Dove si narra dello sconsiderato odio tra due famiglie nella città di Verona
Nella bella Verona s'apre la nostra scena dove tra due famiglie di pari nobiltà da un rancore antico s'arriva a una novella lotta, che fraterne mani sporca di sangue fraterno.
E dalla carne mortale di questi due nemici nasce una coppia d'amanti sotto cattiva stella, la cui pietosa vicenda seppellirà, coi loro corpi, anche l'odio dei genitori.Verona è una bella città, distesa tra le colline e la pianura.
Il fiume Adige, facendo una curva, le abbraccia in una mezzaluna, dove sorgono palazzi e case signorili, con cortili, chiostri e giardini interni, circondati da un alto muro.
Gli antichi romani vi hanno lasciato tracce monumentali, che il tempo ha minacciato ma non distrutto. La città è formata da strade e vicoli, che si aprono su piazze e piazzette, dove si tengono i mercati e dove la gente si riunisce a chiacchierare e a discutere. Su tutto troneggiano alte torri, dalle quali si può ammirare il verde e rigoglioso paesaggio circostante.
Una città ricca e laboriosa che potrebbe vivere in pace nel benessere: è invece turbata da anni da un odio interno, da continue lotte, che spesso hanno sporcato di sangue le sue strade.
Due famiglie, i Montecchi e Capuleti, nobili allo stesso modo, si detestano a causa di torti subiti nel passato. L'origine vera della rivalità non la ricorda più nessuno, perché il risentimento e l'odio si sono alimentati con delitti e lutti reciproci.
I componenti delle due famiglie si sono insultati a vicenda, battuti, feriti o uccisi, nutrendo di volta in volta l'astio e la vendetta.
Il principe che governa la città, insieme ad altri nobili desiderosi di pace, è intervenuto più volte per cercare di tranquillizzare gli animi o per interrompere la lotta: ma l'ostilità e la crudeltà hanno sempre ripreso il sopravvento.
I rampolli di ciascuna famiglia sono stati cresciuti, allevati nell'odio: ognuno di loro, per il solo fatto di appartenere a uno dei gruppi, detesta l'altro. Lo stesso sentimento di inimicizia e di ostilità accomuna tutti i familiari e coinvolge i rispettivi amici, paggi e servitori.
Appunto due servi della casa dei Capuleti, Sansone e Gregorio, stanno in questo momento percorrendo un vicolo della città, accanto alla piazza: sono armati di spade e scudi, poiché nessun Montecchi o Capuleti oserebbe uscire di casa indifeso.
Sansone è muscoloso e alto, con una gran testa di ricci scuri, famoso per le gran bordate che riesce a tirare con la spada; Gregorio è più smilzo, bruno anch'esso, ma con un paio di occhietti astuti e sempre ridenti; ama scherzare, dire amenità, a volte anche volgari, e gli piace soprattutto canzonare l'amico Sansone, il quale non sempre riesce a comprendere le sue battute.
Sansone è certo che incontreranno, prima di rincasare, qualcuno di casa Montecchi: è pronto alla lotta e a non lasciarsi insultare passivamente.SANSONE - Colpisco velocemente, io, se mi provocano.
GREGORIO - Ma non sei veloce a farti provocare.
SANSONE - Mi basta un cane di casa Montecchi, e mi si muove tutto dentro.
GREGORIO - Se esser coraggiosi vuol dire restar fermi, muoversi vuol dire che sei pronto a scappare.
SANSONE - Un cane di quella casa mi muoverà a restar fermo. Starò sempre dalla parte del muro davanti a qualsiasi Montecchi.
GREGORIO - Ecco, lo vedi che sei un debole schiavo: sono i più deboli a esser messi al muro.Come se il destino li avesse uditi, succede che proprio in quel momento sbuchino da una strada laterale due servitori di casa Montecchi, Abramo e Baldassarre, armati anch'essi, i quali riconoscono immediatamente i due nemici che vengono loro incontro.
La vista dei temuti avversari non fa perdere il consueto buonumore a Gregorio, che continua a scherzare con il grosso e spavaldo Sansone.SANSONE - La mia spada è nuda, sguainata. Comincia tu a litigare, io ti starò alle spalle.
GREGORIO - Vuoi dire che volti le spalle e scappi?
SANSONE - Non aver paura.
GREGORIO - No, perbacco! Ho paura di te!
SANSONE - Non mettiamoci contro la legge: lasciamo che comincino loro.
GREGORIO - Passandogli davanti, gli lancerò un'occhiataccia. La prendano come vogliono.
SANSONE - O come osano. Io mi morderò un dito davanti a loro, sarà una vergogna se non reagiranno.
ABRAMO - Ve lo mordete per noi quel dito, signore?
SANSONE - Io mi mordo il dito, signore.
ABRAMO - Ma lo fate per noi?
SANSONE - Se dico di sì, siamo ancora nella legalità?
GREGORIO - No.
SANSONE - No signore, non lo faccio per voi. Però continuo a mordermi il dito, signore.
GREGORIO - Volete litigare, signore?
ABRAMO - Litigare? No, signore.
SANSONE - Perché se volete, signore, son qui che vi aspetto. Servo un padrone che non è inferiore al vostro.
ABRAMO - Neanche migliore, però.
STAI LEGGENDO
Giulietta e Romeo
RomanceI diritti riservati ad Elena Mutti. Trama: L'amore rende i due giovani protagonisti della tragedia così forti, da permettere loro di sfidare le regole della società del tempo e i pregiudizi degli adulti, sino a mettere in gioco la loro stessa vita.