10 Luce nel buio

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Nereide

L'essere umano è costituito da grassi, calorie, carboidrati che conta sul retro di una scatoletta. Porta con sé nuove paure sperimentando l'antidoto per rimuoverle, ma così  risulta incapace, sciocco e poco furbo. Le paure non nascono per essere eliminate ma per distrugge l'uomo, per ridurlo a una nullità persistente. Superiorità, accettazione, fiducia in se stessi non fanno parte alla nostra mente, saranno sempre troppo lontani dal primo giorno che si sceglie di sopravvivere. Spero sulla pioggia per non alzarmi dal letto, ma sul sole per risvegliarmi dal buio.

L'aria di marzo si fa sentire, sbocciano i primi fiori, Portland si ravviva con la primavera. Sono sdraiata sul letto dopo una notte insonne, la mia mente viaggia in orbite sconosciute. La mia pancia emette strani rumori, tutto a causa della fame che persiste da ieri sera.

Per evitare mia madre non ho messo piede in cucina e lei non ha osato chiamarmi. Forse è meglio così, meno ci vediamo e meno dovrò sopportarla.

Ma parlo troppo in fretta perché il vulcano Grace entra in scena, bussa insistentemente alla porta aspettando che io la apra. Il mio intento è quello di ignorarla, è tutto il giorno che sto sul letto e la sua presenza rovinerebbe soltanto il mio stato di quiete creatomi dalla solitudine.

<<Nereide apri subito questa porta, non costringermi a chiamare un fabbro!>> Sento la sua voce infuriata rimbombare.

Mi alzo svogliatamente dal letto, portandomi con me tutte le coperte e giro la chiave nella fessura. Lei spinge in giù la maniglia ed entra, ha gli occhi azzurri sgranati, i capelli raccolti in una coda disordinata. Mi guarda dal basso verso l'alto e poi contorce le labbra disgustata.

<<Preparati, stasera  siamo a cena da Emily>>. Dà un'ultima occhiata alle mie condizioni poco curate, gira i tacchi e procede fino al piano di sotto.

Sbatto le palpebre più di una volta perplessa. Ho poca intenzione di prepararmi per una stupida cena e l'idea di vedere la faccia di Benjamin mi irrita. Non sono nelle condizioni eccellenti al momento per sopportare qualche sua baggianata.

Trascino i piedi fino al bagno, e scocciata mi tolgo le coperte di dosso e poi il pigiama in cui è raffigurato un avocado sorridente. Metto dei sali nella vasca riempita d'acqua calda e mi immergo.

Cingo il petto con un asciugamani e dopo aver fatto attenzione ad essermi asciugata per bene, senza lasciare che le gocce d'acqua bagnino il pavimento, vado verso la mia stanza.

Prendo dall'armadio un semplice tubino bianco che mi arriva sopra al ginocchio e indosso gli anfibi Dr. Martens. Lascio i capelli ondulati morbidi sulle spalle e applico sugli occhi un filo di mascara.

Scendo giù per le scale e aspetto mia madre sul portico di casa. Il cielo si colora con le sfumature del tramonto, la temperatura è calda. La primavera è una delle stagioni che preferisco, il nostro giardino è ben curato circondato da aiuole e margherite. Allungo l'occhio verso la  casa degli Smith e mi accorgo che esso non è per nulla fiorito,  ci sono soltanto dei fiori appassiti, sparsi qua e là.

Ancora non mi capacito dell'idea che tutta questa proprietà appartenga  a loro, tutto il perimetro del terreno che si estende fino all'altra parte dove si trova il lago. Emily con il suo lavoro non può permettersi tutto questo, sicuramente in questa immensità c'è lo zampino di qualcuno, magari il padre sarà stato un uomo d'affari. Non c'è altra spiegazione.

Il boato della porta che si chiude alle mie spalle mi fa sussultare, con la coda dell'occhio noto i passi di mia madre che si avvicinano. Si ferma al mio fianco e mi accorgo che fra le mani tiene un vassoio di cartone coperto da una carta pane. Dall'odore percepisco che si trattino di dolci.

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Non cammina, non parla, si limita solo a osservarmi. Io non la guardo, perché se lo facessi potrei pentirmene all'istante. Il suo sguardo ghiaccio mi darebbe sui nervi.

<<Ti vedo diversa Nereide, ma non in meglio. Sei molto cambiata sotto l'aspetto comportamentale, sei più immatura di quanto avessi pensato>>. Il suo tono calmo e agghiacciante mi provoca dei brividi.

Mi si forma un groppo in gola, le sue parole mi rendono instabile, qualsiasi cosa esca dalla sua bocca, ogni volta, mi trafigge dentro. Lei detiene la parte del manico del coltello, ha il potere di contorcere le mie emozioni in dolore.

Non riesco a risponderle, con le braccia al petto e la testa bassa come macchiata di vergogna, cammino dietro lei finché i suoi passi non si fermano davanti al gran cancello di ferro battuto. Faccio un respiro profondo e scaccio via le lacrime dagli occhi.

Il cancello telecomandato si apre ed Emily esce restando ferma sul portico, la raggiungiamo e ci accoglie in un abbraccio caloroso. Mia madre le porge il vassoio e lei la ringrazia ribattendo che non ce n'era alcun bisogno.

È raggiante con il vestito giallo che calza perfettamente al suo fisico asciutto e slanciato. La gioia che emana è esattamente uguale a quella di Miranda, nonostante sul volto della madre ci siano segni di sofferenza con il sorriso riesce a mascherare ogni cosa.

Benjamin invece è diverso, più cupo e grigio, è difficile guardarci dentro. È come uno specchio coperto da un telo nero, ci puoi provare per scorgere qualcosa ma risulta una missione fallita.

Quando metto piede in casa, l'odore del cibo delizioso aleggia nella stanza. Emily ci fa accomodare su un tavolo blandito da piatti di ceramica e bicchieri di vetro. È tutto pulito ed elegante, vorrei dirle che non c'era bisogno di apparecchiare così bene e cucinare così tanto cibo, ma mi limito solo a guardare esterrefatta.

Dopo dieci minuti a sentire le moine di mia madre, senza più energie in corpo mi accomodo vicino Miranda che non fa altro che parlare di un certo Andrew. Da come ne parla suppongo che le piaccia, continua a ripetermi di quanto sia gentile, bravo, bello..

Ad un tratto si blocca e punta gli occhi sulle rampe di scala, mi volto e noto suo fratello. Indossa una felpa grigia e dei jeans, i capelli sono ordinati indietro. Non alza gli occhi dal display del  telefono finché sua madre non lo richiama.

<<Non ti piaceva l'idea della camicia?>> Pronuncia con un tono alto mettendo le mani nei fianchi. Lui alza di scatto lo sguardo puntandolo su di lei, scende gli ultimi gradini, tace un po' prima di rispondere e con un velo di cupezza schiocca la lingua nel palato.

<<No>>.

Mia madre si siede vicino la sua amica lasciando un posto libero vicino il mio che inevitabilmente viene preso da Benjamin. Quando arretra la sedia facendola stridere sul pavimento, l'odore del profumo di muschio  si invade nelle mie narici.

Si avvicina, e con il fiato mi solletica l'incavo del collo. Una fastidiosa sensazione mi invade lo stomaco, sento il respiro fermarsi e i battiti cardiaci rallentarsi.

Dovrei urgentemente prenotare una visita dal medico se il mio corpo continua a reagire così ogni volta che lui si avvicina a me.

<<Ciao ninfa>> Un calore si propaga nelle gambe, il suo timbro basso e roco mi fanno perdere subito la concentrazione.

Con un po' di resistenza ascolto la ragione e mi discosto con la sedia sbattendo contro Miranda, suscitando in lui un sorrisetto. La mia amica mi guarda confusa, alzo gli occhi al cielo accennando suo fratello vicino me, si mette una mano sulla fronte e scuote  la testa.

Come scossa violentaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora