Assault

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Il sole è sorto da poche ore. Il freddo del mattino mi pizzica le guance e le dita scoperte, ma nemmeno la temperatura gelata che oltrepassa le fessure della finestra può farmi desistere.

Ormai è una settimana che mi sveglio sempre alla stessa ora e sempre allo stesso modo.

Determinata. Irascibile. Scalpitante.

Mantengo le falangette davanti al viso e mi accarezzo le labbra coi pollici, mentre le mani giunte sono così salde da far sbiancare le nocche.

So cosa voglio fare.

Fisso il pavimento della mia camera da letto.

So cosa devo fare.

Il cielo mostra le prime luci dell'alba, tenui e che tentano di filtrare attraverso la fitta nebbia.

Io sono pronta.

È una settimana che mi sveglio sempre alla stessa ora e sempre allo stesso modo.

Oggi facciamo una visitina all'Alchemax.


Scatto giù dal materasso e preparo l'occorrente per il colpo senza perdere altro tempo. Sono giorni che rimugino su ogni singolo dettaglio per non commettere alcun errore.

A dire il vero il piano è piuttosto semplice, ma ho il terrore che qualcosa possa andare storto.

Fottute emozioni!

Se qualcosa dovesse andare storto per davvero, sono sicura che accadrebbe perché non sono affatto lucida.

Transito al bagno per sciacquarmi il volto.

C'è silenzio per tutta la casa, l'Hogar dorme profondamente. Se Jennifer sapesse cosa sto per fare, tenterebbe senza dubbio di fermarmi.

Appoggio i palmi sul bordo del lavandino ed esamino il mio riflesso allo specchio.

Le gocce tiepide ricadono dal mento, l'espressione seria che vedo enfatizza tutta la mia ostinazione. Purtroppo per me, è distinguibile anche la collera che mi brucia dentro da sette giorni.

Stringo la presa sulla ceramica e serro nervosamente la mascella.


Non ho bisogno della protezione di nessuno.

Non ho bisogno dell'approvazione di nessuno.

Non ho bisogno di niente da nessuno.


Mi asciugo il viso e mi raccolgo i capelli ancora umidi dalla doccia in uno chignon alto, dopodiché torno nella mia stanza per finire di vestirmi. Raccolgo lo zaino, il cappotto e m'infilo in testa un cappellino da baseball.


"Sta' alla larga dall'Alchemax, biondina."


La frase di quell'uomo mi rimbomba nelle orecchie da quando ci siamo separati sette nottate fa. Ogni volta che la rammento è un pretesto in più che alimenta la mia frustrazione.

Fanculo.

Lascio l'orfanotrofio con un senso di colpa così insidioso da appesantirmi il petto.

Dio solo sa quanto mi piacerebbe che la mia famiglia non venga mai a sapere ciò che sto per fare...

Scuoto la testa, come se il mio gesto potesse aiutarmi a scacciare i pensieri di troppo e risalgo il Downtown prima che la città possa svegliarsi del tutto.

Hogar  || Miguel O'HaraxOC ☽Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora