Oggi è oggi

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CAPITOLO 7
DAISY

<<Che significa che vai via adesso papà?>>chiedo, incredula, correndogli dietro

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<<Che significa che vai via adesso papà?>>chiedo, incredula, correndogli dietro. Ormai Quantico è già vicino l' auto di Rexan.

Non mi puoi fare questo.
Non puoi lasciarmi a quello lì.

Papà si ferma, voltandosi verso di me. <<Sirenetta, devo andare. Qualche ora non farà differenza. Tua nonna ha avuto un malore. Zio Dimitar dice che è una cosa seria, che richiede la mia presenza>>.

<<Allora vengo con te>>.

Porta le mani ai lati del mio viso.

<<No tesoro. Tu devi rimanere qui. Non preoccuparti per me o per nonna. Ilde è fortissima>>.

Papà mi abbraccia forte. Forse e dico forse, riuscirà a salutare Skyler e a prendere i regali che abbiamo fatto per mamma e per i nostri fratelli. Ci sono anche i regali per nonna Ilde e per zio Dim. Spero che nonna ce la faccia anche questa volta.

<<C'è Aaron per qualunque cosa. Puoi chiedere a lui>>.

<<Ok>>rispondo, tagliando corto.

Aaron non mi sopporta e parla in una maniera che non comprendo. Dubito che, come pensa papà, mi aiuterà. E dubito anche che mi accompagni al liceo per consegnare in tempo la domanda di trasferimento che stringo tra le mani. Ma non voglio dare altre preoccupazioni a mio padre perché c'è nonna che sta male e lei ha la precedenza.

Come pensavo, infatti, non so quanto tempo passi ma continuo ad aspettare che mi venga incontro qualcuno o che qualcuno mi faccia sapere qualcosa. Ho sempre quell'odore sotto il naso. Credo abbia a che fare con il ribes nero e con l'ananas ma forse me lo immagino solamente.

Era lui nella toilette del ristorante di Rexan ieri? Deve essere per forza lui, altrimenti non mi spiego come mai io abbia captato questa fragranza per ben due giorni di fila. Le mie narici, non l'hanno mai avvertita. Mai. E anche se Aaron non è qui al mio fianco, mi sembra di avere il suo profumo sotto il naso.

Tutto potevo immaginare, entrando nello studio del vice questore, tranne che fosse lui. O che comunque, avesse quella faccia. Che fosse così. Vi starete chiedendo, così come. Così bello, così uomo. Così intenso.

Quei capelli biondo cenere sembravano morbidi e quella barba perfetta, da accarezzare tutta. Chiedo scusa. Non ho mai avuto questo tipo di pensieri e quasi me ne vergogno. Addirittura ho pensato di sedermi sulle sue gambe. Se lo avessi fatto, mi avrebbe preso per pazza e magari mi avrebbe pure denunciata.

Mentre sono assorta nei miei pensieri, che riguardano solo una persona da ieri sera, anche se ieri non conoscevo ancora il suo volto, Norban, il collega di Aaron, si avvicina a me.

<<Signorina, la porto al liceo. Mi hanno detto che ha un documento da consegnare>>.

<<Va bene. Grazie mille>>.

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Sono un po' delusa. Speravo, in piccola parte, che ad accompagnarmi fosse un'altra persona ma va bene così. Lo avevo detto che non ero tra le sue simpatie.

Il poliziotto in divisa, mi fa accomodare in una delle vetture che hanno a disposizione. Quando fa per partire però, l'auto non parte.

<<Ma che diamine?>>borbotta.

Riprova una volte. Due. Tre. L'auto però sembra morta. Allora fa una chiamata.

<<Non parte. Non lo so, davvero. Non posso, le altre sono occupate>>.

Sento, dall'altro lato del telefono, qualcosa come un ringhio di rabbia. E poi, qualcuno che attacca. Ho capito tutto.

<<Signorina Dimitrijevic, le devo chiedere di scendere dall'auto. A breve sarà comunque accompagnata a destinazione>>.

Faccio come il poliziotto mi dice quando ad un tratto, mentre richiudo la porta della volante, a grandi falcate, vedo arrivare Aaron. E' nero di rabbia. Indossa gli occhiali da sole e legata in vita ha la pistola. Gli abiti che indossa fasciano alla perfezione il suo corpo. Sei bello Aaron.

<<Puoi andare Norban. Grazie>>lo liquida.

<<Grazie per la tua gentilezza, Norban>>dico io.

<<Buona fortuna signorina>>.

Aaron si avvicina ad un SUV nero opaco. Non credo sia di proprietà della Polizia.

<<Sali, forza, adesso. E non una parola>>.

Io non mi muovo. Posso capire tutto, lui è un'autorità, va rispettato ma io credo di non aver commesso un bel niente per essere trattata in questa maniera.

<<Chiamerò un taxi. Non si preoccupi>>.

Prendo il cellulare dalla borsa e faccio per chiamarlo, ma qualcuno qui ha altre intenzioni.

<<Chiama pure ma non ci andrai. Parola mia. Perciò, sali su questa cazzo di macchina e finiamola in fretta>>.

<<Perché ce l'ha così tanto con me?>>

<<Sali Daisy. Adesso>>.

Allora il mio nome se lo ricorda eccome!

Però su una cosa ha ragione. Se salgo in macchina con lui, la situazione che c'è tra di noi finirebbe, per la sua gioia. Allora lo faccio. Salgo su quella che penso sia la sua auto, allaccio la cintura e guardo dritta davanti a me. Il suo profumo è molto forte e quasi mi stordisce. Non me lo toglierò facilmente di dosso purtroppo.

<<Non una parola. Ti porto al liceo, consegni il cazzo che devi consegnare e ti riporto al commissariato. Ok? Ti verranno a riprendere lì, io non ti porto a casa di tua sorella. Non sono un Uber o cose simili>>.

Annuisco. Devo ammettere che il mio benvenuto a Kolniak è stato molto caloroso. Wow.

<<Non toccare niente>>.

<<Ho capito, dannazione. Sto guardando dritta davanti a me. Che altro posso fare? Posso respirare almeno oppure è vietato?>>

Il vice questore non risponde. Anzi, prima si lascia scappare un ringhio nervoso poi fa partire l'auto e si mette a guidare, concentrandosi sulla strada.

Con gli occhiali da sole è ancora più bello. E anche se è un grandissimo stronzo, anche quella che penso sia la sua macchina, è molto bella. E' una Volvo. Lo so perché a casa siamo appassionati di motori e perché mio padre ne ha una simile. Anche in passato ne ha avuta una, una sorta di Volvo d'epoca, uno scassone a detta di mia madre. Ho visto qualche foto. Era di un verde particolare, ai limiti del brutto. Poi, quando la famiglia è aumentata ed è arrivato anche Ron, ha deciso di acquistarne una nuova, un modello familiare e di far contenta la mia mamma.

NištaviloWhere stories live. Discover now