TOMMASO

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Il mattino seguente Anna ed io ci ritroviamo seduti al tavolo della cucina a fare colazione nella casa dei suoi nonni. Tengo in mano il telefono con scritto il numero di Giulio. «Quindi, fammi capire bene...» esclama Anna mangiando dei cereali da una tazza con il latte. «...Noi stiamo per chiamare un compagno di scuola di Tommy, perché te l'ha detto un altro compagno di scuola di Tommy, che hai contattato grazie a un intuizione della tua ragazza che per'altro, aperte virgolette, flirtava con Tommy, chiuse virgolette, chee per di più sei riuscito a incontrare grazie a una sua chiamata al telefono di Tommy, che ti ha dato la povera Michela prima di suicidarsi, solo per chiedergli se è stato lui a mettere strane idee in testa a Tommy e quindi farti litigare con lui?» «Esattamente!» «Bene... E questo non lo chiami indagare?!» «A mia difesa posso fare solo una cosa...» Premo il pulsante di chiamata «Sei incredibile...» Sospira lei. Aziono il viva-voce:
Pronto. - Esclama una voce assonnata maschile.
Si, ciao. Parlo con Giulio? - Esclamo.
Certo, chi mi vuole a quest'ora?
Si, te non mi conosci. Ma io conosco te...- Non so più che cosa dire. Guardo Anna.
Buono a sapersi. Mi devi rompere le palle ancora per molto?! - Inizia a incazzarsi.
No quello che ti volevo dire era che... - Anna si mette le mani tra i capelli. Era disperata.
Quello che ti volevo dire era che... Che ti devo parlare per discutere di una cosa?!
Che cosa? Ma chi cazzo sei? - La voce era sempre più incazzata.
Sono colui che ti spaccherà il culo! - Anna lascia cadere il cucchiaio nella tazza. Era sconvolta.
Addirittura. Guarda non ho voglia di scherzi del cazzo di prima mattinata. Quindi vaffanculo e ciao. - Riattacca.
«Bene... il mio piano di chiamare Giulio per andargli a parlare non ha funzionato!» Lancio sul tavolo il telefono. Anna ha il viso sconvolto. «Ma... che cosa era quello?» Si mette a ridere. «Quello cosa?» «Quel... SONO COLUI CHE TI SPACCHERA' IL CULO... Eri minaccioso quanto un gatto castrato!» «Non sapevo più cosa dire... ero entrato nel panico!» «Ecco...» Prende il mio telefono dal tavolo «...guarda fai fare a me!» «Cosa vuoi fare?» Se lo avvicina all'orecchio e chiama Giulio:
Guarda che hai rotto il cazzo con questi scherzi! - risponde. Anna tira fuori la donna super-sexy che è in lei. E con una voce ingenua e calda risponde.
 Scusami Giulio.
Chi cazzo sei te?
 Sono Anita. Perdonami il mio fratello ha picchiato la testa da piccolo. mi ha preso il telefono e ti deve aver chiamato. Poveretto non ci sta più con la testa. Capisci?
Il fratello? Va beh. Non ho voglia di rotture di cazzo. quindi cia...
No aspetta!
Cosa c'è ancora?!
 Devo pur farmi perdonare in qualche modo. Sento dalla tua voce che devi essere un vero maschio. Mi piacerebbe incontrarne uno come te. Spero tu non sia fidanzato.
Fidanzato? Io? - E gli ormoni del povero Giulio salirono alle stelle! E sinceramente quella voce così sensuale e trasgressiva mi ha fatto eccitare un po anche me. Non avevo mai sentito parlare Anna in quella maniera. Era favolosa.
Meno male. Vorrà dire che sono una ragazza molto fortunata. Diciamo che ci possiamo vedere per un caffè solo io e te. Che ne dici?
Certamente! Mi sembra giusto.
Perfetto. Allora domani ti voglio al Bar Corona alle sedici. Lo conosci?
Ok. E poi se tutto va bene, ti posso portare a fare un giro. Magari si può andare a bere qualcosa.
Certo. Magari un Mojito o due.
 Oppure un buon Sex On The Beach. E magari dopo potremo fare Sex In My Home.
Si... come?- La voce di Anna ritorna normale.
Ho detto che si potrebbe bere un Sex On The Beach.
Si ok. Allora a domani. Ciao. - Riaggancia.
Questa volta sono io a guardare Anna strabiliato. «E quello che cos'era?» «Quello cosa?» «Sembravi uscita da un film porno!» «Fede io ho qualche asso nella manica che te non hai...»Si indica le tette. «...forse due o tre assi nella manica che te non hai.» «Anna non finisci mai di stupirmi! Ma dimmi...» Faccio un piccolo sorrisetto. «Chi è Anita?» «Chi?» «Prima ti sei chiamata Anita. Perchè?» Anna si mette a ridere. «Non  potevo di certo dirgli il mio nome... Dovevo improvvisare!» «Ho capito...» Guardo l'orologio. «...è mezzogiorno e mezzo sarà meglio iniziare a preparare qualcosa da mangiare?» «Hai proprio ragione! Io preparo il pranzo e te riordina la casa.» «Va bene.»
Una volta pranzato siamo ritornati in città.
Sono circa le 3 del pomeriggio e Anna e io siamo seduti al nostro solito tavolo al bar Corona. Stiamo aspettando che il misterioso Giulio si faccia vedere. «Secondo te si farà vedere?» chiedo. «Certamente! Nessun uomo può resistere alla mia voce sensuale!» «Ormai manca poco meno di un ora... e poi finalmente scoprirò cosa ha detto questo Giulio a Tommy per farlo incazzare tanto da prendersela con me.» Non stò più nella pelle... sono elettrizzato. Finalmente conoscerò questo Giulio... Cazzo! Non so come riconoscerlo! Come riconosco uno che non ho mai visto in vita mia?! Non posso di certo iniziare a chiamare a caso tutti i Giulio del mondo. «Anna...» lei alza lo sguardo dal telefono. «Cosa c'è?» «come faremo a riconoscerlo? Non sappiamo nulla di lui...» «Semplice...Verso le quattro lo richiamerò, gli chiederò dove si trova e come farò a riconoscerlo.» «Si... ok... ma cosa gli dico? Hai visto anche te che non sono per niente bravo con le parole!» «Bhe... quello te la dovrai vedere te. Improvvisa, le parole ti usciranno dalla bocca in modo spontaneo.» «Improvviso?» guardo Anna sconvolto. «Questa è l'idea più idiota che tu abbia mai avuto!» «Bhe... allora fai come ti pare!» Risponde turbata. «Ho capito... quella di venire qui è stata l'idea più idiota che IO abbia mai avuto.» non ce la faccio più. Ho l'ansia a mille. Sono nervoso. Nemmeno quando ho fatto l'esame di maturità avevo tutta quest'ansia addosso. Non ci riesco. Sudo. Anna mi appoggia una mano sulla mia. «Fede... calmati!» Faccio una piccola risata «Lo so, devo stare calmo... ma ho una voce nella testa che mi dice che sto facendo una cazzata. Che non ce la farò mai... Sono un disastro Anna...» «Allora... non mi entrare nel panico...» Anna fa un respiro profondo. «Adesso ti vado a prendere un bicchiere d'acqua così ti calmi. Va bene?» Faccio un si con la testa. Anna si alza e va al bancone del bar.
Nel frattempo sento aprire la porta del bar. Eccolo è lui. È Giulio. Mi giro verso la porta. Cosa gli dico? Cosa m'invento? Mille parole da dire. Nessuna che esce fuori. Guardo il ragazzo nel viso. «Ma tu sei...» Cazzo. Non è Giulio. «il fratello di Martina!» Il ragazzo che era appena entrato non è per niente Giulio, ma quello scansafatiche del fratello di Martina, l'ho incontrato a casa sua qualche giorno prima.Ricordo che era un vero rompicoglioni. Mi disse di lasciare subito Martina perchè secondo lui era “una troia”. Bel fratello devo dire. Che cosa ci faceva qui? Mi guarda con aria disattenta. «Ti conosco?» «Si... sono il fidanzato di tua sorella... ricordi?» Lui mi guarda dall'alto verso il basso. «Ah... sei il poveraccio che mi fissava in cucina.» gli parte una grossa risata. «E allora come va con mia sorella? Te la scopi ancora? O ti ha già buttato in mezzo alla strada come gli altri?» «E' passato poco meno di una settimana.» Lo guardo infastidito. «Cazzo! Allora è una cosa seria, scusa.» contina a ridere. «Senti, mezza cartuccia, adesso ho un'appuntamento con una ragazza, tra qualche minuto, qui al bar, se non ti dispiace vorrei evitare di farmi vedere con un sacco della spazzatura come te vicino... non so se mi spiego.» «No... guarda non sarò di certo io a darti noia...» «Bravo... ora levati dalle pal...» Il rumore di un vetro rotto non gli da il tempo di finire la frase. Mi giro di scatto. Dietro di me Anna. È impietrita in piedi. Fissa. Immobile. Ai suoi piedi c'è ciò che ne rimane del mio bicchiere d'acqua. Tutta l'acqua si stava spargendo per il pavimento. «ANNA!» Corro da lei. Lei scuote la testa come se uscisse da una specie di ipnosi. Guarda il bicchiere in frantumi per terra. Si piega frettolosa. Senza dire una parola. «Ti sei fatta male?» L'aiuto a prendere i piccoli pezzi di vetro seminati per terra. «Fede...» Sta piangendo. «Anna è solo un bicchiere, non ti preoccupare.» Gli appoggio una mano sulla spalla. «No! Fede, tu non capisci!» Tiene la testa bassa. Intravedo le lacrime scendergli dalla faccia. «Cosa? Cosa non capisco?» «non è possibile... non è lui...» singhiozza «non può essere lui...» «Anna che stai dicendo?»
Il fratello di Martina si avvicina ad Anna. «Che ti è preso?» gli sfiora la spalla con un dito. Anna si gira di scatto. Ha la faccia rossa. «NON MI TOCCARE!» Non l'ho mai vista così. Era impaurita. «Lasciala stare!» esclamo. «Mamma mia! Per una volta che nella mia vita provo a dare una mano vengo trattato così di merda!» Si lamenta lui. Anna è appoggiata con le spalle verso una sedia del bar. «non mi toccare di nuovo... non lo fare...non di nuovo...» «Anna cosa stai dicendo?» Mi guarda. «Fede... è lui!» «Lui chi?» «GIULIO! LUI E' IL GIULIO CHE MI HA VIOLENTATA!» urla incazzata verso di me. Scende un silenzio di tomba nel locale. I baristi sono scioccati. I clienti sono scioccati. Io sono scioccato. Ma io lo ero più di tutti. Stavo collegando tutti i punti. Lui è il Giulio di cui mi parlò tempo fa Anna, quel Giulio che l'ha violentata, quel Giulio che l'ha messa incinta e poi se né andato, ma quel Giulio non poteva essere lo stesso Giulio che ha detto a Tommy quelle cose, è impossibile. Ma che cazzo... Lui è qui che aspetta una ragazza! Quella ragazza è ANNA! LUI E' GIULIO! Non può essere. È il fratello di Martina! Della mia ragazza! Non può essere vero!
«Che cazzo sta dicendo questa qui?» esclama lui. «Cosa vuole da me?»
Non ci posso credere. Lui è l'uomo che ha rovinato la mia vita e quella dei miei amici.
E più ci credo e più che sembra impossibile.
Era lui.
Con un balzo mi lancio contro il suo bacino. Entrambi cadiamo a terra. Sono sopra di lui. «Che cazzo stai facendo?» esclama. «Che cosa gli hai detto?» esclamo e gli tiro un cazzotto sul viso. «Voglio sapere che cosa gli hai detto?» A ogni parola lanciavo cazzotti nel viso, rompendoni il naso, spaccandogli il labbro, sentivo il suo sangue sulle mani, sentivo la rabbia che fuoriusciva da ogni pugno. «A chi? Che cazzo stai dicendo? Aiutatemi! È impazzito!» Esclama lui. I clienti fanno finta di non vedere. Sento uno dei baristi chiamare la polizia. «A Tommaso! Che cosa hai detto a Tommaso Giovannelli per farmi odiare?!» Anna sta piangendo. «Tommaso Giovannelli? Ho capito! Te sei quel finocchio di amico del Giovannelli. Mi ricordo benissimo cosa gli ho detto l'ultima volta. Abbiamo parlato tutta la sera di come lo prendevi per il culo, che gli volevi ciullare i soldi del suo conto, che lo spregiavi ogni volta che ne avevi l'occasione...» sputa del sangue per terra «e mentre si parlava gli clonavo la carta così mi rifacevo le tasche io. Non credevo che quella testa di cazzo ci credesse.»Si mette a ridere di gusto. Il sangue per terra si stava mischiando all'acqua del bicchiere. «Gli hai clonato la carta...» mi parte una risata isterica. «tu hai fatto uccidere il mio migliore amico per clonargli una stupida carta!»  La rabbia mi sta percorrendo tutto il corpo, le mani non esitano a spaccargli la faccia a ogni parola che dico, sento il suo viso spaccarsi, i denti rompersi, le nocche mi fanno male, mi sanguinano. Poi. Un dolore lancinante al torace. Come se un coltello mi stesse infilzando, ma non è un coltello. Mi guardo la pancia. Il fondo del bicchiere rotto è infilzato al disotto della costola sinistra, e la mano di Giulio lo sta spingendo sempre di più in dentro. Fa male. Molto. Poi d'improvviso. Nessun dolore. Non sento più nulla. Come è arrivato il dolore se né andato. Sento il rumore delle sirene della polizia misto al pianto disperato di Anna. Non vedo più niente. Non sento più niente. Tutto nero. Sono morto? No. Sento di esserci. Sento di sentire. Mi sembra di galleggiare nell'acqua. Sto bene. Non c'è nessun rumore. Ma sento della confusione. Non c'è nessuna luce. Ma sento il calore del sole sulla pelle. Non è come quando faccio la doccia. Che mi esterno dal mondo. Questa volta sono veramente esterno al mondo. Non sto dormendo. Ma non sono sveglio. È tutto complicato e talmente semplice. Mi muovo in questo infinito vuoto. C'è una figura davanti a me. Non lo riconosco. «Chi sei?» parlo non emettendo suoni. La figura si fa sempre più nitida. Mi guarda. «Chi sei?» niente. La figura si avvicina. È un bambino. Mi guarda. Sorride. «DAI! PASSA!» «Che cos...» Una palla mi passa attraverso il torace. Che cosa? «Dai muoviti che tra dieci minuti bisogna ritornare a casa! Tommy!» Tommy? Mi giro. Non vedo Tommaso. Davanti a me c'è solo un'altro ragazzino. L'altro ragazzino stoppa la palla con un piede. Poi con un calcio se la porta sulla testa. «Guarda cosa so fare!» «Eddai Fede, questo gioco lo facevo da bambino!» Esclama Tommaso. Io lo guardo e rido «Perchè adesso cosa sei?» esclamiamo io e l'altro bambino in coro. Aspetta. Ma quello sono io. Mi ricordo questa scena. Eravamo io e Tommaso da bambini. Che cosa sta succedendo? Il piccolo Me passa la palla a il piccolo Tommaso. Che con un calcio tira la palla in aria. Fa un balzo gigantesco per poi finire sopra una recinzione forandosi. «Ecco. Guarda che cosa hai fatto!» Esclama il piccolo Me con le lacrime a gli occhi. «Ehehe va beh. Te ne coprerò un altro. Te lo prometto.» Ricordo che quel pallone alla fine non me lo ricomprò più. Eravamo bambini, cosa potevo aspettarmi. Mi giro e i bambini non ci sono più. «Dove siete?» La voce non esce ancora dalla mia bocca. Vedo un'altra sagoma. Di nuovo un ragazzino. Sono ancora io. Avrò circa 13 anni. Intorno a lui c'è una ragazzina che saltella. «Ma quella è...» «ANNA!» Esclama il piccolo Me. «Ehi! Fede!» Che cosa facevamo? Anna smette di saltellare intorno al Me piccolo. Poi da una tasca estrae una caramella. Come eravamo ingenui. «Fede promettimi una cosa...» «che cosa?» «Quando saremo grandi io e te staremo sempre insieme.» «Certo Anna! Sei la mia migliore amica, non mi allontanerò mai
da te! Ti voglio bene!» Cazzo... mi ero dimenticato di questo momento... è stata la prima volta che ho detto «Ti voglio bene!» a qualcuno che non fosse della mia famiglia. Ma ormai la mia famiglia è anche Anna. Non saprei come vivere senza di lei. È una delle persone più importanti della mia vita.
La piccola Anna mi porge la carammella. Io la apro. «Ma... è vuota!» allora lei fa una linguaccia e mi mostra la caramella.  «Sei proprio cattiva!». E poi tutti ritornò nero.  
Poi un'altra figura si sta ricreando in mezzo all'oscurità. Questa volta era Tommy. Il Tommy adulto. «Tommy!» esclamo. E questa volta la voce si è fatta sentire. «Ehi... ciao come va?!» esclama lui. «Bene.. credo» mi trema la voce. «Che ci fai qui?» chiede. «A dire la verità non lo so.» Ed era vero. Nella mia testa adesso ci sono solo pensieri felici. Non ricordo più cosa è successo nel bar. La rissa, le urla, il vetro. In quel momento, quei ricordi, non sono nella mia testa. Come se non fossero mai avvenuti. «Va bhe... te lo ricorderai... eh insomma... quanto tempo eh?!» mi avvicino a lui. «Troppo tempo.» esclamo. «Eddai! Non ti sarò mica mancato?» Si. Certo che mi sei mancato. «No... per nulla! Anzi si sta meglio senza di te!»esclamo. «Ah allora se è così vado via...» «NO ASPETTA!» Tommy scoppia in una risata. «Che cazzo... allora un po ti sono mancato!» Corro verso di lui. Lo abbraccio. Mi sembra impossibile. Ce l'ho tra le mie braccia. Lo sento. Non è un sogno. È vero. Non lo è. È un sogno. Non lo sento. In questo momento non capisco più cosa mi sta succedendo. «Dimmi... come state te e Anna?» «Anna sta bene, aspetta un figlio!» «Lo so... e so che sarà anche un bel maschietto.» «Come lo fai a sapere? Anna me lo ha detto dopo che tu sei... beh...» «Morto?» Ridacchia. «Ma io non sono morto!» «Come sareb...» Con un dito mi indica la testa. «Ricordati... nessuno muore se vive nei ricordi di chi resta! Finché io sarò nei tuoi ricordi non morirò mai.» Sono emozionato a queste parole. Sono emozionato per questa situazione. Non riesco a immaginare regalo più grande. La mia gioia è immensa.«Ma dove ci troviamo?» «Come te lo spiego?» Tommy ci pensa un attimo. «Hai mai presente Alice nel paese delle meraviglie?» Annuisco con la testa. «Bene. Questo è il tuo “Paese delle meraviglie” e te sei “Alice”» «Quindi siamo in un sogno.» «In un certo senso, ma non è questo quello che conta adesso...» «Cioè?» «Io sono cui per dirti che sono stato uno stupido a pensare quelle cose, dovevo darti ascolto...» «Ah! Adesso mi dai ascolto!?» Esclamo turbato. «Mi sono dovuto quasi amazzare per dimostrarti che non era vero.» «Il problema, Fede, è questo... tu non mi devi dimostrare più niente. Io sarò sempre fiero di te, e ti vorrò sempre bene.» Rimango senza parole. Tutto quello che ho fatto. Non mi sono accorto che non stavo dimostrando a Tommy che gli volevo bene, in realtà stavo dimostrando a me stesso che mi voleva bene. Ma l'ho sempre saputo. Per questo avevo quell'incubi. Dentro di me sapevo che ero io il problema, nei miei sogni, nella mia testa, e cercavo di eliminarmi usando Tommy. «Adesso però devo andare...» Mi sorride. E lentamente scompare «...ci vediamo uomo!» «No aspetta! Tommy! Tommy!» Tutto diventa nero. «Tommy! Tommy! Tommy!» Mi sveglio. Ho un dolore lancinante al bacino. Mi trovo su un letto. In una stanza bianca. Sono in un ospedale. La stanza è vuota. «Che ci faccio qui?» Esclamo. Mi fa male la testa. La ferita è coperta da un cerotto bianco gigante. La porta davanti a me si apre dalla quale sbuca la testa di mia madre. «FINALMENTE TI SEI SVEGLIATO!» Urla emozionata. «Buongiorno anche a te!» esclamo. « Ma che è successo?» chiedo. «Non ricordi?» «Ci sta di no.» «Ti hanno trovato per terra al bar, un ragazzo ti ha accoltellato.» Improvvisamente ricordo tutto. La rissa, Giulio, Anna, il bicchiere. Ricordo tutto. «Anna ha detto che ti ha aggredito e che ti sei difeso come meglio potevi. Mi hai fatto preoccupare.» «Si ricordo tutto. Anna come sta?» «Sta bene... ti ha aspettato sveglia tutta la notte. Ora si è addormentata fuori. Poverina.» «Accidenti, quanto ho dormito?» «Solo un giorno, ma i dottori dicono che hai perso molto sangue, sei stato critico ben tre volte in quattro ore. Dovrai restare qui ancora un po. Ma dovresti stare bene.» Le sorrido. «Ora vado a chiamare Anna. Sarà felice di vederti!» Esce dalla stanza. Poco dopo sento rumoreggiare fuori dal corridoio e la porta della stanza si apre di botto. «STAI BENE!» Esclama urlando Anna. «è ovvio che sto bene! Cosa credevi?» rido. «Te piuttosto come stai?!» «Sto bene... ho raccontato alla polizia che cosa è successo.» «Che Giulio mi ha aggredito?» chiedo confuso. «Si... Se raccontavo che l'avevi aggredito te non lo avrebbero mai arrestato.» «Ma... i baristi e gli altri clienti del bar?» «Loro erano d'accordo con me nel mentire sulla seguenza dei fatti.» Rimango sconvolto. «Ma... Perchè?» «Hanno sentito cosa... ci ha fatto... e, inoltre, alcuni baristi credono che commettesse altri piccoli truffi in quel bar... La polizia non ci ha pensato due volte ad arrestarlo. Ora Giulio non romperà più le palle per un po'.»
Giustizia è stata fatta. Che casino. Non ci posso credere. Finalmente posso stare in pace.
«Ah dimenticavo....» Anna mi porge il mio telefono «eccoti. Ti ha chiamato Martina tutta la notte. Non sapevo cosa dirgli.» Cazzo Martina! Sarà preoccupata. Ringrazio Anna. Faccio il numero in modo frettoloso.

Pronto. Fede! - risponde lei.
Martina ciao!
Mi spieghi che cazzo è successo? - è incazzata.
Se ti calmi, ti rispondo subito.
Mi calmo? Mi dovrei calmare? Stai scherzando vero? È tutta la notte che cerco di chiamarti. Mi hanno detto che hai quasi ammazzato mio fratello! Ma che ti è preso?
Martina per favore... lasciami spiegare.
Fede ti rendi conto del casino che hai fatto?
Certo che me ne rendo conto.
Non credo. Fede è meglio se per un paio di giorni io e te non ci si veda.
Martina... forse è meglio se non ci vediamo mai più. Addio.
Cosa?
Riattacco.
«Fede?» Anna è sconvolta. «Non ti preoccupare Anna. So cosa faccio.» «Sai cosa fai?» Improvvisamente si incazza. «Che?» chiedo confuso. «Mi hai fatto penare quasi un mese dietro a questa Martina di cui ti eri innamorato tanto. E dopo una settimana che ti ci metti insieme... la lasci? Sei proprio uno stronzo!» «Anna. Semplicemente mi sono accorto che non è con lei con la quale voglio stare...» «E con chi vuoi stare adesso?»
«Vedi Anna... mi sono ricordato di una vecchia promessa che ho fatto da bambino. E la voglio mantenere.»
Anna non ha capito che mi riferivo a lei. E forse è stato meglio così, perchè appena uscii  dall'ospedale abbiamo avuto più di un'occasione per avvicinarci. Non più come amici. Come coppia. Più la gravidanza di Anna si faceva evidente più ci si avvicinava. Entrambi avevamo bisogno l'uno dell'altra. È sempre stato così. Ma adesso era più concreto. Più vero.
Tutto piano piano tornò alla normalità. Sofy cambiò scuola, si fece nuovi amici molto velocemente. Gli incubi non tornarono e con loro i pensieri negativi. Penso sempre al mio migliore amico, quello che con me scherzava, quello che c'era sempre, quello che mi ha aiutato a migliorare la mia vita, si, ok, mi manca sempre, ma adesso guardo il nuovo Tommaso, il piccolo Tommy, il figlio di Anna, e so già che sarà quello con cui giocherò a pallone, quello che aiuterò con le ragazze, quello con cui discuterò e mi arrabbierò, ma sarà anche quello che un giono mi chiamerà «papà».

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