Capitolo 12

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Non poteva essere... Aveva già perso Steve, ma non poteva sopportare l'idea di Clint sotto le macerie, per colpa sua per di più. Dove poteva essere? Lei non era atterrata molto lontano da lui... Doveva essere nelle vicinanze di dove lei si era svegliata. Magari addirittura sotto i frammenti ai quali si era appoggiata solo qualche ora prima... Maledisse la sua memoria, maledisse quella dannata ferita alla testa. Quanto tempo prezioso aveva sprecato girovagando lì intorno, mentre Clint giaceva sotto un paio di strati di cemento proprio accanto a lei. Iniziò a correre, tanto veloce quanto la gamba glielo permettesse. Non che il dolore alla gamba, o qualsiasi altra cosa, importasse più ormai. Si fermò davanti al cumulo di macerie in equilibrio precario sotto il quale probabilmente si trovava Clint. Con il cuore sul punto di esploderle nel petto, fece un giro intorno a quello che una volta era il soffitto dell'edificio, in cerca di qualche segno di lui. Il suo cuore perse un battito quando intravide la punta di un arco nero spuntare da uno spiraglio. Si accovacciò a terra, cercando di intravederlo, cercando di capire se ci fosse ancora speranza. Non vide altro che i suoi capelli nel buio. Sembrava almeno che ci fosse un minimo di spazio tra lui e il cemento... Non era esattamente stato schiacciato, non ancora almeno. Costringendosi a respirare regolarmente, si rialzò in piedi ed esaminò il cumulo. Come poteva fare a spostare i frammenti senza farli cadere addosso a Clint? Continuò a girarci intorno, lottando contro la disperazione. Doveva esserci un modo. Il cumulo era suddiviso in tre grossi frammenti, che andavano a creare una specie di capanna sopra di lui: due erano sostenuti l'uno dall'altro, il terzo sembrava solo appoggiato a quei due. Sembravano piuttosto pesanti, ma con la giusta leva non sarebbe stato un problema spostarli. Il problema era come fare senza che collassassero... Sospirò. Non aveva modo di contattare soccorsi e comunque ogni secondo era prezioso. Avrebbe dovuto sbrigarsela da sola. Si avvicinò incerta al frammento appoggiato agli altri: con la dovuta attenzione, rimuoverlo non avrebbe dovuto spostare gli altri. Non sarebbe riuscita a sollevarlo tirandolo, quindi si posizionò nella direzione opposta verso la quale questo pendeva e, facendo forza sulla gamba sana, iniziò a spingere. Era più pesante di quanto immaginasse, ma questo non bastò di certo a farla demordere. Strinse i denti, e cercò di spingere più forte. Finalmente, dopo qualche secondo, udì il frammento staccarsi dagli altri. Rimase un attimo immobile trattenendo il fiato, con gli occhi chiusi a pregare che i suoi calcoli fossero esatti e sperando di non dover sentire gli altri due cadere sopra il corpo di Clint. Dopo qualche secondo riprese a respirare, sospirando di sollievo. Continuò a spingere con più forza, ignorando la gamba destra che era scossa da violenti tremiti che la imploravano di fermarsi. Finalmente riuscì a sollevarlo del tutto e lo fece sbilanciare dall'altra parte. Atterrò pesantemente a terra, sollevando una nube di polvere. Lei rimase un attimo immobile a tossire, aspettando che la nube si dissolvesse e la gamba smettesse almeno in parte di tremare. Appena riuscì a vedere chiaramente, notò che le gambe di Clint erano già allo scoperto, mentre dal busto in su era ancora nascosto sotto i rimanenti resti. Adesso, però, si ritrovava costretta a dover tirare Clint: non c'era abbastanza spazio per accovacciarsi e spingere i due frammenti da sotto, e di tirarli non se ne parlava, anche avesse avuto la forza necessaria per toglierne uno, l'altro sarebbe caduto proprio in testa a lui. Si mise in ginocchio a terra, di fianco a lui. Si fece forza e lo afferrò per le gambe, iniziando a tirare al principio dolcemente, poi con un po' più di forza. Notò con orrore che man mano che il resto del corpo di Clint spuntava, i frammenti iniziavano ad oscillare e a produrre un rumore per niente rassicurante. Si fermò, e si avvicinò per osservare. Uno dei due frammenti era appoggiato alla spalla di Clint, e di conseguenza si spostava con essa. Non poteva lasciarlo lì... L'unica soluzione era provare a tirarlo via abbastanza velocemente da evitare che rimanesse spiaccicato sotto kili di cemento, ma non era sicura di averne la forza. Era rischioso, ma che altra scelta aveva? Non era nemmeno sicura che Clint fosse ancora vivo, dalla sua posizione non riusciva a capire se il suo petto si muovesse o no. Raccolse tutta la propria determinazione e questa volta lo afferrò per i fianchi. Studiò ancora per un attimo i frammenti e la loro inclinazione e poi diede uno strattone al corpo di Clint, cercando di tirarlo verso di sè con tutta la forza che le era rimasta. Perse l'equilibrio, e cadde in avanti, mentre i frammenti collassavano e alzavano di nuovo quella coltre di calcinacci e polvere. Tossì violentemente, e quando la nube si dissolse si ritrovò faccia a faccia con il viso pallido di Clint. Era praticamente sdraiata su di lui, ed entrambe le loro teste erano a pochissimi centimetri di distanza dai frammenti che erano caduti. A pochissimi centimetri, ma in salvo. Si scostò in fretta da lui, e avvicinò la mano tremante al suo collo. Adagiò due dita su di esso, sperando di non aver fatto tutta quella fatica per nulla. Per un attimo, si ritrovò di nuovo a trattenere il respiro. Poi, con suo immenso sollievo, li avvertì. Uno, due, tre battiti, e così via. Il cuore di Clint batteva molto lentamente, ma batteva. Era ancora vivo. Si lasciò sfuggire una risatina nervosa per il sollievo. Clint non sembrava riportare ferite troppo gravi, però aveva una ferita superficiale all'altezza dell'addome dalla quale sembrava aver perso una discreta quantità di sangue. Adesso doveva trovare un modo per contattare i soccorsi. Percorse delicatamente il profilo del capo di Clint, fino ad arrivare all'orecchio e sfilare dolcemente l'auricolare. Sperando che funzionasse ancora, lo indossò. La sua gola era ancora riarsa, e da quando si era svegliata non aveva ancora provato ad articolare parole di senso compiuto. Le ci volle una manciata di minuti prima di riuscire a definire i suoni gutturali che uscivano dalla sua bocca in lingua corrente.

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