Dylan
Mi sveglio avvolto da un buonissimo profumo.
Insolito.
Mi rigiro nel letto e lo sento stranamente caldo. Il cuscino sembra emanare un sentore di fragola e vaniglia.
Apro gli occhi assonnati e, nel torpore, intravedo l'altro stropicciato; le lenzuola sfatte.
Sbatto le palpebre un paio di volte, prima di mettere a fuoco. Mi tiro su a sedere all'istante "Annie!" Ogni dettaglio della notte trascorsa mi torna in mente: dal rientro a casa dopo la festa, al sesso pazzesco, alla doccia insieme in piena notte e poi di nuovo ...
«Buongiorno!» La vedo varcare l'uscio della mia stanza con un vassoio tra le mani e un sorriso radioso che le illumina il viso incantevole. I capelli biondi e fluenti le scendono come una cascata indisciplinata tra le spalle e la vita sottile, il corpo delizioso coperto solo dalle mutandine che indossava ieri e una mia camicia slacciata.
Si siede sul letto vicino a me, con le gambe piegate di lato e la schiena eretta, appoggiando il vassoio sul materasso, tra di noi.
«Da quanto sei sveglia?» Le chiedo, alzandomi seduto anch'io e compiacendomi del suo sguardo che segue lo scivolare delle lenzuola lungo il mio corpo nudo.
Distoglie in fretta gli occhi dai miei addominali «Ehm... da un po', non sapevo quali fossero i tuoi piani per oggi, così... ho pensato di prepararti la colazione per poter affrontare una nuova giornata».
Osservo le Crêpe Suzette, dall'aspetto invitante, disposte a scala circolare su un piatto e accompagnate da due bicchieri di succo d'arancia «Non avresti dovuto avere così tanta premura».
Assume un'espressione corrucciata «Perché no?»
«Perché sei mia ospite e non so quanto tu sia riuscita a trovare di là in dispensa».
Si stringe nelle spalle «Il necessario e cucinare per ricambiare la tua ospitalità è stato solo un piacere».
La guardo, pensando a quanto mi sembri inverosimile vivere questa situazione. La mattina mi alzo presto, cercando spesso di raccogliere i "pezzi" di mia madre andati in frantumi la sera precedente e quando mi sveglio con accanto Virginie è tutto così freddo e distante da non vedere l'ora che se ne vada. Mi viene l'istinto di accarezzarle il volto delicato e spostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio «Grazie piccola Annie».
«Assaggia. Non so ancora cosa ti piace, ma...» la zittisco con un bacio improvviso, non perché non abbia voglia di sentirla parlare, ma per il bisogno incontenibile del contatto fisico che mi trasmette.
Rimane interdetta a guardarmi, con le gote arrossate.
«Va benissimo. Sono buone già dall'aspetto» Afferro un pezzo di Crêpe e lo porto alla bocca, leccandomi le labbra nel gustare il sapore eccezionale «Mmm... altro che buone, sono divine! Spiegami, come fa una ragazza così giovane a saper cucinare così bene?»
«È merito di mia nonna. Mi ha insegnato le sue gustose ricette sin da quando ero bambina».
«Deve essere proprio in gamba questa nonna».
Le brillano gli occhi al solo pensiero «È eccezionale. Il miglior esempio di virtù che potessi avere». Prende uno dei bicchieri di succo d'arancia e ne beve metà contenuto, per poi porgere l'altro a me.
«Spremuta d'arancia fresca, non chiedo di meglio la mattina».
Sorride di gioia «L'ho immaginato, vedendo il portafrutta con le arance e lo spremiagrumi nel ripiano della cucina»
«Tu, invece, di solito con cosa fai colazione la mattina?» Sembra una domanda banale, ma in realtà m'interessa davvero sapere tutto di lei: dalle cose più importanti ai minimi dettagli.
«Latte. Un'enorme tazza di latte».
«Solo latte?»
«Sì. È l'unica cosa che mi va appena alzata».
Mi mordo le labbra per non ridere «Sei proprio una bambina».
S'imbroncia in modo adorabile «Non prenderti gioco di me. Non potresti mai definirmi così dopo... ehm... dopo che...».
Osservo le sue gote arrossate da dietro il bicchiere alzato. Finisco il mio succo e appoggio il contenitore vuoto sul comodino. «T'imbarazza dirlo? Questo conferma che la mia teoria: sei una bimba e con la mia camicia addosso lo sembri ancora di più» le sposto un lembo di lato, scoprendole parte del seno sinistro.
Volge lo sguardo alla sua nudità, avvampando ancora di più «Scusa se ho approfittato dei tuoi vestiti. Questa era appesa in bellavista sullo schienale della seggiola e io non sapevo con cosa coprirmi».
Mi viene di nuovo da ridere se penso a dirle che per me poteva anche restare nuda. Virginie non si sarebbe mai posta questi problemi. «Hai fatto bene. Mi piace su di te».
«Piace anche a me» alza il gomito, per avvicinare un lembo di tessuto al naso piccolo e grazioso «Soprattutto per il suo profumo» conclude, come se nulla fosse.
Smetto di mangiare, ammaliato. Prima sembra così innocente e poi se ne esce con una frase del genere.
«Quindi, cosa prevede la tua giornata oggi?» Chiede tutto d'un fiato, forse per riprendersi dall'imbarazzo, prima di finire la sua spremuta e deporre il bicchiere nel vassoio.
"Chiudermi in casa a fare l'amore con te" «Un doppio turno di lavoro e un salto in clinica da mia madre».
Sgrana gli occhi dallo stupore «Di nuovo? Non credi di lavorare troppo?»
"Sì" «No. Mi riempie le giornate e mi distoglie dai pensieri».
Sbuffa «Dylan, sul serio, come fai con l'università, la casa, la spesa, tua madre e tutto il resto?»
«Non ho la frequenza obbligatoria in tutti i corsi, a volte studio di notte, il più delle volte mangio qualcosa al pub, per la cura della casa mi aiuta la dirimpettaia e per tutto il resto, come si dice, necessità fa virtù».
S'incupisce, mostrando tutto il suo cipiglio «Questo non va bene! Non dovresti abusare in questo modo di te».
Scoppio a ridere al suono delle sue parole «Abusare di me? Che razza di termine hai usato? Chiunque può abusare di me, non certo io di me stesso».
S'infuria, rivolgendomi uno sguardo che non promette nulla di buono «È un verbo, tanto per la precisione, e l'ho utilizzato in senso metaforico». Si tira su in ginocchio, puntando le mani ai fianchi «Sei stato tu a essere impreciso: IO non potrei MAI abusare di te».
La sua innata determinazione, intrisa d'innocenza, come sempre, mi affascina a tal punto che sposto in fretta il vassoio sul comodino e le afferro il polso con un gesto fulmineo, tirandolo verso di me per farla rovesciare supina sul materasso «IO, invece, mia piccola saputella, NON so cosa darei per farti "ABUSARE" di nuovo di me».
Schiude le labbra dallo stupore, ma non fa in tempo a richiuderle che le infilo la lingua in bocca con un'urgenza mai sperimentata prima; con un'avidità di possederla a me sconosciuta.
Con lei è tutto nuovo, tutto incredibilmente naturale, ma, al tempo stesso, inverosimilmente etereo.
È come aver conosciuto una Trilli dalle sembianze angeliche e essermi lasciato condurre in un' "Isola che non c'è".
E non importa che io mi senta più un cavaliere nero, piuttosto che Peter Pan. Lei è magia pura. È la polvere di stelle che illumina il mio cammino, la fata buona che mi fa volare sulle sue immense ali.
È tutti Natali che non ho più vissuto, tutte le notti che non ho più dormito, tutte le lacrime che non ho più pianto.
È tutti i fiocchi di neve che ho lasciato sciogliere nel mio cuore.
Quando smetto di baciarla, perde lo sguardo nei miei occhi. La sua bocca umida e tumida è un'attrazione irresistibile, gli occhi verdi scintillanti una visione surreale, la mia camicia aperta sul seno una tentazione incontrollabile.
«Cosa mi fai Annie?»
Le si accelera il respiro. Riesco a sentire i battiti del suo cuore sul mio petto. «Non lo so, ma qualunque cosa sia non voglio smettere di farla».
Gran parte del mio corpo grava su di lei e so di aumentarne il peso intrecciando le mani alle sue «Lo sai che è tutto uno sbaglio, vero?»
Scuote il capo da un lato all'altro del materasso, sotto di me, dove ho costretto il suo dolce e malleabile corpo «No. È la cosa più giusta che potessi mai fare».
Stringo forte le esili dita tra le mie, facendomi spazio tra le sue gambe e avvicinandomi con il viso, sino a essere a un soffio dalle sue labbra «Cosa ti aspetti da me?»
Un lampo di commozione fluttua sul verde intenso delle iridi sottomesse al mio sguardo penetrante. Riesco a vederlo. A sentirlo. «Questo. Voglio solo questo. Che non finisca».
«Fino a quando?»
«Fino a quando vorrai, purché... sia solo con me».
«Non ho alcuna tendenza alla poligamia» le confesso in sincerità, facendole illuminare il viso di un sorriso radioso e genuino.
«Allora... abbiamo raggiunto un accordo» sussurra con voce rotta da un gemito. Quale esso sia non ne ho la più pallida idea, ma, di certo, è il patto segreto più intrigante, bello e rischioso che potessi mai stringere e che non ho remore a sugellare con un bacio che sfugge al concetto di perfezione.
Vi sfugge, perché non ho mai desiderato possedere le labbra di qualcuno in questo modo e con tale cupidigia.
Vi sfugge perché con Virginie mi dava quasi fastidio contaminare un atto puramente fisico di emozioni.
Ma, soprattutto, vi sfugge perché riesce a farmi comprendere come e quanto, al contrario, un gesto fisico possa diventare marginale rispetto a un coinvolgimento emotivo. E, questo, è un coinvolgimento che provo, che sento fino in fondo e che, come un filo di luce, attraversa l'anima, disarmato e sincero, senza chiedere nulla in cambio, SE NON far vibrare l'esistenza.