10. Un altro passo falso

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[Papà Saverio]

Era stata una pessima giornata.

Aveva dormito male, la nottata peggiore delle ultime settimane. S'era girato e rigirato, fino a svegliare sua moglie, che aveva di solito il sonno pesante e non faceva caso ai suoi movimenti. Per forza, continuava a ripensare a quanto accaduto. Era stato tutto perfetto... fino al crollo improvviso. Un autoinganno, forse, talmente bello da suonare, appunto... ingannevole.

Eppure, aveva condiviso con Francesco un bel momento padre-figlio. La ramanzina seria, sentiva di aver ottenuto la completa attenzione di suo figlio. La sculacciata, leggera, dall'impatto misurato, efficace. Francesco aveva compreso, l'aveva riconosciuto nel suo ruolo di padre autorevole, era stato collaborativo come non pensava di poterlo trovare. E poi, quell'abbraccio inatteso, alla fine. Lo desiderava ancora, malgrado tutto. Il calore del corpo di Francesco, il suo peso, mentre stava steso sulle sue gambe, quel gesto di intimità, fiducia, la sua completa sottomissione, che non era la sottomissione di chi è disperato, di chi soccombe al più forte, no, Francesco s'era lasciato posizione per la sculacciata, fiducioso, in un atto che sapeva fosse d'amore. L'aveva sculacciato, cinque pacche, ferme, decise, non era necessario aggiungerne ancora, il messaggio era arrivato.

Tutto troppo perfetto... poi aveva parlato con sua moglie, e appreso come stavano le cose. A Francesco non importava nulla, non l'aveva nemmeno ascoltato, probabilmente. Voleva solo invitare i suoi amici, e se la sculacciata era il prezzo da pagare, ecco, era pronto a pagare. Che figura aveva fatto! Doveva esser stato così incredulo e sollevato, suo figlio... l'aveva graziato, non l'aveva punito affatto. Aveva ottenuto quello che voleva. Nessuna ramanzina dalla mamma. Il permesso di invitare i compagni. E il culetto salvo, fatta eccezione per quelle pacche affettuose, nulla a che vedere con i colpi di spazzola che gli aveva dato quindici, venti giorni prima. Ecco, forse era quello il problema. Era passato troppo tempo.

Ne aveva parlato, ancora, a letto, con sua moglie. Erano stati ingenui. In buona fede certo. Ma avevano sbagliato. Maria aveva fatto una scenata, quando aveva affermato la possibilità di ricorrere a qualcosa di più forte, come la cinghia dei pantaloni. Stefano aveva ragione: Francesco non doveva affatto desiderare la punizione. E lui... gli aveva dato quelle quattro pacche. Per forza, poi, la considerava merce di scambio.

Maria l'aveva presa male. Al solito. Prima invocava fermezza e durezza e poi tornava indietro, il suo bambino, preso a cinghiate, era impazzito. Non era più un bambino, visto come li aveva brillantemente manipolati.

Ok, l'aveva detto perché era arrabbiato... alla fine s'era giustificato così con Maria. Ma Stefano aveva ragione, doveva innalzare il livello, subito. Doveva solo aspettare un passo falso.

Non avrebbe mai pensato, però, che il passo falso potesse arrivare così presto...

Dopo una intera giornata di lavoro, stancante, stressante, frustrante, era giunto a casa con due semplici e chiare determinazioni. Primo, riposare e spegnere qualsiasi rogna, lamentela, discussione. Seconda, avere una veloce ma produttiva chiacchierata con suo figlio, per rettificare il suo comportamento della sera prima, quando, contrariamente alle proprie intenzioni, era apparso un genitore fin troppo conciliante e accomodante.

E invece, aveva trovato l'appartamento nel caos. Madre e figlio litigavano furiosamente, inseguendosi per casa. E la cena era lungi dall'esser pronta. Certo, Maria era tornata a scuola di pomeriggio, e suo figlio era stato in compagnia, ma nulla giustificava quella situazione.

"Ecco, sei arrivato, finalmente, ora te la sbrighi tu".

Bel modo di essere accolto in casa. Il giorno prima, Francesco gli era corso incontro, impaziente. E adesso, be'... sua moglie aveva espresso un altro tipo di impazienza.

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