Entro nella vecchia camera di Elias a casa dei suoi genitori e trovo il mio migliore amico immerso di un tripudio di arcobaleno. Ventagli, magliette, sciarpe, gioielli di bigiotteria. Ogni cosa più colorata dell’altra.
«Finalmente sei arrivata!» esclama, tornando però subito a guardare tra i tanti indumenti che ha gettato sul suo letto.
Mi guardo alle spalle e richiudo la porta. «Perché non ci potevamo preparare a casa mia?»
Elias si volta sgranando gli occhi. «Perché avremmo dovuto farlo?» domanda come se fossi pazza. «Ci prepariamo per il Pride in questa casa da quando avevamo sedici anni, è una tradizione.»
Alzo gli occhi al cielo. «E non potevamo cambiarla, questa tradizione?»
Ho il borsone pieno di vestiti perché ogni anno decidiamo insieme cosa indossare per la nostra manifestazione preferita in tutto l’anno, quella che celebra l’amore in ogni sua forma. Oltre che importante per noi e per ciò che rappresenta, ne abbiamo fatto una tradizione che portiamo avanti da ben… No, non fatemelo dire, per favore, sono troppi, mi sento vecchia.
«Stai distruggendo il concetto stesso di tradizione» mi rimbecca senza neanche guardarmi. «Vuoi smetterla e ci sbrighiamo? Lo sai che voglio arrivare fin dall’inizio, non capisco perché fai tutte queste storie.»
Ok, è vero, mi sto comportando come una bambina capricciosa, ma ho le mie ragioni, o almeno, mi sto convincendo di avere perfettamente ragione. Avete presente la ramanzina di Elias sullo stare attenta a suo fratello?
Ecco.
All’inizio il mio cervello subdolo ha semplicemente immagazzinato le informazioni del mio migliore amico, dopo di che, quando meno me lo aspettavo, – ovvero diversi giorni dopo durante il sonno – mi ha ripresentato quelle informazioni in forma di immagini perfettamente nitide di Giuliano che, stanco di me, va a letto con una ragazza diversa ogni sera.
Ho ignorato il primo sogno e ho continuato a sentirmi con lui, al terzo ho inventato una scusa per disdire all’ultimo quello che poteva essere un vero primo appuntamento, lo step successivo è stato non farmi sentire io, ma limitarmi a rispondere ai messaggi che mandava lui, adesso che sono alla seconda settimana di sogni molesti ho iniziato a ghostarlo.
Sì, lo so, è una cosa ignobile che non si fa, non prendete esempio da me. La paura sta prendendo assolutamente il sopravvento, razionalmente me ne rendo conto, però è difficile farci i conti nell’atto pratico, così entro sulla difensiva e ritorno ad essere un fantasmino – sì, so già da me che sto diventando ripetitiva.
Solo che è un po’ difficile fare il fantasma se devi vestire i colori dell’arcobaleno e lo stai facendo a casa dei Serafini.
«Tranquilla, psicopatica» mi rasserena, per così dire, il mio amico colpendomi con l’indice sul naso. «Mio fratello e Mirco andranno direttamente al corteo» esce dalla stanza per fare cosa non ne ho idea, ma lo seguo, siamo soli perché i suoi genitori sono a fare un fine settimana a Strasburgo.
«Dove stai andando?» domando perché si sta dirigendo alla porta d’ingresso.
Lui apre l’armadio a specchio che c’è nella saletta. «Non trovo da nessuna parte la bandiera, aiutami a cercarla qui.»
E così iniziamo una ricerca frenica mettendo a soqquadro l’intero armadio, consapevoli che dobbiamo rimettere tutto in ordine alla perfezione o forse la mamma di Elias ci ucciderà. A un certo punto il mio amico mette su la musica con la playlist Pride2024 che ha creato lui stesso e iniziamo a ballare in giro per casa, della bandiera neanche l’ombra, ma ci proviamo una quantità di vestiti scandalosa e alla fine lui opta per una camicia di lino blu, che sbottonerà tutta una volta arrivati al corteo, e un paio di bermuda bianchi, un elastico per capelli con i colori arcobaleno che fa da bracciale e un capello da pescatore perché ci sarà da morire di caldo.
STAI LEGGENDO
Come In Un Romance
ChickLitMi presento: sono Cloe Ricci, nata e vissuta a Roma, e a 30 anni appena compiuti non avrei mai creduto che i miei sogni potessero avesserarsi. Invece mi sono ritrovata con un libro in vetta alle classifiche e finalmente una mia indipendenza. Ma cre...