Capitolo 2- Fine serata:

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Sherlock si era accomodato sul divano nell'attesa e fissava il vuoto.

Io invece, presi a girare per la casa e notai che in fondo al corridoio c'era un'altra stanza, probabilmente quella da letto, ma le lenzuola erano ben stirate, il che voleva dire che non dormiva quasi mai lì.

Quel silenzio era imbarazzante, così presi la parola.- Quindi lei fa l'investigatore privato. E quanto la pagano?- gli chiesi.

-Non mi pagano affatto, mi piace risolvere casi.- rispose lui. Sembrò quasi che lo avessi appena distratto da un lungo pensiero.- Lei che lavoro fa?-

Mi venne l'istinto di ridere: aveva scoperto tutto di me da un solo cellulare e non aveva capito che lavoro facessi.-Tocca a lei scoprirlo.-

Lui mi sorrise.- Mi piacciono le sfide.-

-Immaginavo.-

Di nuovo un lungo minuto di silenzio.

-Oh accidenti, non so nemmeno il suo nome.- esclamò lui.

Mi misi a ridere.- Helena.-

-Perché ha deciso di porre fine al suo matrimonio?- mi domandò.

-Mio marito è stato un uomo noioso, è soltanto bello d'aspetto. Non ho idea di perché l'ho sposato.- spiegai, guardando fuori dalla finestra per vedere se John tornava. Mi sentivo strana a stare da sola con Sherlock, non smetteva di fissarmi.

-E il suo amante?- continuò.

Gli sorrisi cercando di entrare nei suoi pensieri, ma mi era impossibile. - Come ha fatto a capire che avevo un amante?-

-Ha un evidente succhiotto non troppo vecchio sul collo: ha cercato di coprirlo con la maglia, ma non ci è riuscita.- rispose.

Cercai di coprirmi di più il collo con la maglia e sperai che non si vedesse più: non volevo che John lo notasse.

-Direi dalla circonferenza del segno che l'uomo avesse i denti puliti e sbiancati. Un uomo ricco?- continuò.

-Più o meno, ma si è rivelato essere un bugiardo. Il suo nome era James..-

Prima che potessi finire la frase, ecco tornare John con la cena.

Cercai di cucinare un ottimo pollo con patate e dallo sguardo di Sherlock, capii che era stato gradito.

-Perché lei non mangia signor Holmes?- osai chiedere.

-Mangiare non mi aiuta a pensare.- rispose lui.

-E cosa l'aiuta a pensare?-

L'uomo si alzò e prese un violino da dietro il divano.

Mi alzai per analizzarlo: era ben curato, quindi ci teneva.

-Lei cosa usa per pensare, Miss Watson?- mi chiese con sguardo curioso.

Non volevo dargli quella soddisfazione, mi sarebbe piaciuto che ci arrivasse da solo.

Usai quindi una scusa. Verso le undici di sera mi misi il giubbotto per tornare a casa.- Si sta facendo tardi, dovrei andare.-

-Musica?- tentò, parlandomi sopra.

-No.-

-Una passeggiata?-

-Non amo la natura.-

-Legge?-

-Mi annoiano i libri.-

Con il suo sguardo accigliato mi aveva fissato tutto il tempo e non mi ero nemmeno accorta che mi aveva spinto verso il muro, faccia a faccia.

Mi guardò profondamente negli occhi: era così affascinante, eppure i suoi occhi davano segno di pazzia.

-Ehi, sono ancora qui.- intervenne John.

Gli andai in contro sorridendo e lo abbracciai.- Chiamami quando hai bisogno di me, John.- gli dissi.

-Se cambia idea e ha bisogno di un impiego, venga a trovarmi o mi chiami.- mi disse Sherlock.

-Non ho il suo numero.- mi accorsi.

Ma lui non mi rispose, si rintanò in silenzio in cucina.

Sbuffai per la mancata risposta e uscii dall'appartamento rimuginando le sue parole.

Mi guardai in tasca dopo aver chiamato un taxi e nella tasca destra del giacchetto, c'era il suo biglietto da visita. Doveva averlo messo mentre eravamo vicini in quel modo.

Sorrisi tra me e me e salii in auto,piuttosto soddisfatta della serata.

Avrei rincontrato Sherlock Holmes, forse grazie al destino.

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Elementare, Miss. Watson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora