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CALIBRO 38

Mark scese dalla vettura. Bob e due affiliati smontarono ugualmente, mentre un altro rimase alla guida della Dodge St. Regis priva di targa.

Mark si scrutò più volte attorno. La scritta in rilievo "BANK" sulla sommità della facciata grigia confermava che erano giunti a destinazione. Le foglie delle palme fiancheggianti la struttura erano scosse da folate di vento. Si appartarono all'angolo dell'edificio, in una zona d'ombra, dove riepilogò con dovizia come avrebbero dovuto agire una volta dentro alla banca per far sì che il colpo riuscisse senza spiacevoli incidenti. I grillz d'oro ai denti di Bob, riflettendo la luce del sole, emettevano bagliori dorati. Si calarono il passamontagna sul volto e si mossero velocemente verso l'entrata, in fila come un trenino. Mark strinse con la mano il calcio della propria Beretta M9, infilata nei pantaloni. Nessuna forza dell'ordine o membro della sicurezza era nei paraggi: via libera.

«Su le mani, questa è una rapina!», sbraitò Mark, appena messo piede all'interno della banca. I pochi clienti si immobilizzarono e alzarono le mani, così come il personale alle scrivanie, dietro ai computer. Le pistole erano puntate direttamente contro di loro.

«Se fate un solo movimento, siete morti stecchiti!»

Mark avanzò spedito e arrivò fino a colui che a prima vista ritenne essere il direttore della filiale. Gli occhiali gli traballavano sul naso aquilino e due pezze di sudore si allargavano sulla raffinata camicia di lino sotto le sue ascelle. La sua assistente tremava e singhiozzava ritmicamente, tirando su col naso il muco di tanto in tanto. Mark comandò all'uomo: «Sentimi bene, ricchione. Ora te ne vai di corsa sul retro e svuoti la cassaforte, poi torni qui senza perdere per strada nemmeno un dollaro e mi consegni il denaro». Il direttore annuì ubbidiente. «Uno dei nostri ti accompagnerà, per controllare che tu non faccia brutti scherzi. Ti consiglio di comportarti bene, se non vuoi diventare cibo per vermi...»

Mark fece un cenno a Bob, il quale compì il giro della scrivania, strattonò il direttore per il braccio e lo condusse con lui verso la parte più sorvegliata della struttura. Nessuno delle persone presenti osò fiatare. I gangster sorvegliavano ogni movimento intorno a loro, pronti a spegnere sul nascere qualsiasi reazione. Una donna incinta frignava sommessamente, portandosi una mano sul pancione.

Il direttore tornò, affiancato da Bob. Portava con sé una resistente valigetta di colore scuro. Mark gli ordinò di appoggiarla sulla scrivania.

«È stato molto accondiscendente.» Ghignò Bob, indicando con il capo il direttore e allargando le spalle massicce. «Ho seguito le sue indicazioni e ho praticamente fatto piazza pulita della cassaforte. Non sai quanti soldi ci sono qua dentro... direi che possiamo filare.»

Mark prese la valigetta e se la mise sotto braccio. Bob scavalcò la scrivania e si mise al suo fianco, facendo ancora attenzione al direttore.

«Ottimo lavoro! Andiamocene via, ma sempre con la massima prudenza... questi stronzi potrebbero mettercelo in culo da un momento all'altro», dichiarò Mark.

Nell'esatto instante in cui pronunciò queste parole, la porta di vetro posta dietro alla fila orizzontale di scrivanie si aprì. Mark tese i muscoli. La calma venne infranta dal click di una pistola caricata. Alla soglia non si presentò nessuno, ma una voce proveniente da lì dietro gridò: «Siamo armati! Vi conviene deporre le armi e consegnarvi alla giustizia».

Mark non ebbe dubbi. Era qualcuno della security, che aveva semplicemente atteso il momento giusto per far la propria entrata in scena e che si nascondeva appiattendosi sulla parete laterale alla porta. «Siamo della sorveglianza!» Il suo presentimento venne confermato. La situazione si faceva spigolosa. Per sparare sugli agenti dovevano esserci dei presupposti estremi.

Summer '98Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora