una cascata rossa come il sangue🔴

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Mi trovavo a casa di Mike, il mio ragazzo.
Stavamo assieme da 3 anni e mezzo ufficialmente ormai, ma in realtà ci frequentavamo già da molti mesi prima, ma per via della famiglia molto omofoba che mi ritrovavo ad avere abbiamo dovuto far tutto con molta cautela, presto da li a qualche parte avremmo dovuto festeggiare il nostro mesiversario.
Non ho mai dato importanza a queste cose, soprattutto i mesiversari dato che trovavo più importanti gli anniversari e in realtà a dirla tutta per me era speciale ogni giorno al suo fianco, ma lui ci teneva particolarmente a queste usanze.
Stavamo guardando un vecchio film drammatico sulla televisione, nessuno dei due amava molto i film, a meno che non fossero vecchi classici, thriller, horror o drammatici, so che non dà molta allegria a sentirlo e vederlo di fuori, ma a noi piaceva così, almeno potevamo avere molte più scuse per abbracci e baci di consolazione.
Come ho detto, quel giorno ero da lui perché ero stato parecchio male con un attacco depressivo veramente pesante a fine delle lezioni, soffrivo non solo di depressione, ma anche da stress post traumatico e bipolarismo, io andavo in quinta superiore lui era al secondo anno di università, quindi quando l'ho chiamato disperato è corso a prendermi in macchina, avendo già la patente, mi ha vietato di stare solo e costretto per modo di dire dato che non mi dispiaceva stare con lui, anche se spesso tenevo a isolarmi, a stare con lui.
Sapeva che stavo molto male, che avevo la depressione e il disturbo bipolare di tipo 1 e il mio fantastico stress post traumatico oltre agli infiniti e implacabili istinti suicidi, giusto per non farsi mancare nulla direte, per questo stava sempre attento a qualsiasi cosa facessi e molto raramente mi lasciava solo se avevo un qualche tipo di attacco, in realtà stava molto attento anche lui a cosa diceva o faceva proprio per evitare crisi e cosa avrebbero significato, sapeva che mi tagliavo e mi bruciavo con le sigarette, d'altronde essendo il mio ragazzo non era un occasione rara che mi vedesse nudo, dato anche che stavamo assieme da parecchio, ma ogni volta la vedevo nei suoi occhi la preoccupazione, la rabbia, l'ansia e l'angoscia che provava vedendone di nuovi segni sul mio corpo.
Continuava a ripetermi che dovevo rispettare me stesso e il mio corpo, perché per quanto quelle cicatrici mi rendessero unico e mi donavano una bellezza unica e rara, lo sarei stato ancora di più se avessi iniziato a brillare come il sole, perdonandomi per poi iniziare ad amarmi smettendo di punirmi per ciò che non avevo potuto controllare del mio passato.
lo ripeteva sempre come una macchinetta inceppata, mentre mi baciava ogni cicatrice e taglio nuovo, lo faceva sempre, che fossimo nudi a letto o sdraiati sul divano a guardare qualcosa o semplicemente parlare, era ripetitivo vero,dato che lo faceva ogni volta che mi vedeva e ne aveva l'occasione, ma l'unica cosa che volevo sentirmi dire e farmi fare erano quelle parole e quel gesto tanto delicato quasi da far male, quindi non mi importava il resto, se ripetitivo, se smielato, a me impotava solo vedere che qualcuno riusciva ad amare anche quello che io non riuscivo neanche a guardare di me stesso, volevo solo sentire la sua voce angelica mentre mi toccava quei punti per me proebiti a tutti tranne a lui.
Stavamo guardando un film abbracciati sul divano, con Mike che continuava a criticare ogni scelta della protagonista disperandosi e mettendosi le mani nei capelli, era molto teatrale, a un certo punto, senza motivo, forse un pensiero intrusivo inconscio, sentii lentamente il mio cervello spegnersi, l'ansia aumentare e bloccarmi il respiro e le lacrime di una crisi isterica iniziare a gocciolare furtive al di fuori dei miei occhi marroni come il caffè, così li aveva denominati Mike.
Avrei dovuto parlargli, chiedergli aiuto, mi avrebbe saputo aiutare come sempre, ma il sentimento che in quel momento il mio cervello mi diceva era che lui provava nei miei confronti solamente pena e disgusto e quindi mi impedirono di farlo, così mi alzai dal divano lentamente per non fargli capire cosa stava succedendo o aver sospetti, sentendo le sue lamentele perché mi ero staccato da lui, presi dallo zaino appoggiato al muro di fronte al divano le sigarette, accendino e una lametta nuova, immacolata, che avevo comprato la mattina prima di andare a scuola coi soldi che avevo messo da parte, quella che avevo a casa a forza di essere usata funzionava male per i miei gusti, nascosi la lametta nuova dietro al pacchetto di sigarette e dissi a Mike che andavo a fumare, lui non fumava e in casa non si poteva dato che l'odore gli dava fastidio, quindi sarei dovuto andare al secondo piano della casa sul pogiolo di camera sua che aveva una vista pazzesca.
Lui annuì sorridendomi, mi senti in colpa per star scappando da lui era l'unico da cui non volevo scappare, ma la mia mente mi ripeteva -scappa,scappa- e cosi salì al secondo piano dove si trovavava anche il secondo bagno,quello con la vasca, mi ci chiusi dentro a chiave facendo meno rumore possibile per non far sentire il rumore della porta chiudersi fino al piano sotto.
volevo stare solo, avevo bisogno di stare solo, tutto quello che stavo vivendo e che trattenevo ogni giorno in ogni secondo della mia triste e vuota vita aveva bisogno d'essere scaricata fuori.
le lacrime iniziarono a scendere senza che io lo decidessi,stavo perdendo il controllo e lo sapevo, ma non feci niente per impedirlo, le lacrime uscivano sempre più in abbondanza così misi una mano coperta dalla mia felpa sulla bocca e il naso per evitare di far sentire i miei singhiozzi incontrollati,mentre con l'altra stringevo la lametta ancora nel pacchetto tra le mani. era tutto troppo da sopportare, questo mondo, la mia famiglia, gli amici che non avevo, avevo solo Mike ma in quel momento la mia testa mi gridava che era una perdita di tempo per lui stare in coppia e amare un perdente come me, meritava di meglio e io ero di intralcio.
volevo tagliarmi, ne ero troppo dipendente, erano anni che lo facevo, era peggio della droga ormai per me, dovevo sanguinare, dovevo vedere il sangue rosso fuoriuscire, dovevo sentire il dolore, iniziai a scartare la confezione della lama nuova come fossi stato pazzo, ed effettivamente lo ero, avevo perso completamente il controllo delle mie azioni e dei miei pensieri, una volta aperto mi guardai allo specchio alzandomi la felpa, notai tutto il mio corpo ormai martoriato da cicatrici di varie tonalità di colore e ferite da poco state inflitte da me stesso, pieno di cicatrici e bruciature, mi disgustavo, odiavo quello che vedevo allo specchio,ma nonostante quei sentimenti non mi bastava ne volevo di più.
-non riesco, non ce la faccio più, basta- sussurrai tra me e me piangendo e singhiozzando cercando sempre di non farmi sentire.
presi la lametta nuova appena comprata, mi fermai per qualche secondo e la fissai intensamente, poi mi sedetti per terra con la schiena che dava e si appoggiava alla porta scivolandoci contro, ma prima avevo aperto l'acqua della vasca da bagno in marmo bianco lì presente.
pensai a come sarebbe stato bello se la lama fosse riuscita nel mio intento, vedere le mie vene che si aprivano e rigurgitavano il sangue come fosse veleno mortale.
il mio sguardo variava dalla vasca che si stava riempendo alla lametta nella mia mano.
volevo così tanto entrare in quella vasca e tagliare le vene visibili dai miei occhi presenti sulle mie braccia .
non ci pensai oltre, e forse avrei dovuto pensar di più, non mi soffermai più a pensare, non ero lucido, come se avessi bevuto vodka e fumato erba.
mi alzai e toccai l'acqua nella vasca, era fredda,congelata, ma non era un problema, anzi meglio avrebbe velocizzato tutto il processo dato che il corpo avrebbe fatto scorrere più velocemente il sangue per scaldare il tutto.
entrai sedendomi al suo interno completamente vestito,tanto molto probabilmente non avrei mai più avuto bisogno di vestiti, mi immersi bagnando tutto il mio vestiario, appoggiai la testa al bordo della vasca una volta risalito dalla mia piccola immersione e con la lama che stringevo in mano, senza pensare, senza esitare, mi tagliai spingendo con tutta la mia forza la lama su entrambe le braccia in verticale, sapevo che così non mi avrebbero salvato o almeno è quello che si diceva di solito su internet o nei libri di medicina, quindi ci speravo.
La lama essendo nuova e mai usata avendo subito una pressione tale per via della mia forza era riuscita non solo a tagliare le vene ma anche a provocare un grande squarcio nelle mie braccia profondo che mostrava tutto ciò che la pelle aveva sempre nascoscosto, molto simile a quello che avrebbe potuto provocare un cucter ben affilato e nuovo.
Mentre il sangue sgorgava al di fuori del mio corpo come un fiume in piena privandomi velocemente di energie, con molta fatica e sospiri di dolore trattenuti mi sporsi verso il lavandino, presi le sigarette e l'accendino vicini alla vasca, sporcai tutto di sangue e lo sforzo mi fece perdere ancora più sangue, presi una sigaretta e l'accessi,tornando sdraiato nella vasca, restando a fumare nell'acqua con le vene aperte sentendomi sempre più debole a ogni respiro nuovo fatto.
La mia quiete però durò poco, ero stato via fin troppo, troppo per una sigaretta, Mike era andato sicuramente a cercarmi nel suo balcone per vedere dove fossi finito e se stessi bene probabilmente, non trovandomi sicuramente era in panico e stava controllando tutte le stanze, di fatti come avevo immaginato, bussò alla porta del bagno per poi provare ad aprirla non sentendo risposta fallendo, dato che era stata chiusa in precedenza.
-amore so che sei qui dentro, il bagno si può chiudere solo dall'interno, aprimi e parliamo un pó, lo so che oggi è stata dura per te e che ogni giorno lo è, ma io son qui, non voglio sapere che la persona che amo sta soffrendo e piangendo e ignorare il tutto, Erike apri la porta per favore-
non gli risposi, non perché non volessi, in realtà volevo, ma ero troppo stanco, non riuscivo più a parlare, respiravo a malapena, avevo freddo e un grande sonno, attorno a me tutto era ovattato e sfocato, così chiusi un secondo gli occhi e la sigaretta mi cadde dalla mano finendo a tenermi compagnia nell'acqua fredda e colorata di rosso dal mio sangue spegnendosi proprio come me.
-Erike rispondimi, mi sto spaventando davvero, se hai scelto il bagno che si può chiudere solo da dentro stai facendo una cazzata, ti prego, non posso perderti, non cosi, non per questo, non voglio perderti, lo so che non mi credi, lo so che hai paura, lo so cazzo, son disperato, apri entro un secondo la porta ti prego o chiamo l'ambulanza, apri questa cazzo di porta, Erike-
lo sentivo, sentii anche il pugno che tirò alla porta, ancora più ovattato ma lo sentivo, volevo dirgli di chiamare l'ambulanza ma non uscii niente dalla mia bocca, nemmeno un lamento o uno sbuffo, ero stato un pessimo fidanzato e avevo deluso e distrutto probabilmente l'unica persona al mondo che ci teneva davvero a me e io avevo sbriciolato tutto per puro egoismo? Si,credo di si.
Potevo farlo lontano da lui, ma la mia mente me lo aveva fatto fare a casa sua, con lui, mi veniva da vomitare a pensare a quanto fosse egoista tutto ciò.
aveva un tono disperato, sentirlo così mi fece pensare solamente che la morte me la meritassi ancora di più, chiunque stesse con me poi soffriva a causa mia, in quel momento il mio cervello riuscì a pensare solo che morire sarebbe stato il regalo di mesiversario più bello che potessi fargli.
-Erike sfondo la porta cazzo, apri- mentre lo diceva mi pareva di sentire per quel poco che ancora mi era consentito, lui che parlava piangendo al telefono con l'ospedale che avrebbe mandato un ambulanza d'urgenza, almeno mi sembrava di aver capito così.
lo sentivo piangere, in realtà non sentivo più niente ma sapevo che stava piangendo,lo sapevo dentro, in quel momento mi odiai più di quanto avessi mai fatto nella mia vita, mi sarebbe mancato così tanto, ma non potevo più proseguire e il mio cuore si distrusse definitivamente e subito dopo buio, l'ambulanza non sarebbe mai potuta arrivare in tempo, nessuno mi avrebbe potuto salvare, la mia storia mi aveva condannato a un finale tragico, una morte per mano di mia.
pian piano persi conoscenza, ma prima di perderla completamente ricordo di aver visto Mike spaccare a calci la porta fino a buttarla giù, il suo viso quando mi vide non la saprei decifrare,terrore,paura,rabbia,senso di colpa..non saprei, ma sembrava che nella sua testa ci fossero solo due frasi :"l'hai ucciso tu" :"è colpa tua,cosa dirai ai suoi genitori ora? assassino"
Corse verso la vasca e non fece neanche caso al fatto di sporcarsi di sangue e bagnarsi completamente, abbracciandomi e iniziando a ripetere in sequenza molti no, mentre piangeva e a ogni no le lacrime aumentavano, mi sollevò dalla vasca e mi fece sdraiare per terra con la testa sulle sue gambe, no, non ero morto, dormivo profondamente, questo si ripeteva mentre si chiedeva quanto tempo l'ambulanza ci stava impiegando iniziando a perdere le speranze a ogni secondo che passava, sapendo anche lui che non sarebbero arrivati in tempo.
Non fumava, non aveva mai fumato, credevo non l'avrebbe mai fatto, invece in quel momento prese il mio pacchetto di sigarette sporco di sangue e l'accendino, tirò fuori una sigaretta, ma prima di accenderla la guardó attentamente e la studiò dopo poco l'accesse e iniziò a fumarla lentamente, tossendo inizialmente, voleva sapere cosa si provava, cosa provavo io ogni volta che fumavo, voleva sentirsi più vicino a me nel mentre accarezzava i miei capelli seduto con le spalle e la schiena verso la vasca, aspettando l'ambulanza anche se ormai sapeva che non era più importante che arrivasse in tempo, ormai era tardi,troppo tardi, ormai mi ero spento per sempre.
Giusto cinque minuti dopo suonarono alla porta, mike buttò la sigaretta nella vasca dove galleggiava quella che in precedenza avevo fumato io, non gli interessava più dell'ordine o della sporcizia, aveva solo me in testa e le duemila colpe che si stava dando, adagiò la mia testa il più delicatamente possibile su un asciugamano in cotone molto morbido per terra, per potersi alzare e scendere le scale lentamente, come un fantasma che avrebbe preferito essere al pisto mio, per raggiungere il piano inferiore e aprire la porta.
Era l'ambulanza, si ritrovò due paramedici davanti che gli chiesero se era stato lui a chiamare, aveva tutti i vestiti sporchi e fradici, gli sembrò una domanda davvero stupida ma rispose comunque con un semplice gesto della testa in assenso, guardando il vuoto per terra senza mai alzare lo sguardo, li fece entrare in casa e li condusse lentamente al piano superiore fino al bagno, bagno dove si trovava il mio corpo, i paramedici fecero qualche controllo che era obbligatorio per il protocollo e infine lo coprirono per intero con un telo blu, il paramedico più delicato chiese a Mike se potesse riferirgli l'ora dell'effettivo decesso del ragazzo, non rispose, anche perche non aveva controllato l'ora, aveva pensato solo a restare con lui fino alla fine,poi gli fecero qualche altre domande, ma Mike non risposte a nessuna continuando a fissare il telo, a quel punto i paramedici alzarono il corpo e fecero per andar via dicendo che avrebbero chiesto alla famiglia, Mike era troppo scosso quasi pure per respirare, fù in quel momento che Mike disse qualcosa ai paramedici, ma piùa se stesso :"siete arrivati troppo tardi..eppure eravate di urgenza..l'avete fatto morire anche voi.." stava guardando il basso e piangendo, il paramedico che aveva coperto il corpo si avvicinò a lui, era giovane quasi come lui e lo guardó con fare dispiaciuto come se avesse compreso che la colpa in verità la stava dando a sé stesso.
ma le uniche parole che uscirono dalla sua bocca furono -non è colpa di nessuno, per quanto brutto a volte alcune situazioni son inevitabili, ci dispiace per la sua perdita, le facciamo le nostre più sentite condoglianze- nient'altro, ma d'altronde non è compito loro far stare meglio qualcuno dopo una perdita.
Da quel giorno in poi Mike che mai aveva toccato una sigaretta e mai aveva pensato di iniziare, contro le sue previsioni iniziò a fumare, fumava le stesse sigarette della marca che fumava Erik in precedenza, si era tatuato anche sulla schiena un tatuaggio in suo onore, ares il dio della guerra, il dio che Erik preferiva, il dio che Erike ha sempre guardato come il suo salvatore, quel tatuaggio voleva essere una speranza di venir salvato anche lui da quel dolore e on memoria della persona che più aveva amato.
continuava a vivere, viveva anche per lui, anche per Erike.
Ma ogni notte piangeva, l'amore lo consumava, odiava quello che la vita aveva riservato a entrambi ma specialmente a quel dolce ragazzo che desiderava fortemente di riaver indietro, indietro l'amore che troppo presto ormai era andato via.
Mike andava a trovare al cimitero il suo amato ogni settimana, per almeno 3 volte nella settimana.
si sentiva perso, ma davanti alla sua tomba si sentiva più vicino a lui e meno perso nel mondo.
Mike da quel fatidico giorno non riuscì più a innamorarsi di nessun'altra persona, non che effettivamente lo volesse, voleva solamwnte avere al suo fianco la persona con cui aveva progettato la sua vita, ma Mike lo sapeva bene, sapeva bene che dalla morte non si poteva tornare.
con gli occhi di Erike sempre impressi nella sua mente, con la convinzione di sentire la sua voce ancora per strada si lasciò andare al suo destino, sperando di essere vicino al raggiungere colui che adesso lo vagliava dai cieli.

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