13-Mi dispiace

45 10 7
                                    

«Non posso», lo fermo a pochi centimetri dalle mie labbra. «Scusami», riprendo notando la sua espressione delusa.
Lui se ne sta lì, impalato con quell'espressione triste.
Non mi è d'aiuto.
Sono mortificata.

Mi allontano, mentre le lacrime segnano il mio volto.
Solo questo so fare: piangere e fuggire.

Mi tolgo le scomodissime ballerine che porto ai piedi e mi incammino lungo gli scogli che portano ad un faro, poco distante dalla riva.
Rallento il passo quando raggiungo l'alta struttura a strisce bianche e rosse.
La porticina di legno socchiusa scricchiola mentre la spingo verso l'interno.
I muri scrostati emanano un forte odore di muffa e sono ricoperti da foto, mappe, ritagli di giornale e scritte.
Un piccolo divano a due posti è collocato sul lato sinistro della "stanza", affiancato da un mobiletto di legno.
Sul fondo sorge una scala a chiocciola senza ringhiera.

Mentre sto curiosando in giro, sento dei passi che si avvicinano.
Oh no.
Non è stata una buona idea venire fin qua da sola, a quest'ora della sera poi...
Mi faccio coraggio inspirando profondamente.
Mi volto: è solo Andrea.
Emetto un sospiro di sollievo.
Sì, sono scappata da lui, ma sono contenta di vedere un volto familiare e non uno sconosciuto con chissà quali intenzioni.

«Ciao», inizia lui inespressivo.
«Ciao», replico io asciugandomi il viso.
«Questo è il MIO nascondiglio, non puoi rubarmelo»
«Oh, scusa. Me ne vado subito», dico dirigendomi verso la porta.
Scoppia a ridere.
«Ei Yle, stavo solo scherzando. Dovresti vedere la tua faccia!»
In effetti mi ero preoccupata dal suo improvviso atteggiamento scontroso.
Quasi mi aveva fatto paura.

Mi prende per mano e mi trascina su per le scale senza dire una parola.
I ripidi scalini di pietra grigia sembrano non finire mai; arriviamo in cima col fiatone.
Una ringhiera di metallo racchiude la piccola area circolare di cemento su cui poggiamo i piedi.

Mi avvicino alla balaustra, sporgendo leggermente la testa per ammirare il panorama notturno che ci circonda.
Il mare s'infrange ai piedi del faro, creando onde alte e rumorose.
I lampioni del paesino appaiono come piccoli puntini luminosi, ricordandomi lucciole immobili, incapaci di volare.
Il profumo di salsedine aleggia nell'aria e il vento tiepido mi scompiglia i capelli.

Andrea mi raggiunge, poggiando i gomiti sul corrimano.
«Sai, quando ero bambino mi nascondevo qui. Ogni tanto ci vengo ancora, quando sono triste o arrabbiato.», mi informa.
«E da cosa ti nascondevi?», chiedo curiosa.
«Papà spesso tornava a casa ubriaco e picchiava mamma. Un giorno, quando avevo solo sei anni, picchió anche me e distrusse uno dei miei giochi preferiti», racconta.
Si ferma sospirando.
Non mi va di interromperlo, così aspetto che continui.
Prende fiato e prosegue: «Avevo così paura che scappai di casa. La luce fioca di questo faro mi attirò e fu così che scoprii quello che sarebbe diventato il mio nuovo posto sicuro. Casa non lo era più.»
Racconta tutto questo con un tono di voce freddo, quasi inespressivo, come se l'argomento non lo toccasse minimamente.
Ma gli occhi lucidi lo tradiscono.
Deve aver sofferto molto durante la sua infanzia e ripensarci deve fare molto male, anche se cerca di non darlo a vedere.
È un ragazzo forte.
Mai e poi mai mi sarei aspettata che Andrea, col suo volto sorridente e gentile, avesse un passato così oscuro.

È un momento talmente ricco di emozioni che non riesco a dire nulla di sensato, se non un ridicolo "mi dispiace".
Lo abbraccio forte, cercando di consolarlo.

Senza aggiungere altro scendiamo le scale tornando al piano inferiore.
Apre un cassetto del comodino, estraendone un pennarello indelebile nero.
Mi fa appoggiare la mano al muro e ne traccia il contorno, facendo poi lo stesso con la sua.
Al di sotto delle sagome, scrive la data di oggi e una frase in corsivo:

"Ti ho conosciuto per caso, ed è stato il caso più bello della mia vita."

«Ora è il NOSTRO nascondiglio», afferma osservando la sua piccola opera con soddisfazione.

Guardandomi attorno posso notare altre frasi con la stessa scrittura.
Altre date.
Altri disegni.
Osservo anche le foto: solo ora mi accorgo che ritraggono particolari momenti della sua vita.
Alcune di esse sono sbiadite dal tempo; le sfioro con delicatezza, come se si potessero sbriciolare a causa del mio tocco da un momento all'altro.

Ha fatto di questa "stanza" una specie di camera dei ricordi. Per tenerli al sicuro.
Lui non mi fornisce alcuna spiegazione al riguardo, ma sono certa che la mia sia un'ipotesi esatta.

Usciamo dall'edificio, ancora in silenzio.
Si siede su uno scoglio lasciando le gambe a penzoloni.
Decido di imitarlo.
La pietra è fredda sotto le mie mani.

«Posso chiederti perché mi hai respinto? Ho sbagliato qualcosa?», mi domanda con profonda indecisione.
«No, non hai sbagliato assolutamente nulla. Solo che...», dico interrompendo a metà la frase. Non trovo le parole giuste.
«Solo che.. cosa?», chiede lui impaziente.
«Sì chiama Alex»
«È il nome del tuo fidanzato?», domanda confuso.
«No, non è il mio ragazzo ma...»
E alla fine mi lascio andare, raccontando per l'ennesima volta la complicata storia che riguarda me e quello strano ragazzo.
Gli racconto anche che in questi giorni si è fatto sentire giusto un paio di volte via Whatsapp, ma poi nulla. Da un momento all'altro aveva smesso di rispondere per chissà quale motivo.

È assurdo aver pensato ad Alex in quel momento magico, lo so. Eppure la mia mente si è subito diretta a lui, e io non posso farci niente.

«Capisco», afferma quando termino la mia narrazione.
Gli stringo la mano, intrecciando le nostre dita a mó di puzzle.
Sono contenta di aver trovato un amico speciale come Andrea.

«Beh non lasciamoci rovinare la serata», afferma mentre si alza in piedi.
Faccio lo stesso, in un'impaziente attesa di scoprire cosa mai gli passi per quella testolina.
«Ce lo facciamo un bagno?», propone osservando il mare sotto di noi.
«Ma tu sei pazzo», rido. Non penso faccia sul serio.
Me lo auguro.
-----------------------------------------------------------
Che ne dite di questo capitolo? È più lungo del solito...
E penso sia il mio preferito fin'ora!
Voi invece quale preferite?

My Perfect TroubleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora