Capitolo 14 | The drunk, the fierce, the lost soul.

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Aegon giaceva steso sul pavimento, perso in una nebbia di alcol e disperazione. Quando Daea lo trovò quella mattina, non provò altro che disprezzo. La sua figura, solitamente arrogante e disinvolta, ora appariva patetica, ridotta a un cumulo di sudore, vino e rabbia. Daea lo guardò con freddezza mentre lui, con gli occhi annebbiati, cercava di focalizzare lo sguardo su di lei.

«Ho guardato te e Aemond» balbettò, il suo alito pesante di alcol. «Dalla serratura della porta. Di nuovo.» C'era una sfida disperata nelle sue parole, come se volesse provocarla, ferirla, ma anche cercare un briciolo di attenzione. «Vi siete divertiti, eh? Ti piace? Ti piace mio fratello?» Daea si abbassò verso di lui, senza alcuna pietà nel suo sguardo e con un movimento deciso gli diede uno schiaffo. Il suono del colpo rimbombò nel corridoio, e Aegon la fissò, sconvolto. «Sei pazza!» urlò, il viso arrossato dall'impatto. «Sei come mio fratello! Una stupida!» sputò con rabbia, ma c'era anche un'ombra di invidia, un desiderio di essere diverso, ma senza la forza di cambiare.

Aegon barcollò verso l'interno delle sue stanze, incapace di comprendere il motivo per cui Daea lo trattava con tanto disprezzo. Dentro le sue stanze, Aegon afferrò una coppa di vino e, con un urlo di frustrazione, la scagliò contro il muro, dove si frantumò in mille pezzi, lasciando una macchia di vino rosso sulla pietra. «Perché?!» urlò, la voce incrinata. «Perché mi tratti così?!»

Daea lo guardò, il viso indurito dall'indignazione. «Perché non sei altro che un codardo» disse con freddezza, le parole taglienti come lame. «Ti nascondi dietro il vino e le donne, cercando di dimenticare chi sei, ma non puoi sfuggire a te stesso, Aegon. Non sei degno del nostro sangue, non sei degno di rispetto.»

Aegon, sentendo quelle parole, si lasciò cadere su una sedia, il viso tra le mani, mentre un misto di rabbia e disperazione lo divorava dall'interno. Non riusciva a capire perché Daea lo rifiutasse, perché non vedesse il dolore che cercava di annegare in ogni coppa di vino, in ogni notte trascorsa in una casa di piacere. «Non voglio essere come Aemond» sussurrò, quasi a se stesso. «Non voglio essere... quel mostro che tutti ammirano.

Daea non aveva più pazienza per lui. Lo guardò con un misto di pietà e disprezzo, poi si girò e uscì dalla stanza, lasciandolo solo con i suoi demoni. «Non sarai mai come lui» disse prima di chiudere la porta dietro di sé. «Non sarai mai abbastanza forte.»

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Quel giorno, nel cortile della Fortezza Rossa, il sole batteva forte sui guerrieri che si allenavano. Aemond combatteva con Ser Criston Cole, il rumore del metallo che si scontrava riempiva l'aria. Il giovane principe era concentrato, ogni colpo ben calcolato e preciso. I muscoli tesi, lucidi di sudore, risaltavano sotto la luce del sole mentre evitava gli attacchi con agilità e determinazione.

Attorno a loro, alcuni cortigiani osservavano con ammirazione, le dame sussurravano tra loro, alcune incantate dalla forza e dall'abilità di Aemond, altre ancora intimorite dalla cicatrice che attraversava il suo viso e dall'assenza di un occhio. Tuttavia, Aemond non prestava attenzione agli sguardi della folla. Era concentrato solo su una cosa: perfezionarsi, dimostrare di essere sempre il migliore, un vero drago.

MORGHUL | Aegon & Aemond TargaryenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora