Capitolo 1

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UN ANNO E SETTE MESI PRIMA.

Camminavo con la testa bassa, il cappuccio a coprirmi i capelli e gran parte del volto e i piedi che si muovevano a ritmo della musica che rimbombava nella mia testa grazie alle cuffiette. Stava piovigginando. In più ero quasi certa che avrei fatto tardi a scuola e che la professoressa di latino mi avrebbe messo la nota o mi avrebbe mandata in presidenza. Era la mia routine quotidiana. Nulla di nuovo. Sempre le stessa monotonia che fino a pochi mesi prima non pensavo potesse esistere. In effetti non ricordavo neanche più com'era la mia vita prima di arrivare al liceo.
Salii le scale d'ingresso con la mia solita andatura ed, entrando dal portone, mi abbassai il cappuccio e stappai le cuffiette dalle mie orecchie, come fossero tappi di bottiglie di vino.
Decisi di aumentare il passo solo per arrivare in classe con un minimo di affanno, giusto per far sentire in colpa la prof sulla punizione che mi sarebbe spettata. Non che ci tenessi cosi tanto ad entrare in classe poi... Anzi, più non entravo lì, meglio era per me.

<<Buongiorno professoressa, scusi il ritardo>>, dissi, subito dopo aver bussato alla porta della classe. Ed eccole lì: 27 facce (28, se includiamo la prof) che mi guardavano con diffidenza. Non guardai in faccia nessuno, se non la professoressa che mi sorrideva.
<<Entra pure, stavamo proprio iniziando la lezione>>, disse, tornando a rivolgersi alla classe. Per un momento pensai stesse scherzando, era veramente raro un comportamento così permissivo nei confronti dei suoi alunni. Poi entrai in classe e mi sedetti vicino alla mia compagna di banco. Sofia. Aveva capelli biondi e ricci e degli occhi azzurri stupendi. Purtroppo portava gli occhiali quindi i suoi occhi non venivano risaltati abbastanza come avrebbero dovuto essere.
<<Come va?>>, sussurrai, sistemando i libri delle prime ore sul banco.
<<Tutto bene. Sta spiegando i verbi in forma passiva, quindi sbrigati>>
Mi accomodai sulla sedia e prestai tutta l' attenzione che riuscii a trovare sulla professoressa. Il risultato fu scarso. Come al solito non avevo capito niente. Per questo avevo 4 in latino.
Alla fine dell'ora mi alzai e andai a chiedere alla professoressa se il giorno dopo avrebbe potuto rispiegare la lezione. In effetti non so perché feci quel gesto. Una parte di me era molto brava a non destare sospetti, molto brava a recitare, molto brava a nascondere segreti. Ma quel segreto che mi portavo avanti da settimane ormai aveva il diritto di essere svelato alla mia migliore amica di sventure, sofia.
Tornai al banco e presi un respiro profondo. Mi sedetti accanto a lei e iniziai a fissarla. Inizialmente non se ne accorse, dato che stava parlando con Martina, ma poi, una volta notato il mio sguardo fisso, mi guardò con aria interrogativa. <<Qualcosa non va?>>.
<<Ho deciso di cambiare classe, Sofia>>.

UN ANNO E CINQUE MESI PRIMA.

Passeggiavo, come ogni giorno a ricreazione, per i corridoi della scuola, insieme a Sofia.
<<Non posso crederci che hai preso 8 nella versione!>>, mi disse lei, strabuzzando i suoi stupendi occhi blu. Le sorrisi.
<<Lo ammetto, sono un genio>>. Ecco la vera me. Quella a cui piace scherzare, ridere e quella a cui piace rendersi ridicola. Avevo da poco ritrovato la vera me, quella che fino a mezzo anno prima sembrava scappata via, senza alcuna possibilità di ritorno.
<<Ma davvero! Andrà a finire che dovrai dare lezioni di latino tu a me>>, scherzò Sofia. Lei mi aveva aiutata molto quando ero nell'altra classe e questo non potrò mai ripagarlo. La sua dedizione, la sua presenza, la sua amicizia.... Queste cose, solo queste, mi tenevano attaccata alla realtà. Sembra impossibile ma è vero.
<<Cosa vorresti dire? Che sono troppo ignorante per poter arrivare ai tuoi livelli? Il mio prossimo voto sarà un nove e poi vedremo chi sarà a ridere>>, dissi, dandole una spinta amichevole.
<<Ridicola>>. Quella voce l'avrei riconosciuta ovunque. Era la voce del diavolo, la voce che mi aveva rovinata, quella voce che sentivo nei miei incubi. Rabbrividii, ripensando al mio periodo buio. Guardai impaurita Sofia, che ricambiò il mio sguardo con un'alzata di sopracciglia, segno che lui era dietro di me. Affrettati il passo e così fece Sofia. Sentii la sua risata allontanarsi sempre di più e sentii invadermi da un sollievo mai provato da molto tempo.
<<Non puoi continuare a fare così>>, mi rimproverò Sofia.
<<Non capisco cosa vuoi dire>>, le risposi. Poi la salutai e me ne tornai in classe, evitando la ramanzina che mi sarebbe toccata.

UN ANNO PRIMA.

Il rumore dei tacchi di mia madre rimbombavano all'interno del palazzetto e io mi sentivo sempre più in imbarazzo.
<<Salve, vorremmo informarci per la pallanuoto femminile.>>, la veloce formale di mia madre echeggiò all'interno della piccola stanzetta della segreteria. Il signore seduto dietro alla scrivania, capelli bianchi e apparentemente non più alto del metro e mezzo, mi squadrò dalla testa ai piedi.
<<Hai mai fatto nuoto?>>, chiese incerto. Quell'uomo non doveva essere molto intellettivo. Chiunque avrebbe pensato che facessi nuoto, lui no a quanto pareva.
<<Nuoto da quando ho tre anni, e agonisticamente sono ormai 10 anni che lo pratico>>, risposi con voce fiera. Mia madre mi rivolse un sorriso, uno dei suoi sorrisi incoraggianti, e io ricambiai.
<<Va bene. Ora vi lascio il numero di telefono dell'allenatrice e vi faccio firmare delle carte>>, disse con voce annoiata.
Finalmente la mia sfida stava per iniziare. Avrei sfidato me stessa. LUI infatti faceva pallanuoto, quindi la mia sfida consisteva nel riuscire ad ignorarlo, a non dargli peso. Ma soprattutto a non dare peso al suo comportamento.

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⏰ Last updated: Sep 18, 2016 ⏰

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