CAPITOLO 2 - MA CHE DIAMINE...

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Ci avevo messo meno di 10 minuti a piedi a raggiungere la casa di Ry. Trovarla era stato estremamente facile, dal momento che si trovava vicino al forno che rimaneva aperto fino a tarda notte in centro e da cui qualunque studente faceva tappa fissa la mattina per concludere una bella serata con il classico cornetto. Poi diciamo anche che mi era bastato seguire la musica sparata a tutto volume che si sentiva fin dalla strada, per giungere al portone giusto.

Bussai ripetutamente, ma era praticamente impossibile che qualcuno potesse sentire qualcosa lì dentro. Sospirai. Stavo per riprovare, quando la porta si spalancò di colpo e un tipo ne uscì correndo verso l'altro lato della strada a testa bassa, chinandosi poi su se stesso per rimettere sul marciapiede.

"Ah, andiamo bene, andiamo proprio bene", pensai, osservando la scena con un mix di disgusto e pena.

"Regola numero 1, pivello: non si beve mai fino a dare di stomaco. A casa ci devi tornare con le tue gambe, basta sapersi fermare un bicchiere prima, ragazzino!"

Scossi la testa, finché una voce familiare non catturò la mia attenzione. «Ollie! Sei arrivata, finalmente!»

Mi voltai, ritrovandomi davanti il padrone di casa che mi stava raggiungendo dall'altro lato della stanza, con addosso un maglioncino nero e grigio a coste sopra un paio di blue jeans. Era un ragazzo alto poco più di me, capelli corti castano chiaro, con due occhi color mogano, non esattamente bello, ma direi nella media. Studiava fisioterapia e aveva un anno più di me. Come avevo detto ci eravamo conosciuti tramite amici, nello specifico tramite un ragazzo che frequentava la mia facoltà, e il quale era un suo ex coinquilino.

Non ci capitava di uscire spesso insieme, perché avevamo comitive diverse ai tempi, prima che io decidessi di rinchiudermi nel mio piccolo mondo, ma ogni tanto se lo beccavo in giro, come quel pomeriggio nella biblioteca della mia facoltà, mi invitava a una delle sue feste.

Fino ad allora avevo sempre declinato l'invito perché avevo altri programmi, o più semplicemente mi ero stancata di trovarmi con persone che non facevano per me, ma lui non se l'era mai presa per quei miei continui rifiuti, perseverando le volte successive.

Gli sorrisi quando mi si parò davanti. «Vedo che ci andate giù pesante a queste feste. Il tuo amico mi sa si è divertito troppo, poveretto!» Scherzai, indicando il tipo dall'altro lato che in quel momento si era seduto per terra con la testa tra le mani.

"Ah andiamo alla grande, bello!"

Ry lanciò uno sguardo oltre le mie spalle, scuotendo la testa e sghignazzando. «Non tutti reggono bene i fiumi d'alcool che ci sono in casa, o altri semplicemente esagerano. Spero non ti abbia spaventata.»

«Ma figurati, mi dispiace solo per lui che domani starà uno straccio» risposi unendomi al suo divertimento, per fargli capire che non c'erano problemi.

Non ero una che giudicava. A mio avviso ognuno poteva fare ciò che voleva nella sua vita, poi che io non volessi seguirne l'esempio era un altro conto. Ero sempre stata per la filosofia: "contento te contenti tutti", anche perché mi era sempre parso da ipocriti giudicare il comportamento altrui e non focalizzarsi sul proprio.

Riflettendoci in quel momento, e osservando la situazione, forse in tutta onestà dovevo ammettere che avevo rifiutato i vari inviti del ragazzo dirimpetto a me anche per questo: erano feste tipiche a cui un tempo andavo, e forse inconsciamente avevo temuto che rimettere piede in un ambiente simile mi avrebbe fatta solo pentire del mio patetico tentativo nell'ultimo anno di essere chi non ero; potevo già sentire la morsa del rimorso attanagliarmi il petto.

«Dai, ma che fai ancora qui sulla porta? Entra che si gela fuori!» Si fece da parte per lasciarmi libero l'ingresso.

Varcai la soglia, ritrovandomi in una sala-cucina molto grande. Se avessi dovuto definire quella casa con una parola avrei scelto "underground". C'erano bottiglie di ogni tipo e dimensione su tre mensole sospese sopra il divano a forma di L in pelle nero, la cui superficie era leggermente rovinata, ma d'altronde eravamo in una casa di studenti, già avere un divano simile era un lusso. Altre si stagliavano sopra il mobile dove era incassata la Tv a schermo piatto, come dei trofei di guerra conquistati dopo le innumerevoli feste che si dovevano essere svolte lì. Le pareti bianche erano ricoperte da varie scritte fatte a mano con la matita, anche se non riuscivo ancora a leggerle chiaramente da quella distanza. Il resto delle mura erano tappezzate con cartelli stradali, bandiere, e scorsi anche una transenna gialla ai piedi della scala che conduceva al piano di sopra.

RICOMINCIO DA ME (VOL.1 - COMPLETATA)Where stories live. Discover now