Cap. 1

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Domenica 12 settembre
Domani è il primo giorno di scuola, ma non è come gli anni scorsi che ritrovavo sempre i miei amici, quest'anno dovrò andare in una scuola nuova e non conosco nessuno della mia nuova classe. Ho paura che qualcuno rida della mia malattia, ho paura che mi escludano perché sono "diversa", ho paura che abbiano paura di me. Per fortuna mia sorella maggiore Annah mi tranquillizza dicendo che anche lei ci è passata e che basta rompere il ghiaccio all'inizio e tutto andrà bene.
Lunedì 13 settembre
Oggi è il primo giorno di scuola: la data odiata da tutti i professori e gli alunni. Oggi si conoscono persone nuove. Oggi è la data fatale per determinare se per tutto il liceo sarò popolare o esclusa e ignorata da tutti.
Mi sveglio con le carezze di mia mamma che mi ricorda che oggi inizia la tortura; mi alzo e guardo fuori dalla finestra: il leggero filo di vento mattutino fa traballare i fili d'erba verdi. Tutto è molto calmo.
Mentre faccio colazione mio padre mi saluta e mi dice che tutto andrà bene, pur non credendogli io sorrido e annuisco. Annah è seduta accanto a me, tutt'e due mangiamo i cereali biologici che compra la mamma, lei ha una fissa per la dieta; papà le dice sempre di comprare cereali normali o al cioccolato ma lei ripete che se non pensasse alla dieta di tutta la famiglia saremmo persi.
Mentre vado alla porta penso già cosa mi succederà a scuola, aspetto un secondo prima di girare la maniglia, poi penso che se non l'avessi fatto io lo avrebbe comunque fatto qualcun'altro per me.
Appena salgo in macchina, ancora a 20 km dalla scuola inizia l'atroce periodo di ansia: a 20 km inizio a dirmi:"speriamo che i prof siano bravi, speriamo di conoscere qualcuno di simpatico." A 18 km penso:"e se fossero tutti perfettamente bellissimi?!" A 16 poi iniziano i film mentali:"sono sicura che mi capiterà il posto più brutto e il compagno di banco più antipatico." A 14 km mi guardo dietro e rimpiango il momento in cui ho deciso di alzarmi dal letto. A 12 inizio a dire che forse non dovevo aprire la porta e ripenso a quell'attimo in cui ho dubitato di voler girare la maniglia.
L'11, il 10, il 9 e l'8 km passano velocemente mentre penso che avevo iniziato anche le medie e le elementari e non mi era successo niente. Al 7 poi iniziano i pensieri più impensabili:"sono sicura che appena arriverò in classe tutti mi guarderanno male e inizieranno a prendermi in giro per la flebo che sono costretta a portarmi accanto per la trasfusione di sangue visto che non posso permettermi di restare in ospedale". Al 4 km inizio a pensare di far finta di vomitare i cereali biologici di mamma per tornare a casa e non andare a scuola. Quando mancano 2 km all'entrata della scuola mi accorgo che ormai è troppo tardi per tornare a casa e per fingermi malata, inizio a pensare che è normale essere agitati e che alla fine andrà tutto bene. Cerco di tranquillizzarmi anche se so che dentro di me sto morendo di paura. Ad un certo punto la macchina si ferma, guardo fuori dal finestrino e vedo l'entrata della scuola. Sto sudando freddo. Mi dico che magari diventerò una tra le più amate e popolari alunne della scuola ma poi mi correggo pensando che è solo una stupidaggine. Scendo dalla macchina. Saluto mamma e lei mi ripete che andrà tutto bene ma sappiamo entrambe che non è vero.
Di fronte all'entrata della scuola c'era una grande gradinata di marmo, metto la mano sulla ringhiera gelida. "Ormai ci sei" penso tra me e me "ormai devi andare, stai calma e andrà tutto bene, ora inizia la tua nuova vita, devi cercare di non rovinare tutto dicendo cose stupide o combinando altri disastri".
Quando sono arrivata una gentile signora mi ha detto che quelli della mia sezione erano tutti già in classe in fondo al corridoio. Bussai, una voce maschile mi disse "avanti"; capii che, anche se mi traballavano le gambe e mi sudavano le mani, dovevo entrare e che tutto sarebbe andato bene.
Entro in classe. Il mio cuore batte così forte che non riesco a sentire la voce del professore che parla. Rimango un secondo imbambolata a guardare tutti gli alunni che, appena sono entrata, hanno iniziato a fissarmi; poi il professore richiama la loro attenzione battendo la lunga bacchetta di legno sulla lavagna nera. Mi siedo nell'unico posto rimasto. Accanto a me c'è una ragazza bionda con gli occhi azzurri e la pelle chiara, sembrava anche lei molto spaventata dalle nuove amicizie. "Ciao, io sono Sarah Gillman, come ti chiami?" Mi disse lei "Io sono Mary Smith, è un piacere conoscerti, temevo di capitare con un compagno terribile, ma la sorte dev'essere dalla mia parte oggi." "È un piacere mio Mary" mi risponde con un sorriso "Non vorrei essere scortese ma...perché hai quella flebo attaccata al braccio? Fa male?" "Sono affetta da leucemia, un tumore al sangue. No, non fa male, ormai ci sono abituata".
Le prime due ore passano velocemente, ora c'è la ricreazione: il momento di presentarsi.
Al suono della campanella tutti si girano per mettere i libri in cartella e prendere i soldi per la macchinetta, io, intanto, faccio un giro in corridoio. Le mura marcite e le piastrelle sporche mi danno un'idea cupa della scuola; mentre cammino un ragazzo, che mi aveva adocchiata prima in classe, mi mette il bastone con la flebo tra i piedi e io cado. Un altro gentile ragazzo, sempre della mia classe, accorre subito e mi tira su, poi sgrida quello che mi aveva fatto lo sgambetto che nel frattempo stava già scappando.
"Io mi chiamo James Parson, tutto bene? Devi perdonare Niall, è pazzo, ce l'ha con tutti solo perché lui va male a scuola." "Già, è un pazzo furioso" dissi io con gli occhi al cielo sperando che non lo rifacesse più "ma...te come fai a conoscerlo? Andavate alle medie insieme?" Chiedo e subito dopo mi prendo a schiaffi mentalmente ricordando che sicuramente hanno fatto tutto il liceo insieme "No, è il mio fratellastro, mio padre e sua madre sono morti di leucemia nello stesso periodo, i nostri genitori si sono avvicinati in ospedale e dopo qualche anno si sono fidanzati e io e mamma siamo andati a vivere con loro, lui è sempre stato la pecora nera della famiglia" io agitata mi scusai "scusa, non volevo insultare tuo fratello ma..." "Non fa niente, non siamo per niente legati" mi interruppe "anche te hai la leucemia?" "Si, mi spiace per tuo padre, dev'essere stato terribile." Restammo a parlare per tutta la ricreazione, James era un ragazzo dolce, aveva occhi color nocciola e capelli marrone chiaro. Suo padre era morto per uno sbaglio dei dottori, hanno iniettato nel suo corpo una flebo di sangue di un gruppo sanguigno diverso, quindi gli si è formato un grumo nelle vene; è un errore che, purtroppo, capita a molte persone. Lui è morto quando James aveva solo otto anni ma, essendo molto intelligente, è riuscito ad andare avanti e continuare la sua vita al massimo. Tre anni dopo sua madre ha sposato il padre di Niall, anch'esso vedovo a causa della malattia.

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Ciao a tutte sono sempre io (ovviamente lol) volevo chiedervi finora come vi sembra la storia, vi piace? Secondo voi come mai Niall ce l'ha con tutti?
Inoltre volevo avvisarvi che i capitoli non saranno divisi per i giorni e capiterà che un giorno di diario sia spezzato in due capitoli (per esempio questo e il prossimo).
Love you💕

Her whitenessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora