Capitolo 7

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Erano passate settimane dal giorno in cui avevo salvato la vita a Serena e lei insieme a Dean mi aveva raccontato la verità sui nostri inseguitori. Non potevo ancora crederci: mi avevano abbandonata. Dopo aver salvato la vita a Serena ancora non si fidavano di me. Per proteggermi avevano detto, ma come potevano lasciarmi sola con i miei strambi poteri che non riuscivo neanche a controllare? Avevo avuto per settimane flash sulle cose più disparate, dal nome della canzone alla radio alla risposta del compito di Fisica prima ancora che la professoressa ce lo consegnasse. La parte che mi dava più fastidio era quando durante le conversazioni avevo la parola che la persona che mi stava parlando avrebbe pronunciato sulla punta della lingua ma non riuscivo a capire quale era fino a quando non la pronunciava o, quando mi andava bene, pochi centesimi di secondo prima. Utile, sapevo cosa avrebbero fatto gli altri ma la mia mente non riusciva a ricordare prima che la cosa accadesse. Mi sentivo completamente inutile. Come avrei potuto aiutare Dean e Serena? Era per quello che mi avevano lasciato da sola, ero completamente inutile. Per rassicurarmi, per dirmi che sarebbero tornati, mi avevano permesso di tenere il Libro ma io proprio non sapevo che farci e come usarlo per aiutarli. Mi avevano promesso che sarebbero tornati appena quel gruppo militare avrebbe smesso di cercarli. Non avevano ancora capito se erano i "buoni" o quelli "cattivi". Quel giorno nel bosco mi avevano raccontato che non era solo un gruppo militare a cercarci, bensì due. Già, perché la sottile ma cruciale differenza era che i primi volevano usarci per vincere guerre su guerre, e per farlo sarebbero arrivati anche a torturarci per avere il nostro aiuto, che noi lo volessimo o no, mentre i secondi credevano che fossimo contro natura quindi puntavano a ucciderci, risolvendo così il problema. Come diavolo si fa a capire chi è peggio? Non volevo certo saperlo quindi evitavo di pensarci a lungo, come facevo del resto per tutto ciò che riguardava la mia... vita fuori dal comune. Rivelandomi questo particolare gli occhi di Serena sembravano più sfuggenti del solito, come se tentassero di nascondere un dolore radicato nel suo cuore. Avrei voluto seguirli, avrei davvero voluto, se non fosse per il fatto che Dean mi si era parato davanti e mi aveva intimato di continuare a correre e tornarmene a casa facendo il cammino opposto a quello che avevamo percorso. Diceva che si stavano avvicinando e non aveva ancora capito quale delle due fazioni fosse, ma sarebbe stato meglio che io non ci fossi stata quando sarebbero arrivati. La sua voce non era più salda come l'avevo sentita durante la conversazione, tradiva un punta di terrore. Allora gli avevo buttato le braccia al collo e lo avevo abbracciato. Poi ero scappata, percependo ancora il suo odore fresco e rassicurante. Quanto avrei voluto tornare indietro e restare là con loro, anche a costo di rimanerci secca. Eppure non si poteva tornare indietro e io non facevo altro che guardare avanti, verso un futuro di cui temevo la realizzazione ancor più di quel triste presente. 

Osservavo senza convinzione la professoressa spiegare alla lavagna una formula matematica. Poggiando la guancia sulla mano, sospirai. Guardavo il tutto come se stessi vivendo la scena dall'esterno. Non mi toccava il fatto che una ragazza mi stava fissando con aria di superiorità dietro spesse lenti nere Ray-Ban o che il ragazzo dietro il mio banco continuasse a lanciarmi calci sulla sedia. Volevo solo che quella lezione finisse. Con la coda dell'occhio catturai qualcosa che si muoveva all'angolo della stanza. Quando guardai meglio i muri erano diventati di metallo. Quello che avevo visto era il movimento dei capelli marroni di una ragazza seduta all'angolo della stanza. Era accucciata contro la parete, la faccia coperta dalle ginocchia piegate. I vestiti erano tutti graffiati e lungo i jeans correvano lunghi tagli. Soffriva, ma non emetteva un suono, come se fosse troppo stanca anche solo per piangere. Un attimo dopo tutto era sparito. Tornarono le pareti di gesso  bianche sporche e il cestino all'angolo della classe. Niente metallo... e niente ragazza.

La professoressa mi fissava con aria spaventata. E chi poteva darle torto, dovevo avere proprio la faccia di una che ha visto un fantasma. Ma io avevo visto di peggio, molto peggio, io avevo visto il futuro di una povera ragazza.

E quasi svenni quando mi resi conto che quella ragazza disperata ero proprio io.

-All about choices- tutta questione di scelteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora