceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora