Capitolo XIX

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Sussultai. "Lo sapevi sin dall'inizio?"

"Nessun insegnante ha una stanza su questo piano" eluse la mia domanda Beatrice. "Ma è stato piuttosto divertente vederti fingere di considerare Corinne una sconosciuta, anche perché sei troppo egoista per soccorrere una persona con cui non hai alcun legame affettivo. Ora potresti dirmi, sul serio, cos'è successo?"

Rimasi a fissarla per alcuni secondi, sulla difensiva. "Perché dovrei fidarmi?"

"Forse perché noi due abbiamo avuto una conversazione che, in caso venisse riportata a Miss Key, sarebbe un motivo sufficiente per farmi perdere questo lavoro?" ironizzò.

"Ero venuta qui per parlarle" esordii, dopo una lunga esitazione. "Lei non c'era. Ho trovato quelle lettere, sparse lì sul pavimento, e le ho lette per pura curiosità."

"O pura invadenza" ribatté Beatrice, serafica. "Punti di vista."

"Lei ha visto me, ha visto le lettere ed è scoppiata a piangere. Ha iniziato a ripetere frasi prive di senso, finché io non l'ho fatta tornare in sé con uno schiaffo."

"Molto delicata."

"Allora si è alzata ed è quasi svenuta" terminai.

"Comprensibile. Immagino abbia trentanove di febbre o giù di lì."

"Ma lei non è vecchia. Non è una bambina piccola. Perché sta male?"

"Il Marchio è strettamente connesso alle emozioni. Fortifica quanto indebolisce. È possibile che uno shock, o un evento difficile da elaborare, o..." S'interruppe bruscamente, gli occhi pensosi puntati sui fogli di carta abbandonati a terra e la cesta rovesciata. "Mi puoi dare la lettera che stavi leggendo?"

"Non ero io a essere invadente?" la accusai.

"O curiosa. Punti di vista, ribadisco."

Raccolse quindi dal pavimento i pezzi di carta e cominciò a scorrerne le righe, la fronte aggrottata e un'ombra di tristezza che calava come una tenda polverosa sul suo sguardo.

"Non fatico a immaginare perché stia così." Distolse l'attenzione dalla carta e lasciò una carezza sulla guancia di Corinne. "Oh, bambina mia. Perché ti sei tenuta tutto dentro?"

"Faraji... lui è davvero..." Fratello. Non riuscii ad articolare quel suono. Otto spine conficcate in gola.

"Sì. Sono fratelli di sangue."

Una botta allo stomaco, la stanza di Corinne vibrò qualche istante sotto il colpo.

"Lei non me ne hai mai parlato."

"È un argomento molto delicato" ribatté Beatrice. "Ti assicuro che non ha mai avuto il coraggio di affrontare la questione solo perché tu non la guardassi in modo diverso."

"Lei mi ha detto che l'Heddem Institute l'ha presa dall'orfanotrofio a sei anni, che le hanno offerto una vita migliore." La mia voce si spezzò, nel rendermi conto d'un tratto quanto quella realtà, che fino al giorno precedente avevo accettato di buon grado, fosse troppo serena, troppo limpida, per le mura severe dell'Istituto. Una menzogna dalle vesti brillanti. "Non è così, vero?"

Beatrice guardò in tralice Corinne, intenerita. "No, in effetti è una storia piuttosto surreale e fiabesca, ma all'età a cui te l'ha raccontata non avrebbe potuto osare di più."

"E perché non me l'ha detto dopo?" ribattei.

"Non ti avrebbe mai messo addosso un peso di tale portata. Per quale motivo avrebbe dovuto, d'altronde?"

BlackvoyantDonde viven las historias. Descúbrelo ahora