Appena arrivarono davanti a casa di Pete, Mikey si sentì più a suo agio.
"Pete, sei la seconda persona a cui rompiamo le palle perché non vogliamo andare a casa, ci apri?" urlò Lindsey, senza neanche suonare il campanello.
Pete si affacciò dalla finestra del secondo piano e la guardò con un'espressione confusa.
"Butta la treccia" scherzò lei.
"Non si usa più il campanello?"
"Detto da uno che assedia le case degli altri con una scala a pioli..."
"È successo una volta! Una!" protestò Pete.
"Perché dobbiamo sempre discutere sullo zerbino?" li interruppe Mikey.
"Vengo ad aprirvi" disse Pete, sparendo dentro la casa.
Pochi secondi dopo fu dietro la porta principale, armeggiando con le tre serrature che la proteggevano.
"La prossima volta porto un ariete" borbottò Lindsey quando finalmente riuscirono ad entrare.
"Cosa stavi facendo?" chiese Mikey a Pete.
"Stavo suonando il basso. Vuoi vedere?"
Mikey annuì, interessata. I suoi genitori le avevano comprato solo una chitarra acustica, ritenendolo lo strumento più adatto ad una ragazzina come lei.
Pete sorrise e corse a prendere il basso in camera sua, poi si fiondò giù dalle scale rischiando di inciampare.
"Tutto bene?" chiese Mikey, preoccupata.
"Sì, sì. Siediti sul divano" rispose Pete, spostandosi un ciuffo di capelli dagli occhi.
Si posizionò davanti alla TV, collegò lo strumento all'amplificatore e cominciò a suonare. Dopo qualche minuto alzò gli occhi dalle corde per guardare Mikey e si sorprese quando la vide con un'espressione triste. Sembrava che non stesse neanche ascoltando.
Pete smise di suonare e si avvicinò all'amica."Ehi, cosa ti prende?" chiese, preoccupato.
"Niente."
"Lo sai che a me puoi dirlo."
"È un po' che mi sento a disagio" mormorò Mikey. Sembrava che parlarne le costasse una fatica immensa.
"Da quanto?"
"Qualche anno."
Lindsey nel frattempo li osservava in silenzio, sentendosi di troppo.
"Riesci a capire perchè?" chiese Pete.
"Succede quando mi guardo allo specchio, quando mi chiamano Michela, anche solo quando dicono 'lei' per riferirsi a me. Mi sento come se non fosse giusto."
Stava buttando tutto fuori in quel momento. Non l'aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Gerard."Cosa vorresti cambiare del tuo aspetto?"
"Un sacco di cose. Vorrei avere i fianchi più stretti, la vita più larga, le labbra diverse. Non so come spiegarlo, è come se fossi nel corpo di qualcun altro."
"Vorresti essere più maschile?" chiese Pete.
Mikey annuì.
"Vorresti essere trattata come un maschio?"
Mikey annuì nuovamente.
"Okay."
Mikey lo guardò stranito.
"Pensavo che avresti reagito male.""Perché? Sei il mio migliore amico" disse Pete con un sorriso.
"Grazie" disse Mikey, abbracciandolo.
Il mio migliore amico. Suonava bene."E poi mi aspettavo qualcosa del genere. Più o meno avevamo notato tutti che c'era qualcosa che non andava."
"È così evidente?"
"Fosse stato solo per i vestiti larghi non ci avremmo pensato, ma basta guardare la tua espressione ogni tanto per rendersene conto" rise Pete.
"Gli altri cosa ne pensano?"
"Bob dice che ti passerà presto, ma tanto a nessuno importa quello che pensa Bob."
Mikey rise, sollevato. Era stato così semplice.
"Lindsey" chiamò Pete.
"Sì?"
"Opinioni?"
"Tanto si sapeva già. Fai quello che ti pare, se ti fa star bene."
"Grazie, davvero" sorrise Mikey
"Cambiando argomento ma non del tutto" intervenne Lindsey "ne hai parlato con tuo fratello?"
"Non sapevo come cominciare."
"Amico, dovresti dirglielo. Lui è tipo il maestro di queste cose" disse Pete.
"Gli dico di venire qui?" propose Lindsey.
"È al cinema con Patrick."
"Allora gli scrivo e gli dico di venire qui dopo. Tu ti senti pronto a dirglielo?"
Mikey ci pensò un attimo. Sarebbe stato più semplice parlarne davanti ai suoi amici che avevano già un'idea generale della situazione piuttosto che cominciare da zero e da solo.
"Sì" decise.
"Digli che anche se viene Patrick va bene.""Okay. Fatto" disse Lindsey.
"Ora cosa facciamo intanto che li aspettiamo?""Guardiamo un film?" propose Mikey.
"Oppure potremmo andare fuori a respirare aria pulita e giocare come tutti i bambini normali" disse Pete, sarcastico.
"Hai ragione, stiamo chiusi in casa e non usciamo finché è buio."
-
Gerard guardò il display del cellulare e non si sorprese quando vide un messaggio di Lindsey, dopotutto le aveva chiesto di dirgli come Brendon avrebbe sistemato le cose con Ryan. Fu deluso quando vide che gli aveva solo detto di venire a casa di Pete perché Mikey doveva dirgli qualcosa. La cosa che gli diede più fastidio fu il fatto che non aveva specificato cosa, solo una cosa.
"Chi è?" chiese Patrick sporgendosi per leggere. Gerard sorrise notando la differenza di altezza tra lui e il suo ragazzo.
"È Pete, dice che Mikey deve dirci qualcosa e dobbiamo andare a casa sua."
"Allora andiamo" disse Patrick, prendendolo per mano.
Gerard non sapeva descrivere con precisione il rapporto che lo legava a Patrick. Ufficialmente erano fidanzati, ma lui non sentiva niente di particolare quando pensava al suo ragazzo. Certo, era simpatico e gli piaceva trascorrere del tempo con lui, ma non aveva mai sentito farfalle nello stomaco quando pensava a lui, né aveva mai avuto l'impulso di baciarlo. Patrick era una certezza: Gerard sapeva che ci sarebbe stato per lui, ma non provava quello che molti chiamano "amore" in senso romantico.
Forse non era giusto. Pensò che avrebbe dovuto lasciarlo, ma si disse di farlo più tardi, perché in quel momento dovevano pensare a Mikey.Mai una volta che sappia come finire il capitolo oh
Che poi l'ho scritto dall'iPhone a scuola perché mi è stato requisito tutto il resto quindi thumbs up per quelloEeeeee sto pensando ad una cosa
.
.
.
Peterikey
Io dico che ci staxoryan
STAI LEGGENDO
sta roba è vecchia raga non leggetela
FanfictionMi avevano detto che non potevo scrivere una storia con più riferimenti possibili ai Panic! At The Disco senza farla risultare ridicola. Forse avevano ragione. Intanto voi vi beccate questo classico high school AU semi-demenziale che scriverò quando...