Capitolo 24: Dal racconto di Harry Jordan Black

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Voglio essere felice, cazzo! Voglio essere felice e urlarlo al mondo. Voglio che tutti sappiano che sono forte e che nessuno può fermarmi

Un bambino di nove anni non può capire cosa vuol dire stare a capo di una grande agenzia conosciuta in tutto il mondo. Un bambino di nove anni non può capire nemmeno quanta forza ci vuole per tenere a bada ogni sorta di compito legato al proprio lavoro, ma può capire con naturalezza un battibecco fra adulti.
Sul tavolo appartenuto da generazioni alla famiglia Black, c'era la macchinina rossa con la quale lui, Harry Jordan Black, era intento a giocare. Nell'enorme salone, c'erano anche Nicholas e Elena - i suoi genitori - tranquilli e sereni sul loro comodo divano.
Avevano tutto, lì a Chicago. Avevano una famiglia, un lavoro, un bambino tutto per loro, la felicità che desideravano, e, fortunatamente, la distanza necessaria da Jordan, il nonno del piccolo bambino.
Per anni, Jordan aveva cercato di avvicinare Nicholas al suo business, ma Nicholas non aveva alcuna intenzione di immischiarsi negli ingiusti affari di suo padre.
Jordan sperava che un giorno, in futuro, Harry avrebbe intrapreso il suo stesso cammino, ma quel bambino di nove anni non era come suo nonno. Era vivace, aperto a tutti e un sognatore. Al contrario, suo nonno era avido, garbato, chiuso e ignorante, amante dei soldi e delle donne.
Harry aveva ereditato da quell'uomo soltanto gli occhi verdi, ma quel dolce bambino che tutti conoscevano, cambiò nel corso degli anni.
Suo nonno era riuscito ad attrarlo nella sua ragnatela di guai, ad inviare delle scorte vicino casa sua in modo tale che potesse incontrarlo proprio nel cuore di New York.
Si costruì un rapporto amichevole, fra i due Black. Un rapporto che portò Harry ad avvicinarsi all'alcool, a locali illegalmente aperti, a scandali. Cominciò a farsi toccare la pelle da mille aghi per dei tatuaggi di troppo.
All'improvviso, sembrò amare la vita da riccone, le donne da ogni parte e il potere assoluto nelle sue mani.
Jordan, così, non avendo un rapporto familiare con suo figlio, decise di donare in eredità la sua agenzia proprio a suo nipote una volta che avrebbe raggiunto la maggior età. Harry ne fu felice. Non era mai stato così felice come quel giorno, ma non sapeva che suo nonno stava per far ricadere sulle sue spalle tutti i suoi affari che, negli anni, aveva costruito con tanto orgoglio.
Avrebbe potuto salvarsi. Harry avrebbe potuto salvarsi dal gioco sporco di suo nonno semplicemente leggendo quel dannato contratto che gli porse giorni dopo la decisione, ma Harry era troppo preso dalla notizia e dalla situazione per poterlo fare. Su quel pezzo di carta vi erano scritti tutti i comportamenti che doveva assumere nell'agenzia, cosa doveva e non doveva fare, la cifra di denaro che aspettava legalmente a suo nonno... e, per aggiunta, c'era il nome di Jennifer su di esso. Una povera ragazza che aveva l'unica colpa di essere figlia di un socio d'affari di Jordan, che si era stancato dei suoi sporchi affari. Per vendetta, Jordan la violentò e la rapì per un breve periodo. Il padre della ragazza pregò Jordan di liberarla, lo fece fino a morire. L'uomo, allora, affidò la ragazza ad Harry.
Harry adorava usarla nel momento del bisogno, trasformando quello che era rimasto della purezza di Jennifer in un'oscurità colma di invidia e di bellezza. Di quell'angelo che era, ora neanche l'ombra.
Il contratto concludeva con una sorta di minaccia: se Harry avesse deciso di lasciare Jennifer, se Harry non avesse più "voluto" Jennifer, suo nonno si sarebbe ripreso l'agenzia senza alcuno sforzo, trascinando Harry nella rovina, rimandandolo a Chicago dai suoi genitori che non l'avrebbero più accolto e rovinandogli la vita per sempre.

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