𝟎𝟐

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La stanza era in un silenzio innaturale, rotto solo dai passi pesanti dei giocatori che rientravano. La tensione era palpabile, e l'odore del sangue rendeva l'aria irrespirabile. Molti di loro avevano macchie rosse su tutto il corpo, alcune persone persino sul viso, conseguenza dei cadaveri esplosi durante il gioco. Ji-woo sentiva il peso del sangue dietro la schiena, residuo di un uomo caduto proprio dietro di lei. Nonostante la nausea, si sforzava di mantenere un'espressione neutra, consapevole che doveva mostrarsi forte.

Mentre la folla si spargeva per la stanza, una donna si fece avanti, con il viso rigato di lacrime e la voce tremante. "Non voglio più giocare," disse, rompendo il silenzio. "Moriremo tutti. Non voglio morire!"

Le sue parole furono un'esplosione nel silenzio generale. Altri iniziarono a mormorare tra loro, il panico cresceva rapidamente.

"Dobbiamo fermarci!" urlò un uomo vicino alla porta. "Non possiamo continuare!"

Dall'altra parte della stanza, uno degli uomini mascherati, con un quadrato sulla maschera, si fece avanti con calma, affiancato da altri due uomini armati. "Vi sbagliate," disse con voce ferma. "Non vogliamo farvi del male. Vogliamo aiutarvi."

Ji-woo, con un'espressione incredula, si fece avanti. "Aiutarci?" disse, la sua voce carica di sarcasmo e rabbia. "Aiutarci? Come? Uccidendoci? Eliminandoci uno per uno fino a farci fuori tutti? Non vi sembra una cosa da pazzi?"

Le sue parole risuonarono forti nella stanza, trovando eco tra i giocatori. Qualcuno annuì, altri iniziarono a esultare in segno di approvazione. La tensione era pronta a esplodere quando un colpo secco di pistola fece calare il silenzio.

Il soldato con il quadrato sulla maschera alzò una mano per richiamare l'attenzione. "Per favore, calmiamoci," disse, con un tono controllato ma autoritario. Poi fece cenno a un altro soldato, che portò avanti un enorme salvadanaio di vetro a forma di maiale al soffitto della stanza, illuminandolo con un fascio di luce.

"Guardate qui," disse il quadrato, indicando il salvadanaio che si riempiva lentamente di banconote. "Per ogni giocatore eliminato, questa somma crescerà. Questo è il premio finale. È questo ciò per cui state giocando."

I giocatori si fermarono, osservando increduli il salvadanaio. Era impossibile non notare l'ammontare che cresceva a ogni nuova banconota che veniva aggiunta. Ji-woo sentì un brivido lungo la schiena. Quello era il denaro che avrebbe potuto salvare sua madre, l'unica possibilità che aveva.

Un uomo alzò la voce, interrompendo il momento di silenzio. "Ma la clausola tre?" chiese. "Dice che se la maggioranza vota per andarsene, possiamo farlo, giusto? Possiamo smettere di giocare!"

Il quadrato annuì. "Sì, è corretto. La clausola tre stabilisce che, se la maggioranza dei giocatori è d'accordo, il gioco può essere interrotto e tutti possono tornare a casa."

Un mormorio attraversò la stanza mentre i soldati iniziavano a preparare una fila di votazione. Due grandi pulsanti vennero posti al centro della stanza: un cerchio rosso per finire il gioco e una X verde per continuare.

Ji-woo osservava la scena con il cuore in gola. Quando arrivò il suo turno, si fermò davanti ai pulsanti, incerta. Guardò il cerchio blu,simbolo di tutto ciò che desiderava: una possibilità di vincere e salvare sua madre. Ma poi i volti spaventati degli altri giocatori riempirono la sua mente.

"Dovete decidere," disse il quadrato con tono fermo.

Ji-woo esitò ancora qualche istante, poi, con un respiro profondo, premette il pulsante blu. Continuare.

Quando si voltò per tornare al suo posto, sentì gli occhi di Seo-yeon su di lei. Anche Gi-hun la guardava, ma non disse nulla. Alla fine, fu un altro giocatore a premere il pulsante che determinò il proseguimento del gioco.

Alcuni esultarono. Altri caddero nello sconforto. Il quadrato parlò di nuovo. "Il gioco continua."

Più tardi, Ji-woo si sedette sul suo letto, immersa nei suoi pensieri. Le sue mani tremavano leggermente, ma cercò di non darlo a vedere. Seo-yeon si avvicinò, con uno sguardo pieno di rabbia e disperazione.

"Come hai potuto?" chiese Seo-yeon, la voce spezzata. "Come hai potuto votare per continuare questo gioco? Non hai visto cosa è successo là fuori? Ci uccideranno tutti!"

Ji-woo si voltò verso di lei, con uno sguardo stanco ma deciso. "C'è chi non ha niente da perdere. E Io non ho niente da perdere."

Seo-yeon rimase a bocca aperta, incredula. "Non hai niente da perdere? E noi? Hai pensato a noi? A me?"

Ji-woo scattò in piedi. "A te?" disse, con rabbia crescente. "Non ho pensato a te, no! Ho pensato a me stessa, come la metà delle persone in questa stanza! Tu avresti pensato a me? Mi pare che veniamo entrambe dalla stessa merda, Seo-yeon! Non giudicarmi."

Seo-yeon rimase in silenzio, incapace di rispondere. Gi-hun, che aveva ascoltato tutto, non disse nulla, limitandosi a guardare Ji-woo con un'espressione di comprensione mista a disapprovazione.

Ji-woo tornò al suo letto, si sdraiò e chiuse gli occhi, anche se il sonno sembrava impossibile. Le parole che aveva detto risuonavano nella sua mente, ma non poteva rimpiangerle. Doveva vincere. Non c'era altra scelta.

****

Il dormitorio era immerso nel silenzio. L'unico suono che si udiva era il ronzio lieve delle telecamere di sicurezza e i respiri affannati dei concorrenti, che dormivano cercando un momento di tregua dal terrore del giorno appena trascorso. Ji-woo Kim era stesa sul suo letto di metallo, il viso segnato dalla stanchezza, ma con un'espressione che non tradiva rassegnazione.

Dal suo ufficio, il Frontman osservava lo schermo principale. L'immagine di Ji-woo appariva nitida, la telecamera fissa su di lei. Dietro la maschera scura, i suoi occhi erano fissi su quel volto. C'era qualcosa che lo colpiva, qualcosa che si rifiutava di ignorare.

Le sue dita guantate si strinsero dietro la schiena, mentre dentro di lui affioravano ricordi che credeva sepolti. Il viso di Ji-woo gli ricordava qualcun altro. Una ferita che non si era mai chiusa del tutto si riapriva ogni volta che la guardava.

Sua moglie.

Scacciò l'immagine dalla mente, ma era inutile. I ricordi riaffioravano con una forza spietata. Si ricordava ancora le mani tremanti di sua moglie mentre gli stringeva la camicia, pregandolo di trovare una cura per loro figlio. Ricordava gli occhi pieni di speranza, una speranza che si era spenta troppo presto. Aveva fallito. Aveva perso tutto.

Fu il suono di passi decisi a riportarlo al presente. Un uomo con una maschera quadrata entrò nella sala, fermandosi a pochi passi da lui.

"Capo," disse, con voce ferma.

Il Frontman non si voltò subito, mantenendo lo sguardo fisso sul monitor. "Cosa vuoi?" chiese, la voce gelida come sempre.

"Quella ragazza," rispose il Quadrato, indicando Ji-woo sullo schermo. "Ji-woo Kim. Devo occuparmi di lei?"

"No." Il Frontman si voltò verso di lui, il tono improvvisamente più basso. "Tienila sotto controllo, ma non intervenire. Voglio che rimanga viva."

Il Quadrato sembrò perplesso. "Deve rimanere viva? Perché?"

"Non hai bisogno di sapere il perché," replicò il Frontman, freddo. "Esegui e basta."

Il Quadrato annuì, sebbene il suo corpo trasmettesse una leggera esitazione. "Come vuole. Farò in modo che non le succeda nulla."

"Assicurati che sia così," concluse il Frontman, tornando a osservare il monitor.

Quando il Quadrato uscì, lasciandolo solo, il Frontman lasciò che il suo corpo si rilassasse leggermente. Si avvicinò al monitor, osservando Ji-woo dormire.

"Non sono riuscito a salvarti," sussurrò, come se stesse parlando a una memoria lontana. La sua voce era quasi spezzata. "Ma non lascerò che lei faccia la stessa fine."

Dietro la maschera, i suoi occhi si fecero cupi. La presenza di Ji-woo aveva risvegliato qualcosa in lui, qualcosa che aveva creduto morto. Ma per ora non poteva permettersi di pensare troppo. Aveva un ruolo da mantenere, un ordine da seguire.

Eppure, mentre osservava la ragazza, sentiva che il destino aveva giocato la sua mossa. E lui non avrebbe potuto ignorarlo.

☆彡𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐄𝐓 𝐎𝐅 𝐀 𝐋𝐈𝐅𝐄𝐓𝐈𝐌𝐄✫彡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora