Capitolo 1.1 - Alla ricerca di un lavoro

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Sto fissando un muro. Sento il cuore battermi forte nel petto. Non so che sta succedendo. Non so nemmeno dove mi trovo. L'unica cosa che vedo è una scritta su quel muro. "Ich sehne mich so sehr danach, dich in die Augen zu sehen." è tedesco ma riesco comunque a capire cosa vuol dire: "Muoio dalla voglia di guardarti negli occhi di nuovo." Deve averla scritta un ragazzo dedicandola alla sua innamorata. Non capisco perché ma questa frase mi rende allo stesso momento felice e triste, facendo nasce un sorriso sulle labbra e appannandomi gli occhi.
Sento un rumore assordante, come un botto, poi tutto diventa nero.

Mi svegliai di soprassalto, il sudore mi imperlava la fronte, la asciugai e mi guardai intorno. Ero al parco, dove io e Phil avevamo pranzato. Mi ero addormentato sulla nostra panchina, tutt'altro che comoda, ma abbastanza confortevole per schiacciarci sopra un pisolino. Phil era sparito. Guardai l'orologio ed erano già le tre. Avevo organizzato l'intero pomeriggio in modo tale da fare il giro completo dei negozi in centro città chiedendo un lavoro, ed ero decisamente in ritardo rispetto la tabella di marcia.
Mi alzai dalla panchina prendendo lo zaino in spalla, dirigendomi verso l'uscita, quando vidi Phil venirmi in contro leccando un gelato, che doveva aver preso alla gelateria nell'angolo.
<Allora? Da dove si parte?> mi chiese quando lo raggiunsi.
<Esattamente dove hai preso quel gelato.> lo superai costringendolo a girarsi per tornare in dietro.
Entrati nella gelateria la ragazza bionda dietro il bancone stava servendo una signora molto anziana, piccolina e robusta. Quando vide Filippo gli sorrise salutandolo nuovamente. La signora prese il suo gelato dalle mani della ragazza, pagò, si voltò, io le aprii la porta lei mi guardò e mi sorrise - le mancavano i due incisivi superiori e il suo sorriso risultava particolarmente buffo - e, in fine, uscì leccando il gelato.
Salutai la ragazza e le dissi che stavo cercando un lavoro, tirai fuori dallo zaino un foglio, una copia dei miei dati, che avevo stampato dal computer la sera prima, e glielo porsi.
<Oh certo, lo darò al mio capo, ti telefonerò per la risposta.> mi disse.
<Grazie mille, ciao.> poi uscii dalla gelateria <Il prossimo è ...> stavo iniziando a dire a Phil, ma lui non era lì. Mi girai per cercarlo e mi accorsi che non era ancora uscito dalla gelateria, tornai all'interno, lui stava sorridendo alla biondina mentre le scriveva il numero di telefono su un braccio. <Puoi chiamare anche me se ti va.>
Lei sembrava imbarazzata, così intervenni trascinando Phil fuori dalla gelateria per un braccio, scusandomi con lei per il comportamento del mio amico.
<Hai visto Rick? Lei ci stava.> mi disse Filippo.
Alzai gli occhi al cielo, poi, senza dargli più tanto peso, ripresi a dire quello che stavo dicendo prima. <Il prossimo è da quella parte, andiamo.> indicai un negozio di vestiti e iniziai a camminare in quella direzione. Phil mi seguì dicendo <Vuoi davvero lavorare in un posto in cui devi piegare dei vestiti tutto il giorno?>
In realtà aveva ragione, non era un lavoro per me, quando mia madre apriva il mio armadio strillava dicendomi che non riuscivo a tenerlo in ordine più di due giorni.
<Non so amico, non mi sembra proprio una buona idea.>
<Forse hai ragione.>
<Quindi dove si va?>
Guardai la mia lista. In realtà quando l'avevo compilata non avevo la minima idea di che scrivere e mi ero limitato alla gelateria e al negozio di vestiti, quindi non seppi che rispondere.
Filippo mi guardò storto, poi gli comparve un sorriso in faccia.
<Dal barbiere? Potresti spazzare i capelli che cadono per terra, e intanto cogliere l'occasione per sistemarti quell'orribile taglio.> disse guardando schifato il pagliaio che mi ritrovavo sulla testa. <Oppure potresti fare il cassiere al supermercato. Lavorare al canile, ti faresti molti nuovi amici.> continuò sghignazzo per quella sua orribile battuta.
<Divertente.> gli risposi con la bocca arricciata. <Iniziamo con il barbiere.>
Impiegammo un paio d'ore a passare dal barbiere, al supermercato, dove ricevemmo una risposta negativa visto che avevano già molto personale, e al canile. Si, ci andammo sul serio, e quando entrammo Phil si divertì a prendermi in giro dicendo al proprietario che avevo bisogno di tanti nuovi amici, come risultato lui ci cacciò fuori a calci.
Passammo anche dal negozio di elettronica, dove Filippo comprò un gioco appena uscito per la play, Fifa08. Io, invece, colsi l'occasione per chiedere di essere preso a lavorare lì. Anche in questo caso mi dissero che mi avrebbero chiamato. Lungo la strada aggiungemmo anche altri negozi alla lista, ma non ricevemmo neanche una risposta positiva.
<Oh giusto. La libreria.> mi venne in mente, mentre stavamo camminando senza meta e idee. Non sarebbe stato male lavorare in mezzo ai libri, dato che ero un lettore accanito, lo studio mi aveva sempre schifato, ma i libri riuscivano sempre a soddisfarmi, facendomi sognare e trasportandomi sempre in posti nuovi, che con un po' di speranza avrei potuto vedere veramente.
Quando entrammo sembrava fosse deserta. Suonai il campanello che c'era vicino alla cassa. Arrivò un uomo basso, riccio, con un'espressione scocciata e gli occhiali a fondo di bottiglia che rendevano i suoi occhi grandi come due palline da tennis.
<Salve, sto cercando lavoro. Le lascio i miei dati.> dissi cercandone una copia nello zaino.
<Non serve affatto, abbiamo già un ragazzo della tua età che lavora qui, e uno è già abbastanza per fare confusione.>
<Ne è sicuro?> le chiesi in imbarazzo.
<Certo. A mai più vedersi.> rispose brusco sparendo nuovamente.
Non ci rimase altro da fare che uscire strisciando.
Ci sedemmo sulla panchina di fronte al negozio, delusi.
<Si torna a casa amico? Li abbiamo fatti tutti e poi sono stanco.> dissi.
<Va bene Rick.> gli risposi un po' deluso e a capo chino. La giornata non era andata come volevo io e l'unica cosa che mi andava di fare era andarmi a deprimere in camera mia con la musica a tutto volume giocando ad un videogioco con il computer.
Salutai Filippo arrivati sull'ingresso di casa e aprii la porta.
<Allora a sta sera.>
<Che?> non sapevo che intendesse, non mi sembrava dovessimo fare qualcosa più tardi.
<La festa da Silvia, alle otto.> rispose come se fosse ovvio.
<Ci vuoi andare sul serio?> chiesi. Non avevo proprio voglia di uscire di nuovo di casa ma ancora meno di andare alla festa di quella ragazza.
<È Silvia Foschi. La ragazza più figa della classe! Dobbiamo andarci!> mi rispose con un'espressione suppliche sul volto.
<Oh d'accordo. Ma non prima delle nove. Devo dormire.> risposi entrando in casa e chiudendomi la porta alle spalle, senza ascoltare quello che stava dicendo Phil.

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