Capitolo trentaquattresimo

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Sophie strinse le labbra tra loro, sentendo un forte sentimento nel petto, e mosse pochi passi verso di lui. Vincent alzò di poco il capo, mirandola coi suoi occhi stanchi e spenti, ed incrociando il suo sguardo per qualche istante silenzioso.

«Oh, oh! Che fantasticheria!» bisbigliò lui, con un tono di doloroso sarcasmo che accompagnava la sua voce rauca, e con un ghigno triste, «I miei occhi sono buoni e crudeli e mi vogliono trarre in inganno; Sophie, Sophie, mia amata, siete voi?» domandò.

«Sì, signore. In carne e ossa.» rispose la ragazza, con fermezza.

Vincent la osservò in silenzio, dopodiché sorrise malinconico e rassegnato, e scosse il capo, «No, assolutamente!» sentenziò, «Solo in finzione e illusione!»

Sophie mosse altri passi verso di lui, fino ad arrivargli di fronte, «No, se prendete la mia mano vi accorgereste che sono qui davvero.» affermò allungando l'arto verso di lui, fissandolo coi suoi occhi lucidi. Vincent sollevò una mano e prese quella di lei, minuta e calda, e iniziò ad accarezzarla con curiosa avidità.

«Che anche il mio corpo e tatto mi vogliano ingannare?» farneticò tra sé e sé, «Che ci fa un angelo all'inferno?» domandò.

«Sono venuta a riprendervi signore, e a riportarvi sul giusto cammino» rispose, cercando di mantenere un tono di sicurezza, pur domandandosi se ne avrebbe avuta davvero la forza.

«Oh, il giusto cammino!» ripeté lui come se si trattasse di un idillio, buttandosi con la schiena contro al muro. Il suo viso deperito e pallido era nascosto dall'abbondante barba, e il suo sguardo esausto vagava nella stanza; gli indumenti che indossava, pur eleganti, erano gli stessi da un periodo di tempo che non sapeva riconoscere, e tutto in lui era decadente. Dopo un attimo di silenzio aggiunse, ripetendo sospirante: «Il giusto cammino... è un sentiero che non mi appartiene, mio angelo, mia amabile illusione. Ma ora non ho più nulla e non devo temere nulla», fece, voltandosi a guardare verso ombre che vedeva solo lui, «Visto che siete venuta fin qui all'inferno, voglio essere completamente sincero per una volta per ricompensarvi, perché immagino, mia preziosa amica, che siate qui per sentire le mie confessioni; dunque volete sentire di come ho ucciso mia figlia, mia moglie e mia madre?»

Sophie strinse le labbra con dolore, «Non siete voi l'assassino.» affermò.

Vincent la guardò con la coda dell'occhio, poi ripuntò lo sguardo sul nulla e mormorò qualcosa a bassa voce tra sé e sé. «Chi taglia la carne altrui con un coltello, togliendone la vita, può non essere considerato un assassino?» domandò dopo qualche istante.

«Nessuna lama ha trafitto vostra moglie e vostra figlia, signore, invece vostra madre...»

«L'ho pugnalata io.» la interruppe Vincent, «Le mie mani si sono sporcate del suo sangue irrimediabilmente; non vi è menzogna né salvezza, da questo incubo. Vi ho detto che sarò sincero.»

Sophie aggrottò la fronte, con preoccupazione, e Vincent tornò a parlare: «Su, su, non abbiate paura; fatemi parlare finché ho ancora un poco della mia coscienza, e comprenderete come sono arrivato a quei fatti. Mi concedete qualche minuto, mio angelo?»

«Ebbene; vi ascolto, signore,» rispose Sophie, mandando giù un po' di saliva, facendosi coraggio, «Per tutto il tempo che desiderate.» aggiunse con risolutezza.

«Oh, bene, bene!», affermò Vincent facendo un profondo sospiro, «Io sono venuto al mondo più per l'egoismo di mio padre che per altro, come mi avete già sentito accennare, suppongo; lui desiderava che divenissi perfetto per entrare nelle grazie di mio nonno, il conte Harrington, in quanto suo erede maschio, e così fargli accettare e perdonare il matrimonio che lui aveva complottato alle sue spalle con mia madre, e divenire, infine, a sua volta conte di titolo anche lui e poter mettere le mani sulla sua abbondante eredità. Dedicò ogni minuto del suo tempo con me a quest'ambizione, impartendomi severe lezioni e non mostrandomi mai cosa potesse essere l'affetto di un padre per un figlio. Esistevano solo il suo sguardo rigido e i suoi duri e inflessibili comandi.

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