Essere padre al momento giusto

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Ci misi tempo a processare quello che mi aveva detto Plumeria, e così come me anche l’intero Team. Aveva delle maniere tutte sue, ma lo ripeto: Guzman era una persona buona. Qualsiasi cosa lo trattenesse dal raggiungerci, doveva essere importante e avere una spiegazione logica. Fu però triste sentire un ragazzetto, seduto sulle scale, che con la testa tra le mani si diceva: “Ci ha lasciati perché perdiamo sempre”, o giù di lì.
Anche io ero sconfortata, ma mi misi a sedere accanto a lui e accennai una specie di abbraccio - diciamo che gli strinsi una spalla, non sono brava col contatto fisico. «Non può averci lasciati. E ci vuole troppo bene, non credi?» Provai a dirgli, con la voce frantumata. Anche Wimpod gli salì addosso e, dopo che il ragazzo ebbe versato una lacrima, questo ci strinse entrambi e annuì. Erano (eravamo?) tutti dei gran fessacchiottoni che avevano finalmente trovato una famiglia, nulla da fare.

Corsi subito da Augusto appena tornò ad Ula Ula. Era un Kahuna, era andato a Poni, doveva sapere quello che era successo… o no? Bussai con parecchia urgenza, tanto che appena Larry mi aprì la porta lo sentii borbottate un «Ma è morto qualcuno?»
«Spero proprio di no...» Risposi io, entrando. Il poliziotto si stava giusto togliendo la giacca - doveva essere rientrato da poco. «Augusto, io...»
«No.» Fece lui, senza neanche guardarmi o farmi finire. Sentii Larry trattenere una risata e andarsene in corridoio. Aveva subito capito che non era argomento suo.
«No cosa?» Chiesi all’uomo, seguendolo verso il divano.
Lui si mise a sedere come faceva di solito e scosse la testa. «Non so niente di Guzman.» Disse, accendendo il computer con tutta calma. Come se non fosse successo niente.

Non mi stupii del fatto che sapesse già cosa volevo chiedergli, eppure sapevo di non credergli. Allungai il braccio verso una sedia e la trascinai accanto al divano, per stargli di fronte. «Ma sei andato a Poni per quella storia, vero? Posso chiederti come stanno i ragazzini? E Samina è viva?»
«Tutti vivi e vegeti. Ho giusto accompagnato Moon al monte Lanakila.» Disse, e tornò con lo sguardo allo schermo.
«Ma Plumeria l’hai vista?»
Augusto sbuffò e smise di rispondermi. «Sto lavorando.» Mi liquidò così, tornando a scrivere sulla tastiera.
Giuro, restai a fissarlo per qualche minuto buono con l’espressione più delusa del mondo. Non mi sembrava maturo insistere e disturbarlo, quindi rimasi lì ad aspettare che si stufasse del mio sguardo o che capisse che si poteva fidare di me. Non voleva dirmelo perché erano informazioni riservate? E che ci dovevo fare? Alla fine accavallò le gambe e cominciò a fissarmi anche lui. Se qualcuno ci avesse visti avrebbe pensato che ci stavamo allenando per il torneo de “il primo che sorride perde”; avremmo avuto molto successo, in quel momento niente avrebbe potuto farci ridere.

«Cominci a darmi sui nervi.» Biascicò lui a denti stretti, e fuori la pioggia tornò a scrosciare.
«Anche tu. Sai quanto conta per me.» Replicai, immobile sulla sedia. «Plumeria è stata molto vaga, ma uno dei ragazzi mi ha detto che tu hai parlato con Guzman per un po’ di tempo.»
Non era vero; la recluta mi aveva solo detto che aveva visto Augusto in fondo alle scale, eppure il trucchetto funzionò. «E allora?» Chiese lui, praticamente ammettendo quello che avevo intuito.
Continuai con le domande, mi sentivo soddisfatta di me stessa. «Ti ha detto qualcosa sul voler lasciare il Team?»
Vidi Augusto sporgersi verso di me e scuotere la testa, poi si alzò in piedi. «Sono io quello col distintivo qui. Non è che perché abbiamo un legame di sangue io sono obbligato a dirti cose, o tu hai il permesso di farmi un interrogatorio. Neanche se si tratta del tuo ragazzo.» Mise particolare enfasi sull’ultima frase, e io scattai in piedi cercando di difendermi.
«Non è il mio ragazzo! O almeno, non… non lo è...» Avrei dovuto stare zitta. Ogni parola che aggiungevo, ogni sillaba pronunciata male, ogni incertezza, il rossore che era spuntato sulle mie guance… Augusto leggeva tutto. In verità non sapeva neanche fossimo così amici, ma aveva usato esattamente lo stesso mio trucco. Lui poteva solo immaginare quanto tenessi a Guzman; nonostante questo, con quella mezza risposta aveva capito che c’era qualcosa in mezzo. E io che pensavo di poter gabbare un poliziotto qualunque… dimenticando che l’uomo aveva alle spalle più di trent'anni nella Polizia Internazionale.

L'unica vera ammiratrice di Trash Man GuzmanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora