BRANDON

Ero sempre stato un tipo violento.

Fin da piccolo i bambini non volevano essere miei amici, le mamme si raccomandavano di starmi lontano perché spesso avevo picchiato qualche mio compagno.

Ma dato che la violenza era l'unica cosa che avevo sempre visto fin da piccolo, quello era il minimo.

Ero cresciuto tra le litigate dei miei e le botte che mio padre riservava a mia mamma, tentando di salvare mia sorella da quello schifo. Io avevo sempre provato a difendere la mamma, ma lui me lo impediva, mi chiudeva in camera e diceva che se avessi provato anche solo a dirlo a qualcuno, lui l'avrebbe ammazzata e l'avrebbe fatto anche alla mia sorellina Brittany. Non glielo avrei mai permesso. Lui non doveva permettersi di sfiorarla.

Questo non significava che mi andasse bene che lui lo facesse a mia madre, significava solo che se potevo proteggere almeno una delle due, allora lo avrei fatto. Ma mi sentivo estremamente in colpa per ciò che le veniva inflitto, soprattutto perché ero impotente di fronte a ciò. Potevo fare di tutto ma lui era più forte. Un passato disastroso era una delle cose che accomunava me e Kenneth, e che ci legava indissolubilmente.

Brittany aveva 4 anni, io ne avevo 11. Avevo esattamente 7 anni più di lei. Eravamo chiusi nella mia cameretta, mentre fuori le solite urla rimbombavano nella casa, ma soprattutto nella mia testa e nel mio cuore. Mi massaggiai le tempie, pregando che tutto quello potesse finire in fretta.

"Che c'è Brandon, ti fa male la testa?" mi chiese mia sorella con la sua vocina dolce. Sì, avrei voluto risponderle. Sì, e vorrei spegnere il cervello anche solo per un attimo, vorrei andare altrove e portarti con me lì dove nessuno potrà toccarci, ma non posso farlo. Avrei voluto dirle questo, ma non potevo. Anzi, era la mia sorellina e dovevo distrarla.

"No piccola, sto bene. Vieni qui, facciamo qualche disegno e coloriamo." le risposi e presi carta, penna, e quei pochi pastelli che avevamo.

"E cosa disegnamo?" mi chiese lei posandosi l'indice sul mento e puntando gli occhi in sù. Lei si metteva sempre in quella posizione per pensare, era adorabile.

"Disegna il posto dove vorrai vivere da grande, un posto tutto tuo, dove sarai solo tu e dove nessuno potrà darti fastidio." le proposi accarezzandole i capelli.

"Ma non può essere tutto mio! Devi esserci anche tu!" esclamò facendomi sorridere, ciò mi rincuorò perché significava che ero riuscito a trasmetterle almeno la mia vicinanza. Io non l'avrei mai abbandonata.

"Hai ragione. Ci sarò sempre io con te e non dovrai avere paura mai di nulla. Te lo prometto." le risposi e lei mi abbracciò per poi cominciare il suo disegno. Era piccola ma capiva già troppo.

Questi ricordi facevano male ma allo stesso tempo facevano sorridere. Ciò che successe qualche anno più tardi fu invece quello che oltre a tutta la merda che avevo già vissuto aggiunse una ferita che non si è mai risanata, che segnò profondamente la mia vita. L'arresto di mio padre per omicidio.

Quello di mia madre.

Lui lo aveva fatto quando noi non eravamo in casa, eravamo a scuola, ma io la vidi a terra senza vita al mio ritorno, in una pozza di sangue. Avevo provato a rianimarla, a fare qualsiasi cosa nonostante io sapessi che fosse inutile. Vedendo i profondi squarci che aveva sul corpo, non avrebbe mai potuto sopravvivere. Ma era mia madre.. Vedevo quella scena nitidamente ogni notte mentre dormivo e questo non mi permetteva di dormire per più di 3 ore a notte.

Io avevo fatto di tutto da sempre per non farlo accadere. Non sarebbe dovuto succedere, soprattutto in quel momento che ero cresciuto e stavo riuscendo a difenderla, ad allontanare quel verme di mio padre. Ma forse, lui lo aveva fatto proprio per quello. E non potevo sentirmi più in colpa di quanto già mi sentissi.

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