Brividi

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La settimana trascorse come tutte le altre: un noioso insieme di giorni.
Venerdì era arrivato. Era giunta l'ora di andare a quella maledetta cena.
Alle otto sarebbe passata mia madre a prendermi. Stavo litigando con il cinturino della scarpa. Mamma mi aveva obbligato a vestirmi bene, con un vestito lungo fino alle caviglie blu e niente di meno che un paio di scarpe col tacco dello stesso colore.
Mamma fu un fulmine nel prepararsi, alle otto e un quarto eravamo già in macchina dirette verso la pizzeria.

Lasciammo l'auto in fondo al parcheggio e ci dirigemmo all'entrata del ristorante dove ci aspettava l'organizzatrice della serata. Mia madre la salutò con un caloroso abbraccio, poi si rivolse a me e la presentò: - Lei è Sonia, una mia vecchia amica e compagna di classe.
- Jessica, giusto? - mi chiese Sonia, io annuii. Poi aggiunse: - Sei proprio una bella ragazza! Molto piacere.
Io mi limitai a sorridere mentre le stringevo la mano.
- Venite vi presento mio figlio.
Alzai lo sguardo vidi un ragazzo che stava camminando verso di noi. Mentre avanzava ebbi il tempo di squadrarlo da cima a piedi: i capelli erano di un color biondo dorato quasi innaturale, tagliati molto corti ai lati e più lunghi nella parte centrale, come andava di moda, gli occhi azzurro cielo erano freddi come il ghiaccio e non lasciavano trasparire nulla. Aveva stampato sulla bocca un sorriso malizioso da sono-un-ragazzo-che-non-promette-nulla-di-buono, evidenziato da un piercing nero sul lato sinistro del labbro inferiore. Era così bello... qualsiasi ragazza sarebbe caduta subito ai suoi piedi. Ma io non rientravo nella "categoria: qualsiasi ragazza". Eppure ero rimasta come pietrificata, mentre lo osservavo camminare.
- Lui è Scott -, lo presentò la madre, fiera del suo piccolo stallone.
In lontananza si capiva che era alto, ma non mi aspettavo così tanto, quando ci raggiunse e mi affiancò mi sentii veramente piccola: indossavo i tacchi e mi superava di diversi centimetri. Era ancora più alto di Steve.
- Nome particolare -, intervenne mamma.
- Lo propose suo padre, era americano, e visto che pure a me piaceva molto, decidemmo di chiamarlo così.
- Bello, piace anche a me -, affermò mia madre - andiamo a salutare gli altri?
Scott spinse la porta d'entrata e con un gesto del braccio ci invitò ad entrare. Mia madre emise un risolino, decisamente imbarazzante - Che caro ragazzo!
Sonia sorrise con gli occhi pieni di orgoglio nei confronti del figlio.
- La galanteria dunque non è morta! -, scherzò mamma voltandosi e strizzandomi l'occhio. La guardai di sbieco e poi intercettai lo sguardo di Scott. Aveva un sorriso divertito dalla scenetta che avevamo appena messo in atto io e mamma e, ripetendo ciò che lei aveva appena fatto: mi strizzò l'occhio. E con questo cosa voleva dire?
Una volta giunti al tavolo, dopo i saluti e le dovute presentazioni, presi posto affianco a mia madre e Scott si sedette proprio di fronte a me.
Quel tipo sarà stato anche bellissimo, ma mi metteva tremendamente in soggezione. Già non ci sapevo fare con i ragazzi, figuriamoci con uno così!

Evitai quel suo sguardo glaciale per tutta la durata della cena, anche se sentivo i suoi occhi pesare su di me e il suo sorriso divertito nel notare il mio imbarazzo. Ma che caspita voleva?

***

La cena era finita, avevamo salutato tutti. Tutti, tranne Scott, ovviamente. Restai ben alla larga da quel ragazzo.
Ci stavamo dirigendo all'uscita del ristorante quando qualcuno mi bloccò il braccio. Il mio cuore fece una capriola appena mi voltai e mi ritrovai a scontrarmi con quegli occhi di laguna.
- Faccio così paura? - una voce profonda, intensa, sicura, mi penetrò dandomi una scossa e piccole scariche percorsero le mie vene. Solo un angolo della sua bocca si alzò in un mezzo sorriso a dir poco malizioso.
- Mi hai evitato come se avessi una qualche terribile malattia contagiosa - Mi lasciò andare il braccio e mi mise un foglietto in mano - Devi dare l'opportunità alle persone di farsi conoscere. - Non disse altro. Mi superò ed uscì dal locale.
Chiusi la mano trattenendo il foglietto di carta. Lasciai uscire il fiato che stavo inconsciamente trattenendo e deglutii nervosa. Rimasi immobile per qualche istante mentre nella mia mente cercavo di realizzare ciò che era appena accaduto.
Uscii anch'io dal locale e raggiunsi mamma.
- Che ti ha detto? - domandò non appena salimmo in macchina.
- Chi? - Finsi di non capire.
- Biondo, occhi azzurri, sorriso da togliere il fiato... vado avanti?
- Okay, okay! Mi ha solo salutata.
- Non ti ha staccato gli occhi di dosso per tutta la sera.
- Davvero? Non me ne sono accorta.
- Ah quindi il rossore sulle tue guance era dovuto al riscaldamento troppo alto?
Alzai gli occhi al cielo, tanto con il buio non mi avrebbe vista. - D'accordo ero imbarazzata! - ammisi davanti alla sua insistenza - ma perchè quel tipo è davvero inquietante. Non per altri motivi, non farti idee strane.

GUARDIAN - il mio angelo custodeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora