Passai le settimane successive alla domenica nel quale visitai la piccola casa rilassandomi un po', continuando ad immaginare la storia di quel palazzo.
Un giorno, in una mia fantasia, divenne persino la villa del Grande Gatsby, peccato mancassero la piscina, il paesaggio newyorchese e tanto altro ancora. L'epoca, però, era distante solo di dieci anni! Il Grande Gatsby è uno dei miei romanzi preferiti, anche se ha un finale tragico. Ma alla fine, quale miglior romanzo che si avvicina alla vita di tutti i giorni è quello con un finale così?!
Ed è proprio qualcosa di tragico quello che successe un martedì pomeriggio.
Mentre stavo percorrendo il sentiero, vidi una strana polvere nell'aria. Quando arrivai al gigante buono, non trovai neanche un gatto per darmi il benvenuto come di solito facevano. Aprii il cancello con cautela e mi avvicinai piano piano, poiché sentivo che c'era qualcosa che non andava. Notai che la porta della rimessa era aperta.
Entrai nella rimessa e mi ritrovai davanti a me tutto il clan felino sotto il tavolo: erano tutti terrorizzati. Mi avvicinai a Sergente e parlai con lui cercando di tranquillizzarlo: "Cosa è succ.." - neanche finì di parlare che si sentì un colpo secco provenire dalla villa e il rumore dei vetri che si stavano frantumando.
Non sono molto bravo nel descrivere gli edifici, ma cercherò di fare del mio meglio. Il palazzo era alto tre piani ed era diviso in due parti: la prima, quella sulla sinistra aveva quattro finestre (due per due piani) ed un'altra più grande sull'enorme tetto spiovente che terminava la struttura; la seconda, sulla destra e un po' più alta, aveva una grande finestra centrale ed altre tre più grandi sulla parte superiore, sotto un altro tetto spiovente.
Almeno questa era l'immagine dell'edificio sino a quel momento, ma poi girai lo sguardo e vidi una scena terrificante: il gigante buono si era fatto male sul serio.
Sembra sia stata colpa della pioggia abbattutasi violentemente sul tetto la notte precedente, che aveva fatto da peso aumentandone la sua fragilità e facendolo totalmente franare. La finestra era stata totalmente distrutta, gran parte della facciata si era squarciata.
Scoprì anche che una parte del tetto non era caduta verso la parte interna della struttura, ma sulla casupola distruggendo tutta la zona della cucina e dello scantinato (non che mi dispiacesse per quel posto orribile).
Dopo il crollo definitivo degli ultimi pezzi del tetto e dell'ultima finestra del secondo piano, tutti i gatti decisero di lasciare il territorio divenuto troppo pericoloso, ed era quello che dovevo fare anche io. Quel cortile stava divenendo solo un cumulo di macerie ma soprattutto di vetri.
Era una scena terrificante, il gigante aveva ceduto. Era il fallimento di una vita materiale dedicata al sostenersi senza alcun motivo e al rimanere lì a guardare l'alternanza delle stagioni in un viale desolato dopo essere stata la dimora di chissà chi. Sentivo rabbia dentro di me: odio ciò che viene dimenticato ed abbandonato ed odiavo anche chi lo aveva ridotto in quello stato pietoso.
Quando tornai a casa erano le 17.00, di solito ci mettevo soltanto mezz'ora per ritornare ma questa volta ci misi più di un'ora. Ero troppo giù di morale. Decisi di raccontare tutto a mia madre, così andai da lei.
"Mamma, come al solito..." - lei capì subito che era un'altra delle mie sventure e quasi sbuffando disse: "che è successo..."
"Hai presente la Strada Statale... quella sul versante di ***?"
"Sì, perché?"
"Lì c'era una piccola stradina dove andavo sempre, avevo un posto tutto mio dove rilassarmi"
"E quindi?"
"Beh ecco, c'era un palazzo, un muro a secco e dei gattini al quale davo da mangiare"
"No, ti prego, non dirmi niente, ti prego poi ci sto male!!!" - mia madre era molto amante degli animali e come aveva sentito la parola "gattini" associata ad un posto abbandonato già stava pensando a scene tremende
"I gatti stanno bene, o meglio, spero... sono scappati via. Questo palazzo si trovava tra un mucchio di alberi di ulivo e di quercia ed era molto bello, mi piaceva molto come posto e ci andavo sempre quando ero un po' giù! Solo che oggi è crollato..."
"Cavolo, e adesso?" - logicamente mia madre non è che potesse dire qualcosa di meglio, quella storia detta così non sarebbe importata a nessuno
"Aveva un valore affettivo per me! Come devo fare..."
"Muoiono le persone! Figurati se non crollano i palazzi abbandonati!"
"Sì ho capito, però..."
"Purtroppo non possiamo farci nulla. Magari un giorno puoi ristrutturarlo, chissà, se ti piaceva tanto..."
"Era abbandonato da più di cinquant'anni, aveva una storia che ora non riuscirò mai a capire e che voglio scoprire. Voglio sapere chi ci viveva o almeno cosa fosse stato."
"Perché non chiedi a qualcuno? Magari a scuola o in chiesa o magari alla nonna, può darsi che lo sa"
"Hai ragione, ma non voglio svelare l'identità del mio posto segreto!"
"Se vuoi scoprire la verità dovrai dirlo per forza..."
Intanto arrivò mio padre, che aveva sentito parte della conversazione: "Ero giovane io ed era già vecchio e fatiscente, figurati adesso! Ci andai una volta: si ruppe la macchina del nonno e si fermò proprio in quella stradina lì. Mi ricordo solo che era molto grande e c'erano tante casette intorno, poi non la trovai nemmeno più quella stradina. Allora non me la sono sognata!"
Terminata quella discussione mi sentì abbastanza meglio e soprattutto libero da un enorme peso, che sollievo!
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Storia di un palazzo che fu
General FictionQuesta è la storia di un palazzo abbandonato durante la seconda guerra mondiale. All'inizio era solo il posto potevo rilassarmi ma poi divenne lo scopo della mia vita, dopo averne scoperto i motivi dell'abbandono durante numerose avventure. E' una s...