•CAPITOLO 34•

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Ci guardammo e sgusciai fuori dal letto, chiudendo la porta a chiave, di corsa.
E adesso? Mia madre sapeva chi fosse, lo aveva conosciuto. Non poteva trovarlo nel mio letto, nemmeno con una delle scuse più plausibili.
Dissi ad Harry di nascondersi dentro il bagno in camera, finché non sarei riuscita a distrarre mia madre. Trasalì, quando sentì la maniglia della porta, abbassarsi.

"Tamara?"

"Mamma, sono in bagno!" -controllai l'orologio, erano quasi le sei. Come avevamo fatto a non ricordare di puntare la sveglia?

"Dovresti darmi il tuo caricatore, il mio è in ospedale, l'ho scordato e il mio telefono è quasi morto." -alzai gli occhi al cielo, notando che Harry stava ridendo, poggiato allo stipite della porta del bagno.
Lo guardai in cagnesco, invitandolo a chiudere la porta, con un gesto della mano. Fece come gli dissi e afferrai il caricatore, raggiungendo la porta.
L'aprì a metà, sorridendo.

"Mamma, ecco a te."

"Tamara, va tutto bene?"

"Si, mamma, perché?"

"Sembri.. strana."

"Non ho dormito molto bene, in verità." -piegai le labbra verso giù.

"Come mai?" -spinse la porta, entrando in camera mia; guardò l'ambiente.

"Mamma?" -si voltò verso di me.

"Si?" -aggrottai le sopracciglia, facendole capire che il suo gesto, mi aveva suscitato fastidio. Lei non voleva che entrassi in camera sua, senza un suo "invito" e così volevo io.

"Scusami, Tamara. Hai ragione, sono stata precipitosa." -le sorrisi.

"Non preoccuparti, mamma! Perché non vai a fare una doccia?" -bingo. Sperai in un suo "si". E così fu; prima di chiudersi in bagno, mi stampò un bacio sulla guancia.
Appena chiuse la porta, feci uscire Harry, che intanto, si era rimesso la maglietta. Rideva ancora; beato lui che la stava prendendo così alla leggera.
Controllai se mia madre fosse nei paraggi nuovamente e lo accompagnai alla porta.

"Ci vediamo dopo, piccola."-le sue parole sussurrate, erano ancora più belle.

"A dopo." -stampai un lungo bacio sulle sue labbra e chiusi la porta cercando di fare il meno rumore possibile.
Tornai di sopra e notai un oggetto posato sul comodino, accanto al mio letto. Il telefono di Harry.
Aveva dimenticato di prenderlo, con la fretta.
Lo presi tra le mani, spingendo il pulsante "home". La luce che emise lo schermo, mi costrinse a strizzare gli occhi, per un po'.
Lo sfondo blu riempì lo schermo. Strofinai il dito sullo schermo, spostandolo verso destra. La tavola con le applicazioni, mi si posó davanti. Non aveva nessun codice di accesso.
Ero li, immobile, con il suo telefono tra le mani. Rimasi a fissare la cartella dei messaggi e la curiosità iniziò a far leva su di me.
Bloccai nuovamente il telefono. Non potevo farlo. Non ne avevo il diritto. A me avrebbe dato fastidio se lui avesse letto i miei messaggi; non perché avessi conversazioni in particolare, ma come una questione di puro principio. Mi avvicinai alla finestra, osservando la strada. Cumuli di nuvole oscuravano il cielo, preannunciando l'arrivo di una fitta pioggia.
Tenevo ancora il suo telefono in mano, e la curiosità mi stava mangiando viva.
Lo sbloccai nuovamente, aprendo la cartella dei messaggi. Dei contatti mi si posarono davanti; tirai un sospiro di sollievo, quando notai che erano tutti uomini, o quasi. C'erano dei messaggi di sua sorella, Eva. Non aprì la cartella, ma sorrisi.
Strofinai il dito sullo schermo, abbassando la schermata.
Un nome familiare attirò la mia attenzione.
Patricia Drake. Era l'insegnante di geografia. Non esitai un attimo e aprì la chat.
Tra tutti i messaggi della professoressa Drake, Harry rispose solo ad uno.
Una forte rabbia mi ribollì dentro. Ci stava spudoratamente provando con lui; messaggi di inviti per un caffè, pullulavano in quella chat.
Fu come un pugno nello stomaco, quando Harry accettò un suo invito, circa cinque giorni prima:

"Ei! Aspetto ancora te per quel famoso caffè! Domattina alle 9:00 sarai libero?" -diceva il messaggio.

"Patricia, ho solo un po'di tempo libero. Chiamami per il luogo dell'incontro."

Chiamami?
Senza pensarci due volte, controllai il registro delle chiamate, notando con rabbia, che c'erano ben due chiamate, da parte di Mrs Drake e un messaggio in segreteria; ascoltai.
Trattenni le lacrime, per poco. "È stata una bella mattinata ed hai proprio una casa accogliente. Fammi sapere quando sarai di nuovo libero, tesoro."

A casa sua? Immagini di loro due, mi passarono per la testa. Bloccai nuovamente il telefono, andando verso il bagno.
Mi guardai allo specchio, rendendomi conto che fiumi di lacrime, stavano sgorgando dai miei occhi. Mi sedetti per terra, poggiando la schiena alla porta. Portai la testa alle ginocchia, sfogandomi.
Cercai di trattenere la rabbia. Infondo, forse aveva solo visto casa sua; non erano necessariamente andati a letto insieme. Ma, quel fottuto nomignolo che gli aveva affibbiato mi fece riflettere che non aveva soltanto visto la casa.
Lei era una donna sulla quarantina, ma pensai alla frase di Yvonne, quando disse che Harry era solito frequentare donne più grandi. Non riuscivo ancora a capire se intendesse donne più grandi di me o donne più grandi di lui.
Quel giorno avremmo avuto il compito di arte.. come avrei fatto a stare tranquilla e farlo tranquillamente, se lui stava a pochi metri da me?

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora