Uscii di corsa dalla stanza per chiamare aiuto. Vidi il dottore che aveva operato Mary e gli corsi in contro urlando per avvisarlo di ciò che era appena successo. Il dottore chiese ad una signora che passò accanto a lui di andare a chiamare qualcuno mentre lui corse nella stanza di Mary e io lo seguii. Venne raggiunto da altre infermiere ed entrarono tutti nella camera di Mary, ma mi obbligarono a restare fuori. Io scocciata mi sedetti su una sedia.
Il tempo non passava. Ogni secondo poteva essere cruciale. Il terrore aumentava dentro di me e l'ansia mi divorava lo stomaco. Abbassai la testa e mi presi i capelli con le mani e iniziai a pregare che Mary sopravvivesse.
Ogni istante controllavo l'orologio. Da un lato non volevo che uscisse nessuno perché avevo troppa paura della verità, ma dall'altro volevo sapere come stesse Mary. Passai il resto dell'attesa lì, ferma a pregare.
Ad un certo punto il dottore uscì. Nel momento in cui sentii la porta aprirsi il mio cuore si bloccò. Con l'espressione neutra di sempre mi fece segno di entrare. I medici era tutti intorno a Mary. Quando si resero conto della mia presenza abbassarono lo sguardo. Io stavo per scoppiare in lacrime. Un dottore si spostò e vidi Mary lì distesa sul letto.
Sentii una voce stanca e femminile dire:"Questo era uno dei miei test a sorpresa.". Era la voce di Mary. Alzò la schiena e mi sorrise. Io scoppiai in lacrime e corsi verso di lei abbracciandola. Non ci potevo credere ero così felice. Senza mollare la presa le dissi con voce ironica:"Sei una testa di cazzo, la prossima volta guarda prima di attraversare!". Lei rise e mi strinse di più. Ringraziai il dottore che mi disse:"Abbiamo dovuto sudare sette camicie, ma ce l'abbiamo fatta. Adesso sta bene, ma deve restare qui per ancora un paio di giorni, per assicurarci che vada tutto per il meglio. Ora vi lasciamo sole.".
Tutti i dottori e le infermiere uscirono. Tra di loro c'era pure la donna che mi aveva fatto il discorso sulla speranza. Mi guardò e mi fece l'occhiolino. Io le sorrisi e lei uscì. "Mi hai fatto prendere un colpo." Mary sorrise e fissò il soffitto:"Sono brava a far prendere colpi alla gente." risi e le diedi una leggerissima pacca sulla spalla.
Dopo qualche istante di silenzio mi chiese:"Tu credi in Dio?" non capii il senso di quella domanda, cosa c'entrasse con ciò che era appena successo:"Come mai questa domanda?"
"Sai, mentre ero sdraiata qui priva di sensi non riuscivo a sentire e vedere niente, riuscivo solo a pensare, allora mi sono messa a pregare Dio di sopravvivere.". Io esitai un attimo.
"Non so onestamente. Ci sono due possibilità: o non esiste, oppure esiste, ma si è stufato di sistemare sempre i nostri casini, e sono entrambe terribili.". Feci una pausa, poi dissi:"Diciamo che ti sei salvata perché sei una bomba.".
Lei appoggiò la testa sul cuscino e sorridendo guardò in alto, come se attraverso la parete riuscisse a vedere le stelle e dissi:"E tu ci credi?" senza rifletterci disse:"Sì. E credo che abbia inventato la marijuana perché si è stufato di riparare i nostri casini." io feci una mezza risata e poi disse:"Ne hai un po'?". Io la guardai e dissi:"Hem non credo che qui in Italia sia legale." sbuffò. "Mary mentre eri priva di sensi Smith mi ha chiamato. Sono riusciti ad avere il quadro, ma i nostri amichetti sono ancora vivi e inoltre c'è pure Luke che rompe il cazzo. Ha detto che deve pensare a cosa fare e che mi farà sapere entro sta sera.". Lei rise e scosse la testa:"Non ci credo, gli infallibili hanno fallito.". Dopo qualche minuto di silenzio mi guardò e mi strinse la mano. "Senti volevo ringraziarti."
"Di cosa?"
"I dottori mi hanno raccontato che sei stata lì tutta la notte e che eri così preoccupata. Nessuno lo aveva mai fatto per me. Mi conosci da così poco, come mai ti importa tanto di me?".
Sta volta sorrisi io, con quel sorrisetto che da l'impressione che chi lo fa crede di essere super intelligente perché gli altri non hanno capito una cosa per lui ovvia, quel sorriso che fa sentire superiore, il sorrisetto alla Mary, e poi le dissi:"Perché sei probabilmente l'unica persona che mi capisce e che mi capirà sempre, data la nostra situazione. In questi pochi giorni mi hai insegnato tante cose. Sai, solitamente me ne sbatto di tutto e di tutti, però con te.. non so è diverso. E sono così felice che tu stia bene.". Non sorrise. Si avvicinò a me con lo sguardo serio e mi abbracciò. Mi guardò con occhi dolci, non con il suo solito sguardo menefreghista. Restammo lì a chiacchierare e piano piano ci conoscevamo sempre di più. Ad un certo punto il telefono squillò; era naturalmente Smith:"Come sta Mary?". Gli spiegai in breve quello che era successo e poi disse:"Perfetto. Ascolta Tyra, ho parlato con il socio che mi doveva dare i soldi per il quadro, tranquilla non è un pazzo, è solo un riccone collezionista fanatico. Ad ogni modo ho parlato con lui. Come tu sai dovrei consegnarglielo tra 2 settimane, ma mi ha detto che se gli porto entro domani sera aumenta la paga. Vive anche lui a Boston, quindi dovremmo partire domani mattina.". Mary sarebbe dovuta stare ancora 2 giorni in ospedale:"Ascolta Smith, adesso Mary non può usc.." Mary mi fece segno di stare zitta e mi prese il telefono:"Smith domani mattina è perfetto, ci vediamo da Marco." e attaccò. Io la guardai stupefatta:"Mary ma..?"
"Oh dai adesso non fare la parte della brava ragazza, passami i miei vestiti sono sulla sedia.". Un po' dolorante scese dal letto e zoppicò un poco verso la finestra. "Sei sicura?" le chiesi. Lei annuii e si vestì. Si tolse la fascia che aveva sul braccio. C'erano alcuni lividi, non sapevo se fosse rotto, ma lo muoveva abbastanza normalmente, anche se si vedeva che si stava sforzando un sacco. L'aiutai a mettersi la maglietta. "Vai a controllare che non arrivi nessuno.". Sbirciai dalla finestra. Era troppo in alto, non potevamo uscire. "Mary qua è troppo alto, saremo tipo al terzo piano.". Mary imprecò. "Allora dobbiamo passare dai corridoi."
"Sei impazzita? Ci beccheranno subito!". Lei si avvicinò alla porta.
"Dobbiamo semplicemente attraversare questo corridoio, c'è un piccolo atrio e accanto all'ascensore c'è l'uscita d'emergenza. Più semplice di così.". In effetti sembrava piuttosto facile, troppo facile.
Restammo qualche minuto ferme a controllare che non passasse nessuno. Quando il corridoio fu vuoto aprii la porta e lasciai passare Mary che zoppicando corse verso l'uscita d'emergenza. Io la aiutai mettendole il braccio dietro la mia spalla. Aprimmo la porta che conduceva all'esterno e appena fummo dentro il pianerottolo che conduceva alle scale la chiusi. "Okay, ora dobbiamo solo scendere.". Lei zoppicante scese lentamente una scala, poi un'altra, un'altra ancora, a passo estremamente lento. Mi offrii per aiutarla ma lei rifiutò, ovviamente.
Dopo un'infinità di tempo fummo finalmente all'esterno. Finimmo in un grande parcheggio quasi vuoto. Dovevamo allontanarci il più possibile, allora ci facemmo spazio tra le auto per poi ritrovarci in un grande prato. Sembrava una collinetta, se si scendeva un po' si arrivava in strada e a quel punto avremmo potuto chiamare un taxi. La città illuminata nella notte era davvero bellissima, un paesaggio che mozzava il fiato.
Mentre camminavamo le chiesi:"Senti, tu sei di qua, ma come fai a parlare così bene l'inglese?". Lei, stranamente senza il suo solito sorrisetto, disse:"Non sono qua da molto, prima vivevo in California, sempre con Marco, poi per 'affari' ci siamo trasferiti qua. Ormai ci viviamo da circa 2 anni. C'è un sacco di criminalità qui. Puoi rubare un'auto che nessuno ti dice niente. Però non so c'è un atmosfera così piacevole. Il bello è che sono tutti gentilissimi, finché non ti metti contro di loro. Qua nessuno gira senza un coltello in tasca e non hanno paura di usarlo.". Disse quell'ultima frase con lo stesso tono che si usa per leggere una storia dell'orrore a un bambino, la voce un po' infantile e scherzosa, ma con un sottofondo di paura e minaccia.
Dopo aver superato la collinetta arrivammo in strada e chiamammo un taxi.Quando arrivammo a casa di Marco Smith ci disse:"Per fortuna Mary stai bene, siete state brave a evadere. Vi servirà in futuro. Domani si parte alle 6.00, meglio che andiate a dormire, è tardi e non ho intenzione di chiamarvi due volte domani.". In ogni frase che diceva Smith doveva metterci una minaccia, se no non era Smith.
Andammo in camera di Mary. Tirò fuori un materasso da sotto il letto e lo mise accanto al suo. L'aiutai a cambiarsi dato che era ancora un po' dolorante. Chiacchierammo fino a quando il sonno si impossessò di noi.La mattina seguente la sveglia suonò alle 5.00. Non avevo le forze di alzarmi. Mormorai:"Mary spegnila..". Non mi rispose. Sbuffai e mi alzai per spegnerla. Scrollai Mary e lei si mise il cuscino sulla testa. Continuai finché si alzò.
Appena fu tutto pronto ci preparammo per partire verso l'aeroporto.
Dormii durante il viaggio e cercavo di non pensare che dovevo salire ancora su quell'aereo. Verso le 6.00 arrivammo al piccolo aeroporto ed io, Mary, Joe, Jack, Smith e Marco salimmo sull'aereo di Joe e partimmo per Boston.
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Heart shot
FanfictionBeth ha una vita difficile. Ha a che fare con uno dei peggiori criminali in circolazione e per guadagnarsi da vivere ruba, spaccia e fa sesso a pagamento. Odiava la sua vita. I suoi genitori morirono quando aveva soli 8 anni e da lì venne tirata su...