Capitolo 30.

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La prima cosa che sentii prima di svergliarmi furono le note di una canzone che conoscevo...

"Florence + the machine dei Cosmic Love"

Ero seduta su una poltrona morbida che mi stava sballottando tutta.

Ero seduta su un sedile ma non sembrava quello della mia auto...

Aprii gli occhi lentamente per il mal di testa che mi era venuto.

Mi voltai a sinistra per vedere chi stesse guidando.

"Buongiorno". Sorrise felice guardandomi, per poi riconcentrarsi sulla strada.

Mi massaggiai la testa, confusa.

"Dove siamo?". Chiesi con voce flebile.

"In Georgia".

Mi vuole uccidere se ha fatto tutta questa strada!

"In Georgia?! No. Non è vero. Sul serio dove siamo?".

"Sul serio: siamo in Georgia". Sorrise.

Rimasi zitta.

"Come stai?". Mi chiese subito dopo.

"Io....io.." dissi toccandomi il collo, a disagio.

"Tranquilla, ho controllato. Non hai niente di rotto". Disse malizioso.

Alcuni ricordi si impossessarono della mia mente.

"La mia auto...c'era un uomo. L'ho investito. Ma poi si è alzato...". Borbottai.

"Vorrei sapere chi era". Disse Damon.

"Dov'è il mio telefono?". Chiesi tra me e me cercandolo come una disperata dentro alla borsa.

Non lo trovai e pensai che trovare un cellulare era l'ultimo dei miei problemi.

"Nessuno sa dove sono: accosta". Dissi, con tono preoccupato.

Lui fece finta di non sentire.

"Sono seria Damon, accosta!". Mi stavo innervosendo.

"Eri più divertente mentre dormivi". Sbuffò ma esaudì il mio desiderio.

Accostò davanti ad una lunga staccionata rovinata.

Appena misi un piede fuori dall'auto sentii una fitta di dolore e mi bloccai.

Damon arrivò subito dalla mia parte, preoccupato.

"Sto.. bene". Sussurrai.

Mi alzai senza il suo aiuto dopo pochi secondi.

"Ora torniamo subito indietro". Gli dissi, ancora.

"Nahh. Ormai siamo già arrivati fino a qui". Disse aprendo le braccia indicando il nulla.

Sì, il nulla perché eravamo in mezzo alle campagne.

"Perché lo stai facendo? Non posso andare in Georgia.
Ho distrutto la macchina quindi devo tornare a casa".

"Questo è un rapimento". Continuai urlando.

Mi mise una mano sulla spalla.

"È un po melodrammatico, non trovi?".

"Non sei spiritoso". Lo guardai male.

Ritirò la mano dalla mia spalla e le incrociò al petto.

"Non andremo in Georgia".

"Siamo già in Georgia".

Mi sedetti sul muso della sua macchina.

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