59. "La famiglia"

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Passarono gli anni, e Isabella crebbe in un mondo che, per quanto incantevole, era anche gravato dalle aspettative e dai doveri della nobiltà. Tra castelli maestosi, giardini lussureggianti e le sacre sale del trono, la sua infanzia era scandita da lezioni e rituali che non avevano nulla di ordinario. A cinque anni, la sua mente brillante era già evidente, ma c'era una differenza fondamentale nella sua educazione rispetto a quella del fratello minore.

Léonard, come ogni padre che vede nel proprio figlio maschio l'erede al trono, insistette affinché il piccolo principe venisse formato secondo i principi delle strategie militari, della storia delle guerre e delle arti della diplomazia. Ogni giorno, soldatini in miniatura venivano disposti sul tavolo mentre i tutori insegnavano le dinamiche del potere e della guerra. Eppure, la visione di Léonard non comprendeva la sensibilità che io ritenevo essenziale.

Isabella, la nostra bambina curiosa e riflessiva, passava il suo tempo in un'aula diversa. Lì, invece di guerre e battaglie, esplorava il mondo delle storie e della cultura. Amava la mitologia, i racconti degli dèi greci e romani che avevano forgiato il destino dell'umanità. Era il mio modo di proteggerla, di darle un'educazione che non fosse solo rigida e militarista, ma che coltivasse anche la sua anima. Non volevo che vedesse il potere solo come una guerra da vincere, ma come una responsabilità che doveva essere portata con saggezza, con il cuore e con la mente.

Un pomeriggio, mentre osservavo i bambini concentrati sulle loro rispettive lezioni, Léonard entrò nella stanza, fermandosi accanto a me con il volto teso. "Stai allevando Isabella come se fosse una poetessa, non una regina," disse con tono deciso, ma pacato.

La mia risposta fu pronta, seppur cauta: "Le sto insegnando a vedere oltre le battaglie, Léonard. Il potere non è solo nella forza. Deve imparare a governare con il cuore, non solo con il pugno."

Léonard non sembrò convinto. "Isabella ha bisogno delle stesse cose che sta imparando suo fratello. Non possiamo permetterci di pensare che l'intelligenza e la curiosità bastino per essere una regina. Deve essere preparata. Un giorno, potrebbe essere costretta a salire al potere."

La tensione cresceva tra di noi. "Voglio che scopra il mondo attraverso la curiosità, non attraverso le ambizioni," ribattei con determinazione.

Léonard, scuotendo la testa, replicò: "Non c'è tempo per curiosità in questo mondo, Elena. E non lo capirai finché non dovrai affrontare la realtà. Non possiamo proteggere Isabella da tutto."

Il mio cuore si stringeva, ma la mia risposta fu ferma: "La corona non è solo una battaglia da vincere, Léonard. Le stiamo dando il mondo per prepararla, ma non voglio che cresca con solo il peso della corona sulle spalle. Voglio che sappia che la forza non sta solo nel comandare, ma nel saper guidare con compassione."

Le parole di Léonard avevano un peso, ma il sorriso di Isabella mentre sfogliava il suo libro di leggende nordiche mi diede la certezza che, nonostante le divergenze, ero sulla strada giusta. Isabella aveva bisogno di respirare e di essere una bambina, non una miniatura di ciò che il mondo si aspettava da lei.

Il conflitto, però, non si risolse in quel momento. Quando Léonard si allontanò, ero consapevole che la questione sarebbe rimasta sospesa, come un'ombra, pronta a tornare quando meno ce lo saremmo aspettati. La nostra visione del regno, della nostra famiglia e del futuro di Isabella era troppo diversa per essere ignorata.

Qualche tempo dopo, in una calda giornata di fine estate, la quiete del palazzo venne interrotta dalla notizia che nessuno avrebbe voluto sentire. Un messaggero, con il volto pallido e le mani tremanti, arrivò con una lettera urgente dal regno di Danimarca. Il cuore mi si fermò quando lessi le parole: mia nonna Giulia, la donna che mi aveva cresciuta, era gravemente malata. La sua condizione, già precaria, si era deteriorata in modo irreparabile, e il medico personale avvertiva che il suo tempo stava per scadere.

Non potevo restare a guardare. Non riuscivo a pensare a nient'altro se non a correre da lei, ma Léonard, al ritorno da una riunione di corte, non condivideva la mia urgenza. Quando gli mostrai la lettera, lui non sembrò colpito dalla stessa intensità di dolore che stavo provando.

"Non puoi andare, Elena," disse con tono fermo, quasi come se stesse parlando a un suddito, non alla sua regina. "Non ora."

"Come puoi dirmi di no?" risposi, la voce che tradiva la mia rabbia crescente. "È mia nonna! È stata una guida, una madre per me. Non posso restare qui senza fare nulla."

Léonard si fece serio, la sua frustrazione evidente. "Il regno non può fare a meno di te, Elena. Non puoi andare, il paese ha bisogno di te qui."

Le sue parole mi ferirono più di quanto avrei voluto ammettere. "Il mio dovere non si limita a un trono," dissi con fermezza. "Il mio cuore è con la mia famiglia, e tu non hai alcun diritto di dirmi cosa posso o non posso fare."

Lui scosse la testa, come se cercasse di smontare la mia decisione. "La realtà è che questo regno ha bisogno di entrambi, e non possiamo permetterci di essere lontani uno dall'altro. Non capisci che il popolo ha bisogno di stabilità?"

Sentivo il mio sangue ribollire. "Non mi importa di ciò che pensa la corte. Non mi importa di cosa pensa il regno. Mi importa solo di mia nonna. Non lascerò che muoia senza che io le sia vicina."

Il conflitto tra di noi si fece più acuto. Léonard non capiva, non voleva capire. Le sue parole erano taglienti, le sue scelte pragmatiche, ma io non potevo e non volevo rinunciare a una parte di me per compiacere l'autorità. La distanza tra di noi si allargava, come una voragine.

"Non andrai," disse, deciso, con un tono che non lasciava spazio a discussioni.

"Vado lo stesso," risposi, ormai certa della mia decisione. "Non puoi fermarmi."

Mi girai e lasciai il salone, con il cuore pesante ma il corpo determinato. Mentre mi allontanavo, sapevo che il mio viaggio sarebbe stato difficile, ma niente, nemmeno Léonard, avrebbe potuto fermarmi dal essere accanto alla donna che mi aveva dato la vita e la forza per essere la persona che ero.

Smith's: The MarriageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora