Capitolo 12

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Sabato sera partimmo più tardi del solito da casa, tutti e quattro pronti per la grande serata.
Io non ero mai andato a ballare con degli amici, quella era la mia prima volta. Certo, ballai a delle feste di compleanno dei miei compagni di classe quando tutti erano invitati, ma mai in altre occasioni.
Per arrivare in quella discoteca ci mettemmo una quarantina di minuti in macchina. Le strade erano buie e sterrate, senza contare le curve strette e i pochi centimetri che ci separavano da un precipizio. Alberto guidò con molta calma e concentrazione. Fortunatamente ci era andato più volte gli anni scorsi, quindi i problemi di connessione del navigatore non erano un problema per lui.
"Ragazzi, ma dove ci state portando? Sicuri che sia questa la strada?" domandai.
"Sì, fai silenzio." rispose Alberto, intento a scrutare il buio oltre i piccoli fasci di luce emanati dai fari della macchina.
"Ci pensi che in realtà ci siamo persi?" enfatizzai voltandomi verso Elisa con un sorriso, era accanto a me, cercavo di sdrammatizzare, ma mi resi subito conto di non riuscirci. Lei si voltò guardandomi fisso negli occhi.
Si riusciva a intravedere il terrore nel suo volto che cercava di mascherare, quel sorriso era fintissimo. Capì da sola che sapevo del suo timore. Appoggiò la sua mano sulla mia, me la strinse e si avvicinò. Per quanto fosse spaventoso, per un attimo sperai davvero che ci fossimo persi, volevo che la sua mano e il suo profumo non mi lasciassero mai, volevo continuare a sentirla vicina.
Fu dopo una decina di minuti che riuscimmo a vedere le luci e sentire la musica da lontano, era all'aperto.

Presentammo i biglietti e le rispettive carte d'identità. Quando entrammo c'erano poche persone, ragazzi dell'età di Flavio e Alberto circa. Erano spaparanzati su dei divanetti con i loro vestiti eleganti e i loro cocktail. Non lontano dal centro, c'erano dei baristi che versavano da bere ad altri ragazzi.
Era molto spoglio, nessuno ballava, al massimo c'era qualcuno che batteva il piede a ritmo di musica, l'atmosfera non era delle migliori. E lo capivo io, che non me ne intendevo di discoteche.
"È presto, no?" chiese Alberto a Flavio.
"Sono le dieci e mezza. Direi di sì." rispose Flavio, con poca certezza.
"Vabbè, nel frattempo prendiamoci qualcosa da bere, tanto la prima consumazione è gratis." commentò Alberto.
Quella sera puntammo su bevande alcoliche. Non sapevo se Elisa avrebbe retto l'alcol, l'idea di vederla per la prima volta, con un cocktail alcolico in mano, mi destava qualche preoccupazione.
Una cosa fu sicura, li finimmo in fretta. Il caldo non era dalla nostra parte. Un sorso tirava l'altro come fosse aria fresca.
Inutile dire che ci fece un certo effetto, il cervello era più lento degli occhi. Andammo a sederci su un divanetto aspettando che la pista da ballo si riempisse.

Come ci si poteva aspettare, una ventina di minuti dopo, il posto iniziò ad affollarsi poco alla volta. Il DJ alzava sempre di più il volume e modificava i tormentoni del momento. Creando un ambiente divertente, libero e caotico.
Ci infilammo tra i ragazzi per trovare il nostro spazio e lasciarci andare alla musica. L'intermittenza delle luci dopo aver bevuto il drink, dava una sensazione di confusione unica. Una confusione che ti liberava da ogni pensiero. Ballare lì, tra tutti, in quel modo, mi faceva sentire l'anima fuori dal corpo, che accoglieva tutte le sue vibrazioni. Senza un motivo, senza accortenze, senza regole, estremamente libero. Ovunque mi voltassi, quasi non riconoscevo i miei amici, anche loro lasciatisi trasportare dalla frenesia del momento. Non ero il solo a provare certe sensazioni, eravamo un tutt'uno.
Mi sfrenai talmente tanto da risultare poi come tutti gli altri: una pozza di sudore.
Quando cominciai ad accusare la stanchezza, mi allontanai dal centro. Mi avvicinai ad una ringhiera un po' più distante dal baccano. Sporgeva sul mare notturno e sulla luna che lo illuminava, rilasciando venature argentate sul velo dell'acqua. Sentivo il soffio piacevole del vento che mi rinfrescava la pelle. E notai il silenzio che si udiva al di là di quel mondo. Era tutto fermo e tranquillo. Tutto era delimitato da una semplice ringhiera. Era uno spettacolo per gli occhi e una meraviglia per le sensazioni. Rimasi immobile a fissare tutto ciò che poco prima era impensabile. Non so per quanto tempo rimasi lì.
Quando mi voltai, i miei amici erano spariti, dileguati tra la folla. Fu solo dopo che mi impegnai meglio a guardare che intravidi Elisa, continuava a divertirsi da sola. A quella visione fui felice, se lo meritava, meritava di sentirsi felice dopo tutto ciò che il crudele mondo le aveva mostrato, meritava di lasciarsi andare, meritava di poter galleggiare sul mare di lerciume, meritava una boccata d'aria pulita in un mondo tossico, meritava le splendide e vere sensazioni in questo finto mondo di plastica.

C'era qualcuno nelle sue vicinanze, qualcuno le ronzava intorno. Riuscii a vedere le note infastidite che inturgidivano il viso di Elisa. Qualcuno le stava dando noia, non riuscii a capire bene la situazione finchè non mi avvicinai. Era un ragazzino basso che stava cercando di flirtare in modo osceno e insistente. Le prese un braccio e cercò di tirarla a se. Non ci pensai due volte e corsi verso di lui, infuriato.
"Vieni con me, ti faccio vedere una cosa." sentii pronunciare dal verme quando fui abbastanza vicino.
Intervenni martellando violentemente con un pugno il braccio che tirava Elisa. Mi misi tra i due e lo spinsi con fare minaccioso. Non ci vidi più.
"Giù le mani dalla mia ragazza!" gridai imbestialito.
Le persone vicine, che con la mia spinta si scontrarono con il ragazzino, fecero riversare casualmente il loro drink su di lui, confuse da ciò che stava succedendo.
Il verme alzò le mani al cielo terrorizzato e iniziò a indietreggiare sparendo nel nulla. Gli altri tornarono a ballare come se non fosse successo nulla.
Presi Elisa avvolgendole il braccio intorno alle spalle e la portai con me al di fuori del casino. Ci incamminammo fino alla ringhiera.

"Tutto ok?" le chiesi una volta tornato dov'ero.
"Si, tutto bene grazie." mi rispose continuando a fissarmi con aria stupita.
"Non dovevi, potevi farti male." aggiunse.
"Farmi male? Da quel nanerottolo? Gli è andata bene, se fosse rimasto qualche altro secondo lì lo stendevo." le rivolsi con un tono di rabbia.
"Non ti avevo mai visto così arrabbiato prima d'ora." mi disse.
"Va tutto bene, sto bene, grazie Vale." mi accarezzò il braccio.
"Grazie davvero." continuò guardandomi negli occhi.
Ciò che vidi, era la cosa più bella di quella sera, i suoi occhi lucidi illuminati dal chiaro di luna.
Di colpo mi si gettò addosso e mi strinse nel suo caloroso abbraccio.
"Ti voglio bene Vale."
"Anche io ti voglio bene Ely." risposi accarezzandole delicatamente il viso che poco dopo mi rivolse continuando a restare stretta a me.
Più stavo con lei, più volevo starle vicino.
Volevo prendermi cura di lei per sempre, ma l'eternità non mi sarebbe bastata, con lei nulla era mai abbastanza. Per quanto lento fosse il tempo, scorreva sempre più velocemente. Maledizione.

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