XIV.

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TW: lievi accenni a DCA

Aveva pianto tutte le lacrime che aveva in corpo, Simone, o almeno così credeva quando, ancora cullato dalle braccia di Manuel, prese un respiro profondo nel tentativo di riprendere quell’aria che gli mancava da ore.

Aveva pianto fino a graffiarsi la gola, non aveva più voce, le lacrime erano scese senza tregua, accompagnate dai suoi soliti tremori e da quel senso di soffocamento che, da quando Alessandro gli aveva stretto la mano attorno al collo, era tornato più forte che mai.

E Manuel?

E Manuel era rimasto lì, sempre accanto a lui, con le braccia a cingergli quel corpo consumato dal pianto e dal dolore, nel tentativo di calmarlo, promettendogli di tanto in tanto che lui c’era e ci sarebbe sempre stato, a dispetto di tutto quello che gli aveva vomitato addosso nello scatto d’ira di qualche ora prima.

Perché ti amo co’ tutto me stesso.
Perché ‘na vita senza de te io ‘n riesco manco a immaginalla.

E quella che, stretto all’unico uomo che avesse mai davvero amato, provava, mentre con la testa se ne stava appoggiato nell’incavo del collo di Manuel, Simone poteva definirla pace.

Poteva definirsi tranquillo, Simone, mentre Manuel gli passava la mano tra i ricci e gli lasciava dei baci sulla fronte, oppure quando, a furia di stringersi, diventava sempre più difficile capire dove finisse il corpo di Manuel e iniziasse quello di Simone.

In quel momento, Simone era ciò che di più vicino ad un vaso di porcellana potesse esistere, era fragile, indifeso, e Manuel aveva il terrore che solo stringendolo un po’ più forte avrebbe potuto frantumarlo anziché rimetterne insieme i pezzi e prendersene cura.

Rimasero in quella posizione per ore; Simone tra le braccia di Manuel mentre nascondeva il viso nell’incavo del suo collo e Manuel che lo accarezzava e si prendeva cura di lui nell’attesa che Simone si calmasse.

Ché Manuel voleva saperne di più, voleva e doveva capire meglio la situazione per poi cercare di aiutare Simone ad uscirne.

So’ ancora ‘ncazzato ma ‘n posso lascia’ che finisca de rovinasse la vita così, che se faccia risucchia’ tutta la forza che negli anni ha acquisito da n’infame de ‘r genere.
Darei la vita pe’ lui, e forse ‘n giorno sarò libero de dirglielo.
‘N giorno.
Non oggi.

«Simò?»
«Mh?»
«Come te senti?»
«Meglio…grazie» uscì flebile dalla bocca di Simone.
«’N me devi ringrazia’, Simò. ‘O sai»
«E invece devo, Manu, tu fai sempre tanto per me… ed io invece ti ho rovinato la vita»

Quest’ultima frase venne pronunciata da Simone con voce tremante e ciò lo spinse a stringersi ancora di più al corpo di Manuel per non scoppiare a piangere nuovamente, ché di piangere non ne poteva più, ché di piangere non ne aveva più le forze, sentiva solo un enorme vuoto dentro e tanto, tanto dolore.

Pensavi che dicendogli la verità ti saresti sentito meglio?
Oppure che, per magia, Manuel avrebbe risolto ogni tuo problema?
E invece ti sei solo scaricato la coscienza appioppando i tuoi problemi a qualcun altro.

«N’hai rovinato niente, Simò. Hai fatto ‘n bel po’ de cazzate, questo sì, ma se po’ rimedia’. Ne uscimo ‘nsieme, te l’ho detto. Però te devi fa aiuta Simò, me devi di’ tutto quello che è successo dall’inizio sennò ‘n potemo fa niente»

E Simone si spostò da quella posizione a malincuore solo per guardarlo negli occhi, e non perché non si fidasse di Manuel ma perché ormai gli rimaneva difficile anche credere che Manuel volesse davvero aiutarlo, gli rimaneva difficile credere che Manuel continuasse ad avere pazienza con lui, gli rimaneva difficile credere che Manuel fosse lì con lui, che fosse tornato indietro, che lo stesse abbracciando, che gli stesse donando amore, quell’amore che pensava di non meritare più perché Alessandro, i suoi pensieri e la sua mente con la voce di Alessandro gli suggerivano che meritasse solo quel male che stava, ormai da mesi, provando.

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