ANGIE

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<Oddio, Angie, mi dispiace, non pensavo...>

Zitta, Elizabeth, fai più bella figura.

<Non si preoccupi, so che non se lo immaginava. Quando suo padre mi ha assunta gli ho chiesto la cortesia di non rivelare né a lei né a suo fratello di mio figlio. È un pezzo del mio passato che non intendevo portare in questa casa, e suo padre l'aveva capito già dal nostro primo incontro, quando durante il colloquio decisi di essere sincera. Doveva sapere a chi stava affidando i suoi figli, se lo meritava>

La voce di Angie ha riacquistato la solita tranquillità, seppure le conseguenze dall'aver scoperchiato il vaso di Pandora siano ancora evidenti. Un velo di tristezza e amarezza aggiunge una punta di dolore alle sue parole, alle quali in parte fatico a credere.

<Se alla fine il freddo Richard Lewis ha scelto te come nostra governante, allora tu non hai nessuna colpa. Non è un uomo che dà fiducia a chiunque, ogni scusa è buona per allontanare gli altri>

<Si sta sbagliando. Signorina Elizabeth, suo padre ha un cuore d'oro, mi dato un lavoro nonostante io sia responsabile di quanto accaduto ad Edward> replica Angie, poi uno spesso strato di nostalgia invade i suoi occhi.

Mio padre può aspettare.

<Ti va di raccontarmi com'è successo?> chiedo un pò titubante.

Angie è sempre stata super gentile con me e Ben, ci ha aiutati ogni volta che ne abbiamo avuto bisogno (fatta eccezione per quest'ultimo periodo, ma solo perché io ho preferito lasciarla al di fuori di tutti i miei problemi adolescenziali), perciò se stavolta posso esserle io d'aiuto in qualche modo non mi tiro di certo indietro.

Angie mi supera e si siede sulla soglia del mio letto, invitandomi con una mano a raggiungerla.

Prendo posto alla sua sinistra. Si prende qualche attimo per riflettere sulla mia richiesta, poi annuisce.

<Edward era un ragazzo brillante, uno dei migliori in ogni corso che frequentava. Gli era stata persino offerta una borsa di studio. Quando me lo ha detto sono subita corsa ad abbracciarlo e riempirlo di baci sulla fronte, il mio modo per dirgli che ero fiera di lui. Le nostre vite non erano state certo semplici, il colore della nostra pelle mi ha procurato svariate difficoltà nel trovare un lavoro con uno stipendio sufficiente per entrambi>

<Il pad-> sto per chiedere, ma mi fermo pensando di poter risultare nuovamente indelicata.

Angie posa una mano sulla mia e mi rivolge un tenero sorriso.

<Il padre di Edward, il mio ex marito, se ne è andato quando nostro figlio aveva appena sei mesi. Diceva di non amare più né me né lui, quindi durante l'ennesimo litigio gli ho suggerito di andarsene e non farsi più vedere. Col senno di poi, forse ho sbagliato, ma all'epoca mi è sembrata la cosa giusta da fare. Non avrei mai permesso che Edward crescesse insieme ad un padre che non lo amava. Il mio bambino meritava tutto l'amore del mondo, e io mi sarei assicurata che ciò accadesse>

La guardo con ammirazione.

<Sei stata molto forte, non so quante altre donne ne avrebbero avuto la forza. Ti sei battuta per tuo figlio, e secondo me non esiste alcun forse, nessuno ha bisogno di persone che non gli vogliono bene>

Le labbra di Angie si schiudono in un sorriso amaro, poi il suo sguardo si focalizza su un punto non molto lontano, sul pavimento, a pochi passi da noi, e i suoi occhi sembrano rivivere momenti bui appartenenti ad un passato impossibile da dimenticare.

<Magari la presenza di una figura paterna gli avrebbe fatto bene. Io come madre ho fallito, ma ogni tanto una vocina si fa spazio nella mia testa e mi insinua questo dubbio. Se non avessi suggerito al padre di Edward di andarsene le cose sarebbero andate in un altro modo?>

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Vedere Angie in questo stato mi rattrista. La sua solita allegria è scomparsa, al suo posto c'è uno spesso strato di dolore con alla sommità una punta di rimorso che difficilmente andrà via.

<Sarebbero anche potute andare peggio> tento di rincuorarla.

<Peggio di un figlio che si suicida?>

Spalanco gli occhi, incredula. Ho sentito bene?

<A-An>

Oddio, non posso neppure immaginare il suo dolore. Per un genitore perdere il figlio è una delle cose più strazianti che possa accadere.

<Mi sono presa cura di lui sin dal giorno in cui la mia dottoressa mi ha confermato di essere incinta, l'ho portato in grembo spaventata come non mai per il suo futuro e al contempo felice di poter essere sua madre, l'ho cresciuto come meglio ho potuto, cercando di non fargli mai mancare nulla, ma tutto questo non è bastato. Lui stava soffrendo e io non l'ho capito, non mi sono accorta di nulla. Ha messo fi-> Angie si blocca.

La sua sofferenza trapela dalla voce, appena rottasi in gola, dai suoi occhi persi nel vuoto e dalla sua forza. Ha vissuto un evento del genere ed è riuscita ad andare avanti. Come ha fatto? Come fa?

Le poggio una mano sulla schiena e abbasso la testa sulla sua spalla.

<Non è colpa tua> sussurro.

Percepisco il dolore che si porta dentro. È tanto, troppo per una singola persona. Io non sarei in grado di conviverci.

<Se fossi stata più attenta...> si accusa.

<I "se" non fanno bene> dico ricordando il male che possono procurare.

<È inevitabile pensarci. Per quanto cerchi di guardare avanti, c'è una parte di me che quel giorno è morta insieme a mio figlio>

<Secondo te lui si sta divertendo nel vederti soffrire?>

Angie esce dallo stato di tranche in cui sembrava essere stata risucchiata e muove le sopracciglia verso il basso.

<Quando mia madre se ne è andata ho sofferto molto, mi sono dovuta trovare a un passo dal punto di non ritorno per capire che stavo commettendo un grosso sbaglio. Lasciarmi andare avrebbe reso triste mia madre, ovunque lei sia, accanto alla sua famiglia oppure in cielo. Sicuramente è triste per averci abbandonati, perché rendere ancora più doloroso il suo calvario? E come avrei potuto renderla fiera di me se avessi permesso al male di sopraffarmi?>

<Alla fine ha funzionato>

<Solo in parte. A darmi la forza di lottare è stato soprattutto pensare a Ben e mio padre. Non potevo abbandonarli pure io, mi sarei fatta carico anche del loro dolore pur di aiutarli a stare meglio> rivelo a cuore aperto.

Sento di poter dire tutto ad Angie, ma spesso non lo faccio per evitare di far ricadere i miei problemi su di lei. Adesso, invece, ora che le nostre anime sofferenti stanno imparando a conoscersi davvero, raccontarle la verità è la cosa più spontanea che io possa fare. Perché, quando due cuori che hanno patito tanto si incontrano, le bugie perdono di valore, e la verità diventa l'unica arma in grado di combattere le tenebre e affievolirle.

<Lei è una ragazza molto forte> si esprime Angie.

<E tu sei una donna imbattibile>

Lei sorride, finalmente il velo di tristezza nei suoi occhi comincia, piano piano, a svanire.

<Dopo la morte di Edward, ho preso la decisione di andarmene da Harlem, la cittadina di New York in cui ho abitato per quasi quarant'anni, e mi sono trasferita qui. Sembrava il mio primo trasloco, sebbene così non fosse. A causa di problemi economici, io e i miei genitori eravamo sempre costretti a cambiare casa nel giro di qualche anno, finché io non mi sono sposata e mi sono trasferita nella casa scelta assieme a mio marito. Qualche giorno dopo il mio arrivo a Los Angeles, mi sono resa conto che la sensazione di novità non era dovuta al trasloco, bensì all'assenza di qualcun'altro. Non c'erano né i miei genitori né l'uomo che amavo, ero per la prima volta da sola.

Io odio l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora