8. Mendax, bugie di seta

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Dinanzi a sé, Inui pareva stanco. Le occhiaie scure si prostravano sul suo viso come grosse chiazze di petrolio, le guance parevano più scarne, le labbra pallide.

Chifuyu strinse la tazzina tra le dita, osservandone con finta attenzione il suo contenuto. Seishu stava parlando di qualcosa riguardante un concorso di cucina che non era riuscito a superare, e lui di tanto in tanto annuiva meccanicamente. Ad un certo punto, allungò una mano, frugando nel portaoggetti sul tavolino, alla ricerca dello zucchero. Quando riuscì ad afferrarne una bustina, la tenne nel pugno e la riportò accanto alla tazzina, iniziando ad aprirla.

«… Chifuyu, quello è zucchero di canna.» gli fece notare Seishu, sbattendo su e giù le sue lunghe ciglia impiastrate di rimmel.

«Eh?» mormorò, senza capire. Poi spostò lo sguardo, seguendo quello di lui e si ritrovò dinanzi al pacchettino che teneva tra le mani. «Oh! Si è zucchero di canna, ultimamente lo adoro.» mentì.

«Tu odi lo zucchero di canna.» replicò l'altro, senza scomporsi.

Chifuyu sospirò. Si passò stancamente una mano sul volto, stroppicciandoselo. Il divano di Kazutora era scomodo. Scomodo e duro, gli aveva fatto venire mal di schiena e aveva passato la notte a crogiolarsi tra incubi e sogni senza senso. La mattina dopo i dolori alle gambe c'erano ancora e il sonno mancato, non aveva fatto che aveva fatto altro che aumentare la stanchezza, già presente sul suo volto e sulle sue spalle.

Mentre rifletteva su quanto bene avesse dormito giusto qualche giorno prima, prendendosela col Cielo e ogni dio, la voce di Seishu risuonò di nuovo contro i suoi timpani, riportandolo al presente.

«Che succede, Chifuyu?» mormorò, guardandolo con una ruga di preoccupazione ad appesantirgli i tratti. «Kazutora ti ha accompagnato qui e riuscivi a malapena a camminare. Tu e lui per caso, avete-»

Nel percepire quelle parole, Chifuyu sbarrò gli occhi capendo dove stava andando a parare. Frenò il suo discorso con un gesto della mano. «No no. Assolutamente. Io e ‘Tora non abbiamo fatto nulla.»

Seishu non sembrava rassenerato, anzi. Sul suo volto diafano si era prostata una maschera di agitazione, come se fosse stato improvvisamente punzecchiato da qualcosa.

«E allora che succede?» proseguì, allungando una mano in sua direzione, come a volergli stare più vicino. In volto aveva una smorfia pesante, angosciato. «Qualcuno ti ha fatto del male? Baji ha-»

«No.» Il solo sentir pronunciare il nome di lui, gli causava qualcosa di tormentoso dentro. Dovette sbrigarsi a nascondere la sua reazione scomposta a Seishu, riprendendo a parlare. «Non è questo.» ammise.

«E cosa, allora?»

Ci fu un attimo di silenzio in cui l'altro si limitò a guardarlo, il viso corrucciato in un’espressione di perplessità, i suoi grandi occhi schiusi fissi su di sé. Un attimo in cui Chifuyu si guardò attorno, percependo lo sbattere delle tazzine dei bar contro il marmo o sui ripiani dei tavolini, il vociare sconnesso delle donne, che gli sedevano accanto, strette nei loro tailleur chiari. Il chiacchiericcio dei bambini, più acuto, con i loro sorrisetti felici, i dentini persi. Il via vai dei cameriere tra un tavolo e l’altro, con le ordinazioni strette tra le dita e il volto stanco. Tutto gli parve andare a rallentatore, mentre i suoi pensieri e il suo cuore correvano così forte da fargli tremare le mani.

«Ho avuto un aborto.» mormorò poi. Tutto insieme, perché se si fosse bloccato sarebbe stato impossibile ripetere.

Fu strano come lo sguardo di Seishu si trasformò da preoccupato a sconvolto. Come una semplice frase potesse cambiare così tanto le emozioni di una persona, Chifuyu se lo era sempre chiesto. Come faceva la gente? Come potevano sopravvivere a vite di menzogne, a bugie su bugie, messe lì solo per giustificare un crimine, un'azione sbagliata, una cattiva conseguenza? Non lo sapeva. Lui non ci sarebbe riuscito. Non ne avrebbe avuto le forze.

Cor Cordium, BajifuyuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora