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<<Calida!>> Sentii mia zia Lily chiamarmi dal piano terra. Posai l'album di fotografie che scattai l'anno scorso sul comodino al mio fianco. «Che c'è?» chiesi ad alta voce un po' infastidita dal fatto che fosse la terza volta che interrompeva la mia tranquillità. «Ho bisogno di te in cucina» rispose senza darmi ulteriori spiegazioni. Mi alzai velocemente dal letto e uscii dalla mia camera. Sul pianerottolo notai la mia gatta Nina stesa sul pavimento che cercava di dormicchiare nonostante il caldo afoso di quella mattina. Mi chinai e iniziai ad accarezzarla, dandogli le agognate coccole che nessuno gli faceva a parte me e zia. Mi ricordai di quando due anni prima zia Lily era tornata a casa con un gattina tra le braccia che, sebbene sembrasse fragile e indifesa, cominciò da subito a combinare pasticci. Dopo che la accarezzai un'ultima volta scesi le scale e andai in cucina.

«È successo qualcosa?» chiesi, prendendo una mela e sedendomi sullo sgabello. Lei si girò verso di me e sorrise. «In realtà ti ho chiamata solo per dirti una cosa» rispose mentre mi allungava un vassoio con dei biscotti appena sfornati. «Prima però assaggia questi e dimmi che ne pensi.»

Mia zia Lily era fatta così: dato che era appassionata di cucina, credeva che il cibo avesse il potere di coinvolgere e unire le persone, per questo non faceva altro che cucinare tutto il giorno. Ne presi uno per accontentarla e lo assaggiai. «è delizioso!»

«Bene, sono contenta che ti piacciano!» disse felice. «Ti volevo solo dire che domani inizia la scuola e tu non hai ancora comprato un libro->>

<<Tranquilla zia, li avevo già ordinati, questo pomeriggio andrò a ritirarli.>>

<<Se scopro che mi stai mentendo ti toglierò la polaroid e scordatatela per un anno.>> Rispose lei.

Sbuffai. Odiavo la sveglia alle sette; odiavo aprire gli occhi e venire accecata dalla luce del sole; odiavo abbandonare il mio letto; odiavo anche solo dover respirare; odiavo pensare che dovevo tornare a scuola; odiavo il mondo; odiavo la mia vita...tranne mia zia.

Mia zia era la mia famiglia. Già, la famiglia... In salotto sulla mensola del caminetto mia zia teneva allineate le nostre foto, che spolverava con cura ogni mattina. Allungai la mano e ne presi una. Sfiorai con i polpastrelli la figura al centro e sentii un nodo in gola: i miei fratellastri. Osservai come ci stringevamo a loro, come se non volessimo lasciarci andare per nulla al mondo. Io e i miei fratelli sorridevamo contenti e mia zia ci guardava con amore. Quella foto aveva immortalato uno dei nostri ultimi momenti felici insieme. In quell'istante mi resi conto che il dolore che avevo dentro era lì, non se n'era mai andato.

Non mi dimenticherò mai di quella domenica mattina, la domenica peggiore della mia vita. Pioveva a dirotto e mi ero svegliata eccitata all'idea di fare colazione tutti insieme. Ero scesa di corsa in salotto, ma sulla soglia mi bloccai. Mia zia stava parlando con un poliziotto, poi all'improvviso era scoppiata in lacrime. Nonostante avessi solo sette anni avvertii subito dentro di me una brutta sensazione, anche perché i miei fratelli avrebbero già dovuto essere a casa. Vidi mia zia crollare a terra scossa da un pianto disperato e sentii il sangue gelarsi nelle vene. Avrei voluto consolarla, ma ero paralizzata dalla paura, non riuscivo a muovermi. Appena notò la mia presenza mi venne incontro e mi abbracciò forte. A quel punto capii ogni cosa: i miei fratelli non sarebbero più tornati. Entrambi preferivano un'altra famiglia. Jago mi insegnò a scattare i momenti unici. Era la nostra passione, era un legame speciale tra me e lui. Invece Mark, era un ribelle e un solitario. Il loro abbandono ci aveva messi in crisi emotiva. All'epoca ero convinta che fosse colpa dei miei genitori; mio padre e mia madre non li avevo mai conosciuti. Erano morti in un incidente stradale. Dei miei fratelli non seppi più nulla e non avevo intenzione di cercarli. Avevano scelto la loro strada come io avevo scelto la mia.

I want all of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora