"Tom era cresciuto in un orfanotrofio malandato, ma non credo si aspettasse ciò dagli eredi di Salazar."

L'uomo della quale sentivano la voce era afflosciato su una poltrona davanti al fuoco del camino per riscaldarsi. Tom bussò alla porta e l'uomo si alzò in un sussulto con un corto pugnale nella mano sinistra e una bacchetta nella destra. Aveva capelli e barba talmente lunghi da non poter distinguere né gli occhi né la bocca. Tom entrò piano nell'abitazione come se sapesse già a cosa andava incontro. Anzi, a chi. La porta cigolava e i due si guardarono per un minuto buono. L'uomo fece per scagliarsi contro Tom ma quest'ultimo disse una parola in serpentese e l'uomo si fermò inclinando la testa di lato, sicuramente incuriosito da quel ragazzo che parlava la lingua dei serpenti.
Spostò i capelli dal volto per vedere il ragazzo che aveva di fronte, e Isabella notò con la luce che emanava la lanterna di Tom, un anello dalla pietra nera. A quel punto iniziò una conversazione che Isabella non poté capire.

"Credo, e ne sono certa, lo fece per non farmi capire niente, oltre che per sentirsi un essere superiore."

All'improvviso però, l'uomo sputò per terra e la  cosa fece imbestialire Tom che come una furia fece cadere la lanterna a terra facendola spegnere, così come si spense la candela sul tavolo e il fuoco del camino facendo diventare tutto buio.
Tom uscì dalla casa con in mano una bacchetta che non era sua, ma dell'uomo che adesso era accasciato a terra. Sembrava senza vita.
«Tom!» Isabella corse verso di lui «Chi era quell'uomo?»
«Orfin Gaunt, mio zio» iniziò a camminare tra le erbacce verso una casa, che si trovava pochi chilometri di fronte alla catapecchia. Non degnò Isabella di uno sguardo. «Quella, invece, è la casa di quel babbano di mio padre.»
«Aspettami!»

Tic tac.
Tic tac.

Le luci erano spente, tutti dormivano. Solo una luce era accesa, quella della camera di Tom Riddle Sr.
«Isabella, sai quali sono le maledizioni senza perdono?»
«Si, ma che importa adesso?»
«Lei hai mai usate?»
«No. Tom mi fai paura» aveva il cuore che batteva forte, un po' per affanno, un po' per paura.
«Non devi Iz. Ho tutto sotto controllo.»
Decise di rimanere zitta, perché se avesse parlato Tom avrebbe potuto strozzarla.
«Comunque, stasera imparerai ad utilizzare tutte e tre le maledizioni.»

"Aveva deciso per me. Aveva scritto sul mio libro senza permesso e io non ho fatto nulla per impedire ciò che è successo."

Usarono un incantesimo per aprire la porta di casa, e salirono al primo piano. Terza porta a sinistra del corridoio. Riddle Senior era seduto sul letto a leggere un libro con una candela accesa sul comodino. Quando vide Tom e Isabella si affrettò ad alzarsi e a chiedere chi fossero, come erano entrati. Ma Tom fu veloce a cacciare la bacchetta di Orfin e torturarlo con la maledizione cruciatus. Isabella fece un passo indietro.
«I babbani!» Tom si rivolse a Isabella. «Vogliono fare la vita da signori con dei titoli. E invece, guarda che spazzatura.» Rivolse poi l'attenzione all'uomo che si contorceva dal dolore sul pavimento. «Le buone maniere prima di tutto, Riddle. Saluta tuo figlio.»
Il volto di Riddle si coprì di terrore, forse aveva capito che la sua fine era vicina. «Cosa vuoi da me?»
«Estirpare ciò che rimane delle mie origini.» Tom passò la bacchetta a Isabella. «Usa la maledizione cruciatus» impose.
Isabella afferrò la bacchetta.
Fece qualche passo più avanti.
Tom rimase dietro di lei, le prese il polso per mostrarle il movimento che avrebbe dovuto fare «Dillo.»
Deglutì. «Crucio.»

"È stata la mia prima volta.
Tom si sentiva potente. Io no.
Vedevo un uomo più grande di me che non riusciva ad urlare tanto gli mancava l'aria.
E io in piedi, colpevole, mi tremavano le gambe. Avrebbe potuto fare come mio padre: alzarsi, darmi uno schiaffo, e stuprarmi.
Ma le circostanze mi erano favorevoli.
Forse lì ho pensato che dopotutto, Tom era riuscito a darmi qualcosa: la sicurezza che io avrei potuto farla pagare a mio padre."

«Come ci si sente Riddle? Quando ti passano nella testa tutti i ricordi della vita che hai passato. Credi di averla vissuta bene?»
Riddle non rispose. Piangeva.
«Hai qualcosa da dire?» Continuava Tom.
«Mi dispiace...» lo disse sotto voce, tirando su col naso.
Tom iniziò a ridere.
Si riprese la bacchetta.
Rideva più forte.
Poi senza preavviso «Avada Kedavra!»
Isabella si tappò la bocca con le mani.
Aveva visto la morte.
Il signor Riddle rimase con la bocca semiaperta, occhi spalancati, pelle pallida, e il corpo che non tremava più.
La morte arieggiava in quella stanza come fosse un mare che ti spinge in un mulinello per risucchiarti e non farti più tornare indietro.
«Tom...» Isabella non riusciva a realizzare l'accaduto.
«Se lo meritava, Iz.» Lo disse sicuro, come se la sentenza giusta per quell'uomo potesse dargliela solo lui.
Era tranquillo, non aveva rimorso per l'omicidio che aveva commesso. Anche quando scese le scale e si trovò i suoi nonni seduti sul divano del salotto. Dormivano. Loro non avevano fatto nulla di male, ma Tom voleva cancellare dall'esistenza il cognome che aveva ereditato per diritto di nascita.
Li uccise senza se e senza ma.

"Da quella sera mi sono sempre chiesta se uccidere fosse così semplice. Tom non batteva ciglio, sembrava una cosa di tutti i giorni.
Come quando fai cadere un fiore a terra e non lo alzi perché ormai è rovinato. Ma una persona non è un fiore. Me ne sono resa conto la sera che ho ucciso i miei di genitori. Sono andata senza di lui perché a differenza sua credo di non averlo mai usato in maniera così meschina. Sono andata da sola forse anche perché volevo avere la possibilità di reagire come volevo per la morte delle mie prime vittime. Mi porto ancora i traumi di quella sera. Non so cosa sia stato peggio: vedere la morte per la prima volta, o uccidere dopo aver già visto persone morire. Una cosa la so, se al posto di Tom ci fosse stato qualcun altro non avrei nemmeno ucciso i miei genitori."

Isabella e Tom tornarono alla catapecchia dei Gaunt. Tom alterò la memoria di Orfin, facendogli credere di essere stato lui l'assassino dei babbani che vivevano di fronte casa sua.
«Dunque Tom, sapevi già cosa sarebbe successo» Isabella trovò il coraggio di proferire parola solo dopo essersi allontanati da quelle case.
«Si.»
«Ti avevo chiesto una cosa. Che tu mi dicessi la verità.»
«Infatti ti ho detto la verità, ho trovato delle informazioni sulla mia famiglia e volevo vedere con i miei occhi se fosse tutto reale. Non credevo di doverti spiegare ciò che avrei voluto fare, penso di essere stato sempre abbastanza chiaro sulle mie intenzioni.»
«E adesso come ti senti?»
«Rinato» respirò profondamente «Isabella...»
«Non dirò mai nulla Tom. Ti puoi fidare di me.»
«Lo so.»

Gazzetta del profeta.
Orfin Gaunt condannato all'ergastolo ad Azkaban per l'omicidio di una famiglia babbana.

Da quello che Isabella era riuscita a carpire da Jamie, il ministero della magia indagò su un mago che era stato rilasciato da poco: Orfin.
E non ci volle molto per scoprire la verità, Orfin confessò tutto, compresi dei dettagli che poteva conoscere solo l'assassino. Fu portato ad Azkaban mentre urlava come un pazzo che Orvoloson l'avrebbe ucciso perché aveva perso l'anello. Gli abitanti babbani del villaggio si convinsero invece che il colpevole era il giardiniere dei Riddle, Frank Bryce, anche se ancora oggi i babbani non sanno darsi una spiegazione per quelle morti.

Tic tac.
Tic tac.
Il tempo continuava a scorrere.

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