Kael
Mi svegliai verso le 10, un po' stanco, come se non avessi dormito abbastanza nonostante le ore passate a letto. Era giovedì, il giorno della gara. Sentii un'ondata di adrenalina mista a inquietudine attraversarmi il corpo mentre fissavo il soffitto. Cercai di scacciare quel pensiero, ma un'immagine mi colpì come un fulmine: quegli occhi verdi. Di nuovo lei. Non riuscivo a togliermela dalla testa, e questo mi irritava. Era una ragazzina, dannazione, cosa c'era in lei di così speciale da disturbare la mia concentrazione? Scossi la testa, infastidito da me stesso.
Mi alzai dal letto e, trascinandomi, entrai in bagno. Mi lavai il viso con acqua gelida, sperando di svegliarmi completamente e liberarmi di quei pensieri. Guardandomi allo specchio, osservai il mio riflesso: capelli spettinati, barba appena accennata, occhi un po' stanchi. "Concentrati sulla gara," mi dissi in silenzio, ma i suoi occhi tornarono a perseguitarmi, verdi e intensi come smeraldi. Non era solo il suo sguardo. Avevo impressa ogni curva del suo viso, ogni movimento del suo corpo, e mi sembrava di sentire ancora il suono della sua voce. Sbuffai, infastidito dalla mia incapacità di lasciarmela alle spalle, e mi costrinsi a prepararmi.
Indossai una t-shirt nera, jeans e il mio solito giubbotto di pelle. Terminai di preparare il borsone, controllando che tutto fosse al suo posto: casco, guanti, stivali e protezioni. Presi le chiavi della moto e auto e uscii di casa. L'aria fresca del mattino mi colpì il viso, e per un momento mi sembrò di sentirmi più leggero.Accesi la moto, il rombo del motore mi fece sorridere. Quel suono era come musica per le mie orecchie. Mi diressi al solito posto, quel circuito che conoscevo ormai a memoria da anni. Era il mio rifugio, il luogo dove tutto il resto del mondo smetteva di esistere. La strada era quasi deserta, e mi divertii a sfrecciare tra una curva e l'altra, sentendo il vento che mi sferzava il viso.
Quando arrivai, il mio allenatore, che tutti chiamavamo Mister, era già lì.
"Ehi, campione! Pronto a spaccare anche oggi?" mi salutò con un sorriso. Annuii, accennando un sorriso.
"Sempre, Mister." risposi e mi diressi subito agli spogliatoi per cambiarmi. Tolsi i jeans e infilai la tuta protettiva, sentendomi finalmente nel mio elemento. Una volta pronto, andai verso il garage dove mi aspettava la mia "bambina", come la chiamavo io. Era ancora sporca di fango dall'ultima volta che l'avevo usata. Accarezzai il manubrio, quasi fosse viva, e sussurrai:
"Oggi tocca a noi brillare, piccola."
Tolsi la sicurezza e spinsi la moto verso la zona di partenza. La pista era ancora vuota, ma si sentiva già nell'aria la tensione pre-gara. Qualche avversario mi lanciava occhiate di sfida mentre si preparava, ma io li ignoravo. Praticavo motocross da quando avevo 10 anni e, a 14, avevo iniziato con il freestyle. La mia passione per questo sport era nata per caso, quando un giorno a casa scorrendo tra i canali della tv trovai una gara in diretta.
Quel giorno mi ero innamorato del rombo dei motori e dell'adrenalina che sentivo solo guardando.Il fischio del Mister mi riportò al presente. La prova iniziò. Il cuore mi batteva forte mentre mettevo in moto e mi lanciavo sul circuito. Sentivo la terra smossa sotto le ruote, il fango schizzare ovunque. La pista era un mix di curve strette, salti e rettilinei dove potevi spingere al massimo. Mi sentivo una cosa sola con la mia moto, ogni movimento era naturale, come se stessi danzando.
Mi girai appena, notando gli avversari che cercavano di starmi dietro. Mi scappò un sorrisetto sotto il casco. "Provateci pure," pensai. Allungai il passo, prendendo una curva stretta con precisione, e sentii il boato della folla che iniziava a radunarsi. La gara era iniziata nel migliore dei modi.Quando attraversai il traguardo per primo, l'adrenalina mi travolse. Avevo vinto. Questo significava che ero arrivato alle Regionali. Frenai lentamente, fermandomi al centro della pista, e scesi dalla moto. I miei compagni di squadra e il Mister si avvicinarono a congratularsi.
"Bravo, ragazzo! Lo sapevo che ce l'avresti fatta" disse il Mister, stringendomi in un abbraccio.Presi la coppa e la sollevai, godendomi l'urlo della folla. Sentii il petto gonfiarsi d'orgoglio. Avrei voluto sapere cosa avrebbe detto ora lui vedendomi così? Avrebbe sorriso? Si sarebbe preso gioco di me? Mi costrinsi a non pensarci.
Afferrai una bottiglia di spumante e, con un movimento deciso, la stappai, facendo in modo che la schiuma schizzasse ovunque. I miei compagni ridevano e mi insultavano scherzosamente, ma io non riuscivo a smettere di ridere. Era una risata sincera, quasi liberatoria, qualcosa che non provavo da tempo.Dopo la cerimonia, mi fermai con il Mister e alcuni compagni di squadra a parlare di strategie per le Regionali, ma qualcuno interruppe il discorso con una proposta che non potevo ignorare.
"Che si fa stasera per festeggiare?" chiese Marco, uno dei miei compagni di squadra, con un sorrisetto complice.
"Non penserai di tornartene a casa come un vecchio, vero?"
Lo guardai, incerto. In genere non amavo le feste dopo le gare. Mi piaceva più godermi il momento in silenzio, magari da solo, ma quella sera sentivo qualcosa di diverso, forse l'adrenalina o il bisogno di staccare la testa da certi pensieri.
"Ok, ci sto. Ma niente esagerazioni," risposi.Ci ritrovammo tutti in un locale non lontano dalla pista. Era uno di quei posti che conoscevo bene, con luci soffuse, musica a tutto volume e gente che sembrava vivere solo per la notte. Appena entrai, il ritmo della musica mi colpì come un'onda. Il DJ stava mixando una traccia che faceva vibrare il pavimento, e il locale era già pieno di gente che ballava e rideva.
Marco si avvicinò al bancone e ordinò per tutti.
"Questa la offre il campione!" annunciò, attirando l'attenzione su di me.
Sorrisi, un po' divertito e un po' imbarazzato, mentre il barista mi porgeva un bicchiere. Alzai il drink, facendo un brindisi improvvisato. "A noi," dissi, e tutti risposero in coro.La serata passò velocemente e, per una volta, non esagerammo: avevamo bevuto qualche bicchiere, ma nulla di più. Così mi misi in strada verso casa. Una volta arrivato, sentivo ancora la polvere e il fango addosso, quindi decisi di farmi una doccia per ripulirmi. Non ci misi troppo, come al solito. Indossai un paio di boxer e mi buttai a letto, crollando quasi subito per la stanchezza di quella giornata.
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Synaesthesia
RomanceIl giorno del suo diciannovesimo compleanno, Lysia decise di lasciarsi alle spalle le sue insicurezze e festeggiare in grande, anche se la sua cerchia di amiche era ristretta. La serata prometteva bene, tra musica assordante e luci stroboscopiche, m...