Ottavo canto

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Proseguendo, io dico che assai prima di giungere ai piedi dell'alta torre, i nostri occhi videro la sua cima e io personalmente pensai "Cazzo, se è alta". Notammo che qualcuno vi aveva posto due fiammelle su ciascuna delle due torri. Io mi rivolsi a Kunikida, che sicuramente ne sapeva più di me, e dissi: «Cosa vuol dire questo segnale? e quell'altro cosa risponde? e chi ha fatto tutto questo?»

E lui a me: «Lungo le acque torbide già puoi vedere colui che stiamo aspettando, se il vapore del pantano non lo nasconde alla vista».

La corda di un arco non scoccò mai una freccia che fendesse l'aria così veloce, come io vidi una piccola barca venire verso di noi in quel momento nell'acqua, governata da un solo timoniere, che gridava: «Ci rivediamo, a quanto pare»

Kunikida disse: «Oda, Oda, vedo che ci rincontriamo: verremo con te solo per attraversare la palude».

Come colui che ascolta un grande inganno che gli è stato fatto, e poi se ne rammarica, così fece Flegiàs ardendo d'ira. Kunikida e io salimmo comunque sulla barca. Oda era sicuramente arrabbiato perché non avevamo pagato il primo viaggio, ma cosa potevamo farci? Non avevamo mica i soldi. Comunque, solo quando salimmo la barca sprofondò un po' nell'acqua. Non appena io e Virgilio fummo sulla barca, essa ripartì fendendo l'acqua più di quanto non sia solita fare con altri. Oda voleva finire il suo turno eterno velocemente. 

Mentre percorrevamo quella palude stagnante, mi si avvicinò un dannato pieno di fango che disse: «Quindi, come hai trovato l'Inferno per ora?»

Io risposi: «Voglio tornare a casa. Ho un animo sensibile agli incesti e agli alcolizzati che torturano le anime.»

E lui a me: «Ed è bene che tu resti afflitto e in lutto, perché poi vedrai cose peggiori.»

Allora il dannato si protese con ambo le mani verso la barca; Kunikida, che se ne era accorto, lo spinse via dicendo: «Va' via di qui, Shosaku Katsura! Torna con gli altri cani!»

Poi mi rivolse uno sguardo sdegnato e disse: «Quello là nel mondo fu una persona orgogliosa; non c'è alcuna sua buona azione che renda onore alla sua memoria, così la sua anima è qui, furiosa. Quanti uomini si credono in vita dei grandi re azzurri, mentre qui all'Inferno saranno come porci nel fango, lasciando di sé un orribile ricordo! Perché tutti sanno che l'unico re azzurro qui posso essere io! Dimentica quest'ultima parte, per favore.»

E io: «Kunikida, avrei gran desiderio di vederlo sprofondare in questa melma, prima di lasciare la palude».

E lui a me: «Finalmente tiri fuori le palle. Sarai soddisfatto: è opportuno che tale desiderio sia appagato».

Poco dopo vidi che i dannati immersi nel fango fecero di lui un grande strazio, cosa di cui ancora lodo e ringrazio Fukuzawa.

Tutti i dannati gridavano: «Addosso a Shosaku Katsura!»; e quel bizzarro spirito si mordeva da sé coi denti.

Lo lasciammo qui, né dirò altro di lui; ma ecco che le mie orecchie percepirono un coro lamentoso, per cui drizzai allarmato lo sguardo.

Kunikida disse: «Ormai, novellino, si avvicina la città chiamata Dite, coi suoi afflitti abitanti, col grande stuolo di diavoli».

E io: «Maestro, scorgo già i suoi edifici in lontananza, rosse come se fossero usciti dal fuoco». 

E lui mi disse: «Il fuoco eterno che le arroventa all'interno le fa diventare di quel colore, come tu vedi in questo basso Inferno».

Noi arrivammo nei profondi fossati che circondano quella terra dolorosa: le mura mi sembravano fatte di ferro.

Non prima di aver percorso un largo giro, giungemmo in un punto dove Oda gridò: «Scendete, l'ingresso è qui».

Io vidi sulle porte più di mille diavoli piovuti dal cielo, che dicevano con stizza: «Chi è costui che, ancora vivo, osa andare nel regno dei morti?» E Kunikida fece segno di voler parlare con loro separatamente.

Allora placarono un poco il loro sdegno, e dissero: «Vieni tu solo, mentre quell'altro se ne vada, visto che è brutto e sporco, e ha avuto il coraggio di entrare in questo luogo. Ritorni da solo lungo la riva in cui stava per morire di fame, se ne è capace: tu resterai qui, visto che gli hai fatto da guida nel cammino oscuro».

Pensa, lettore, se non mi sconfortai sentendo quelle parole maledette: erano proprio anime bastarde.

Io dissi: «O Kunikida, che tante volte mi ha dato sicurezza e mi hai salvato da un grave pericolo che mi minacciava, non mi lasciare in questa situazione; e se ci è negato di passare più oltre, affrettiamoci a tornare sui nostri passi».

E Kunikida mi disse: «Non aver paura, dal momento che nessuno può opporsi al nostro viaggio, voluto da Fukuzawa. Ora aspettami qui, e conforta il tuo spirito con buona speranza, poiché non ti lascerò certo nell'Inferno».

Avrei preferito confortare il mio spirito con del buon chazuke, piuttosto che con buona speranza. 
Così Kunikida se ne andò e mi lasciò lì, pieno di dubbi, incerto su cosa sarebbe successoNon fui in grado di sentire quello che disse ai diavoli; ma non rimase a lungo a parlare, poiché ciascuno di loro tornò di corsa dentro le mura. Quei nostri nemici chiusero le porte in faccia a Kunikida,  che rimase fuori e tornò verso di me a passo lento. Aveva lo sguardo a terra e gli occhi privi di ogni sicurezza, e sospirando diceva: «Non posso entrare in questa città, ziocane!»

E a me disse: «Tu non perderti d'animo, anche se io sono adirato, poiché io vincerò la prova, qualunque sia la difesa che approntano dentro la città. Sono dei bastardi, e questa non è cosa nuova; usarono questo portone per difendere una porta meno nascosta, la quale è tuttora senza battenti. Su di essa tu hai letto la scritta minacciosa: e già da essa sta scendendo lungo la china qualcuno, che farà in modo di aprirci il passaggio».

Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora