Ci avevo messo meno di 10 minuti a piedi a raggiungere la casa di Ry. Trovarla era stato estremamente facile, dal momento che si trovava vicino al forno che rimaneva aperto fino a tarda notte in centro e da cui qualunque studente faceva tappa fissa la mattina per concludere una bella serata con il classico cornetto. Poi diciamo anche che mi era bastato seguire la musica sparata a tutto volume che si sentiva fin dalla strada, per giungere al portone giusto.
Bussai ripetutamente, ma era praticamente impossibile che qualcuno potesse sentire qualcosa lì dentro. Sospirai. Stavo per riprovare, quando la porta si spalancò di colpo e un tipo ne uscì correndo verso l'altro lato della strada a testa bassa, chinandosi poi su se stesso per rimettere sul marciapiede.
"Ah, andiamo bene, andiamo proprio bene", pensai, osservando la scena con un mix di disgusto e pena.
"Regola numero 1, pivello: non si beve mai fino a dare di stomaco. A casa ci devi tornare con le tue gambe, basta sapersi fermare un bicchiere prima, ragazzino!"
Scossi la testa, finché una voce familiare non catturò la mia attenzione. «Ollie! Sei arrivata, finalmente!»
Mi voltai, ritrovandomi davanti il padrone di casa che mi stava raggiungendo dall'altro lato della stanza, con addosso un maglioncino nero e grigio a coste sopra un paio di blue jeans. Era un ragazzo alto poco più di me, capelli corti castano chiaro, con due occhi color mogano, non esattamente bello, ma direi nella media. Studiava fisioterapia e aveva un anno più di me. Come avevo detto ci eravamo conosciuti tramite amici, nello specifico tramite un ragazzo che frequentava la mia facoltà, e il quale era un suo ex coinquilino.
Non ci capitava di uscire spesso insieme, perché avevamo comitive diverse ai tempi, prima che io decidessi di rinchiudermi nel mio piccolo mondo, ma ogni tanto se lo beccavo in giro, come quel pomeriggio nella biblioteca della mia facoltà, mi invitava a una delle sue feste.
Fino ad allora avevo sempre declinato l'invito perché avevo altri programmi, o più semplicemente mi ero stancata di trovarmi con persone che non facevano per me, ma lui non se l'era mai presa per quei miei continui rifiuti, perseverando le volte successive.
Gli sorrisi quando mi si parò davanti. «Vedo che ci andate giù pesante a queste feste. Il tuo amico mi sa si è divertito troppo, poveretto!» Scherzai, indicando il tipo dall'altro lato che in quel momento si era seduto per terra con la testa tra le mani.
"Ah andiamo alla grande, bello!"
Ry lanciò uno sguardo oltre le mie spalle, scuotendo la testa e sghignazzando. «Non tutti reggono bene i fiumi d'alcool che ci sono in casa, o altri semplicemente esagerano. Spero non ti abbia spaventata.»
«Ma figurati, mi dispiace solo per lui che domani starà uno straccio» risposi unendomi al suo divertimento, per fargli capire che non c'erano problemi.
Non ero una che giudicava. A mio avviso ognuno poteva fare ciò che voleva nella sua vita, poi che io non volessi seguirne l'esempio era un altro conto. Ero sempre stata per la filosofia: "contento te contenti tutti", anche perché mi era sempre parso da ipocriti giudicare il comportamento altrui e non focalizzarsi sul proprio.
Riflettendoci in quel momento, e osservando la situazione, forse in tutta onestà dovevo ammettere che avevo rifiutato i vari inviti del ragazzo dirimpetto a me anche per questo: erano feste tipiche a cui un tempo andavo, e forse inconsciamente avevo temuto che rimettere piede in un ambiente simile mi avrebbe fatta solo pentire del mio patetico tentativo nell'ultimo anno di essere chi non ero; potevo già sentire la morsa del rimorso attanagliarmi il petto.
«Dai, ma che fai ancora qui sulla porta? Entra che si gela fuori!» Si fece da parte per lasciarmi libero l'ingresso.
Varcai la soglia, ritrovandomi in una sala-cucina molto grande. Se avessi dovuto definire quella casa con una parola avrei scelto "underground". C'erano bottiglie di ogni tipo e dimensione su tre mensole sospese sopra il divano a forma di L in pelle nero, la cui superficie era leggermente rovinata, ma d'altronde eravamo in una casa di studenti, già avere un divano simile era un lusso. Altre si stagliavano sopra il mobile dove era incassata la Tv a schermo piatto, come dei trofei di guerra conquistati dopo le innumerevoli feste che si dovevano essere svolte lì. Le pareti bianche erano ricoperte da varie scritte fatte a mano con la matita, anche se non riuscivo ancora a leggerle chiaramente da quella distanza. Il resto delle mura erano tappezzate con cartelli stradali, bandiere, e scorsi anche una transenna gialla ai piedi della scala che conduceva al piano di sopra.
"Una transenna?!? Ok, questa casa è decisamente caratteristica!"
«Wow! Che dire, avete una casa... davvero unica!» esclamai sorpresa, continuando a guardarmi intorno.
«Sì, ci divertiamo a riportare a casa diversi bottini dalle nostre scorribande notturne post serate. Ma vieni, ti faccio poggiare il cappotto che qui dentro si muore di caldo.»
Non aveva per nulla tutti i torti. Con una rapida occhiata in giro vidi che c'erano molte persone, probabilmente più di una ventina, e per quanto potesse essere una sala ampia si asfissiava un po'.
Superammo il divano e un tavolo lungo che probabilmente era stato addossato alla parete per fare spazio in vista della festa, stracolmo di bottiglie d'alcool di ogni tipo e cibo che andava dalla pasta fredda, alla pizza, panini, patatine, bruschette e chi più ne ha più ne metta. La cucina che si trovava proprio oltre il tavolo era piccolina ma funzionale, con una penisola e degli sgabelli in ferro simili a quelli dei bar. Anche lì bottiglie e bicchieri campeggiavano a perdita d'occhio.
Sì, quella era decisamente una delle feste a cui sarei andata un tempo.
Sulla destra della cucina c'era una scala che saliva in alto il cui accesso era bloccato dalla transenna che tanto mi aveva incuriosita. Alla sinistra invece un'altra rampa scendeva verso il basso. Proseguimmo oltre l'accesso che conduceva al piano inferiore, ed entrammo in una minuscola stanza che era una sorta di salottino-studio, con solo un divanetto e una scrivania.
Lì giacche e cappotti erano sparsi in ogni dove. Mi tolsi il piumino blu notte, passandolo al mio amico che lo posizionò sopra quello degli altri invitati.«È molto grande per essere una casa per studenti, quanti siete a vivere qui?» chiesi incuriosita, riflettendo sul fatto che quell'appartamento avesse anche un piano superiore e uno inferiore.
«Siamo in 4, ma talvolta un nostro amico si ferma per certi periodi da noi e diventiamo 5. Questa diciamo che è la sua stanza quando viene.»
«Capito. Allora, dopo tutte le volte che ti ho dato buca cominciamo pure con questa festa!» dissi, aprendomi in un sorriso per fargli intendere che mi sentivo a mio agio e che non mi sarebbe servita una balia durante la serata, dato che conoscevo solo lui.
Per quanto avessi provato ad usare quella scusa con Meg, era una scemenza. Io sarei riuscita a parlare anche con un cinese nella sua lingua natia se fosse servito per fare conversazione.
«Bravissima, così si fa! Andiamo a prenderci qualcosa da bere!»
Ritornammo sui nostri passi, dirigendoci verso la cucina dove mi accomodai su uno dei 4 sgabelli, l'unico in realtà rimasto libero. Vicino a me era seduto un ragazzo biondo, capelli a spazzola, molto carino, ma non lo avevo visto benissimo in viso poiché era impegnato a fare conversazione con due ragazze al suo fianco, ciascuna seduta sui restanti posti. Una moretta tutta curve e l'altra rossa molto alta, chiara di carnagione e con il viso cosparso di lentiggini, anche se credo che molte fossero coperte dal fondotinta.
"Ah, amica, come ti capisco", pensai. Probabilmente non ne avevo tante quante lei, ma anche io me ne portavo dietro una buona dose, a causa della mia carnagione che definivo "color carta"; un vampiro mi faceva un baffo al confronto. Se quando andavo al mare non mettevo la protezione 50 ero una donna morta, o meglio, una donna ustionata. Quante estati passate con Meghan che appena uscivo dall'acqua mi sgridava affinché rimettessi subito la crema protettiva, in particolar modo dopo uno spiacevole incidente durante il quale mi ero dimenticata di usarla, finendo così per scottarmi a tal punto da non riuscire a stare neppure seduta.
"Meg!" presi il telefono per verificare se mi avesse cercata, e infatti trovai un suo messaggio.
"Oh, qua ci sono due fighi pazzeschi, ora che faccio? Mi si sono seduti entrambi vicino!"