/capitolo 7/

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Sophie's pov
Finito di pranzare accompagnai Lorenzo alla sua seduta dallo psicologo, conoscendo Mr White gli chiederà sicuramente su di noi e non dei suoi problemi.
"Mi prometti che ti trovo in camera e non dovrò cercarti per tutto il manicomio?"
"Si tranquillo." ridemmo un'ultima volta prima che lui sparisse dietro la porta scura.
Voltai le spalle alla stanza e ritornai in camera.
Davanti alla porta c'erano tre ragazze, tutte della mia età. Cercai di ignorarle ed entrare in camera ma una di loro mi afferrò i capelli e mi fece gridare dal dolore. Era una ragazza non molto magra, i capelli rosso acceso esaltavano sui suoi occhi neri. Le altre due, bionde, stavano sghignazzando sotto il mio sguardo implorante.
"Quindi te saresti la fidanzatina del ragazzo nuovo?"
"Lasciami andare puttana, te non sai chi sono evidentemente." I miei occhi diventarono neri dalla rabbia, più scuri dei suoi.
"Come mia hai chiamata scusa? Non ho sentito?" Strattonò ancora più forte i miei capelli e un altro urlo fuoriuscì dalla mia bocca.
"Puttana." Le tirai un pugno allo stomaco che fece allentare la presa sui miei capelli quanto basta per tirarli via dalla sua mano. Le tirai una ginocchiata sullo stesso punto di prima che la fece piegare in due. Le due bionde mi afferrarono le braccia e mi fecero sedere a terra.
La rossa si alzò e mi scaraventò a terra definitivamente con un calcio sulla guancia. Poi le altre fecero il resto colpendomi ripetutamente sulla schiena e sullo stomaco. Volevo lui, in quel preciso momento. Il solo pensarlo mi fece riavere un po' di forza, tanto basta per afferrare una gamba di una delle troiette e buttarla a terra. Ci saltai sopra ed iniziai a tirarle i capelli talmente tanto da strapparle ciocche intere. Poi presi a tirarle pugni in faccia finche non svenne con un rivolo di sangue che usciva dal suo naso e dalle sue labbra, che probabilmente avevo rotto. Passai alla rossa e le tirai un calcio sullo stinco che la fece piegare di nuovo, qui le assestai alcune ginocchiate all'addome e infine una forte gomitata sulla schiena che la fece cadere ai miei piedi. Nel mentre l'altra bionda era corsa a chiedere aiuto per incastrarmi ma corsi più veloce di lei e le saltai addosso facendola cadere. Le nostre urla si fecero più forti e le infermiere arrivarono. Vedendomi a cavalcioni su di lei mi portarono via.
"No aspettate, è stata lei, io mi sono solo difesa." Iniziai a piangere perché sapevo cosa sarebbe successo.
"Non ti agitare Sophie, peggiori solo le cose." L'infermiera castana placò la mia ira e mi feci trasportare dal dottor Hoxen, che era anche il direttore del manicomio.
"Sophie Young...sapevo che non sarebbe stata una buona idea lasciarti con Ostuni... Mi deludi, sai? Lo psicologo White mi aveva detto che eri guarita o almeno un po', ma a me non sembra." Gli avrei tirato una coltellata in pieno petto in quel preciso momento, se solo non avessero confiscato il mio coltellino.
"Hai mandato in coma una ragazza, Serena Tompson, e una ha una costola rotta, Giulia Gregor, e hai rischiato di mandare in coma un'altra ragazza, Stefany Miller, la quale è nella stanza accanto che sta testimoniando la tua scenata psicopatica." Rivolsi lo sguardo alla parete piena di quadri che aveva indicato il dottore. La mia mente cercava di non far uscire le lacrime, ma la sensazione di perdere Lorenzo era più forte. Le goccie salate rigarono le mie guance.
"Sophie, non piangere. Sei stata in stanza da sola molti mesi, quasi un anno, ti sei abituata ormai. Per Lorenzo ci penserò io. A proposito, digli che lo aspetto quando lo vedi." Ora le lacrime si raddoppiarono e corsi fuori da quella stanza maledetta. Corsi in camera e Lorenzo non c'era. Presi un pezzo di vetro e lo passai schiacciando sulle mie braccia. Erano diventate rosse dal sangue e davanti a me ce n'era una pozza. Il vetro insanguinato cadde dalla mano ormai senza forza e il buio si impossessò pian piano dei miei occhi. Sentii delle scosse e aprii piano gli occhi.
"Sophie! Sophie dio ma che cosa hai fatto? Perché?"
"Lorenzo, non voglio perderti, non voglio..." La vista era offuscata e non riuscivo a vedere nitidamente il suo viso, ma vedevo lo stesso le lacrime di disperazione che uscivano dai suoi occhi.
Sorridevo, perché lui era li, con me. Lui era davanti di me mentre io... Io non l'avevo mai salvato.
Mi abbracciò e mi spostò sulle sue gambe.
"CHIAMATE UNA CAZZO DI INFERMIERA!" Urlava ripetutamente mentre le persone non facevano niente se non guardarci soffrire entrambi.
Solo un ragazzo andò a chiamarla.
"Andrà tutto bene, piccola, andrà tutto bene. Resterò vicino a te, sempre, non ti abbandonerò mai. Te l'ho promesso. Ora te promettimi di non andartene. PROMETTIMELO."
"Te lo prometto." Non ne ero sicura ma pur di dar speranza ad entrambi l'avevo detto. Ma cosa avevo fatto? Non volevo perderlo, e allora perché ho fatto tutto questo?
Le infermiere mi portarono via e il buio si impossesso di me. Il mio pensiero principale era di sopravvivere per lui, per rivederlo.

Psycho//LorenzoOstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora