Capitolo 13 ✔

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Mia e Alex

Mia

Ridevo e bevevo.

Ballavo e bevevo.

Parlavo e bevevo.

Non sapevo più che ore erano, non sapevo da quanto fossi arrivata e non sapevo neanche quando sarebbe scoccata la mezzanotte. Non me ne importava niente. Io mi stavo divertendo.

Avevano abbassato le luci e istallato le stroboscopiche, la musica era alta tanto da rimbombarmi nella testa, tanto da non riuscire a comprendere cosa gli altri mi dicessero, ma a me andava bene così. Non volevo parlare, non volevo essere riempita di domande che non avrebbero fatto altro che aumentare la mia agonia.

Io volevo dimenticarmi di quel che era accaduto. Io volevo divertirmi.

Io mi stavo divertendo.

E ridevo...

Ondeggiavo a tempo di musica, scuotevo i capelli e i fianchi, scambiavo sguardi complici con le mie amiche; ché loro mica l'avevano capito che l'avevo abbandonata da un pezzo la soglia della lucidità, altrimenti me lo avrebbero sfilato di mano l'ennesimo bicchiere.

E ridevo...

Ballavo infischiandomene di chi avevo intorno, e chi se ne frega se avevano assistito alla scena, chi se ne frega se avevano capito.

Potevano andarsene tutti al diavolo: Anastasia in primis, che non c'era riuscita a rovinarmi la festa e pure Alex, al quale mi ero tenuta distante per tutto il tempo. Perché, in fondo, la colpa era la sua. Solo sua.

Al diavolo chi aveva visto, commentato, giudicato senza sapere nulla, perché tanto la gente sapeva fare solo quello: parlare.

E al diavolo anche me; che non ero in grado di affrontare nulla, che la forza l'avevo lasciata chissà dove durante la crescita, che, con quel bicchiere in mano, ero più simile a mio padre di quanto pensassi.

Ma chi se ne frega... io ballavo.

Anche quando tutti erano stanchi, io ballavo.

Alex

La guardavo ballare nascosto nell'angolo più buio del locale, non le avevo staccato gli occhi di dosso per tutta la serata, non lo avrei fatto per l'intera vita se solo me lo avesse concesso.

Rideva di continuo ma aveva lo sguardo spento, vuoto. Nessuno a parte me se ne era accorto, nessuno a parte me era completamente lucido.

Era tutta colpa mia, me lo ripetevo da quando Serena aveva sbattuto fuori Ana. Sarei dovuto intervenire, zittirla prima ancora che parlasse; perché io la conoscevo, io lo sapevo con quanto veleno intingeva le parole.

Invece avevo lasciato Mia da sola ad affrontare una situazione che non aveva creato, nella quale ci era affogata senza preavviso, e se lei stava così, se io stavo così era solamente una mia responsabilità.

Finii l'ennesimo bicchiere di Coca-Cola, toccare l'alcol era fuori discussione soprattutto dopo averla vista ingurgitarne enormi quantità.

Mia non era una a cui piaceva esagerare, preferiva gli analcolici lei, strizzava gli occhi e scuoteva la testa ogni volta che assaggiava qualcosa di più forte di una birra. A quanto pareva, invece, la sangria la buttava giù senza problemi.

Avevo provato ad avvicinarmi, avevo tentato di avvisarla di quanto non fosse una buona idea giocare al bere alla goccia, ma lei mi teneva lontano. Dopo Ana tutti i piccoli progressi fatti erano stati buttati nel cesso.

«Cazzo!» diedi una manata al muro e, con l'altra, stritolai il bicchiere di carta, la frustrazione iniziava a farsi sentire. Il senso di colpa opprimeva più del solito.

Hug Me - Ciò Che Rimane Di Noi #2 (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora