Archeyss, la capitale dell'impero di Gre'kahal.
I raggi del sole filtravano attraverso le meravigliose vetrate del palazzo imperiale, un'immenso edificio che sorgeva al centro della meravigliosa città. Di uno stile gotico estremamente minuzioso nei dettagli, presentava stupende arcate di marmo bianco, colonne a spirale ricche di rilievi, statue raffinatissime sui lati, e immense vetrate con incredibili ed elaborate forme geometriche. All'interno, le numerose stanze arredate con tappezzeria pregiata e mobili di legno bordati d'oro e d'argento, erano collegate tra loro da lunghissimi corridoi luminosi, ricchi di vetrate e colonne sui lati, e sormontati da delle meravigliose volte a ventaglio. Era un luogo tanto maestoso, da sembrare il frutto di un sogno. Ogni cosa, ogni muro o finestra, ogni tenda o statua, erano tanto curati da rasentare la perfezione. La grande reggia infatti, era stata edificata millenni prima dalle grandi famiglie che abitavano il continente, per rendere omaggio alla dinastia degli imperatori, la dinastia hal.
E ora quella immensa costruzione torreggiava sulla grande capitale imperiale, osservando il mondo circostante, tanto alta da essere visibile da diversi chilometri di distanza. In cima ad essa, vi era infine la sala del trono. Era una grande stanza, perfettamente circolare, con grandi colonne marmoree minuziosamente decorate sui lati, le quali erano disposte a formare un esagono. Ognuna di esse presentava un'incisione rappresentante una persona in armatura che cavalcava un drago, ognuna con un arma diversa in mano. Anche i draghi e le armature variavano leggermente l'uno dall'altro. Il pavimento invece era invece fatto di piastrelle bianche come la neve estremamente lucide, tanto da riflettere la luce solare e dare alla stanza un aspetto sempre abbagliante, come se ci si trovasse in un sogno sfocato. Al centro della stanza infine, sul pavimento vi era rappresentata una stella a sei punte a forma di spirale. Ognuna delle punte terminava raggiungendo una delle sei colonne della stanza, formando una stupenda composizione. Al centro della stella, vi era infine rappresentato lo stemma imperiale, ereditato dall'originale stemma della dinastia hal.
Infine, vicino alla grande vetrata che dava sul panorama cittadino, vi era il maestoso trono imperiale. Era costruito quasi interamente in algolite, la quale lo faceva sembrare un trono di cristallo, ricco di sfumature e riflessi multicolore. Sullo schienale presentava sei protuberanze squamose, simili a code di drago, le quali si protendendevano come una conchiglia, formando una figura simmetrica e sinuosa. Al centro dello schienale, vi era infine rappresentato lo stesso simbolo presente al centro della stella sul pavimento. Un trono immenso, torreggiante, meraviglioso. Un trono che trasmetteva la potenza dell'impero.
La luce solare irrompeva dalla grande vetrata della sala, illuminando la stanza, riflettendosi sul bianco pavimento e sul cristallino trono, inondando la stanza di una luce candida e quasi accecante. Da quella grande vetrata si poteva osservare tutta la città, ogni elegante edificio, ogni elaborata costruzione, ogni trafficato viale. Spostando lo sguardo verso l'orizzonte, si potevano osservare le periferie cittadine, e ancora più in là, si scorgeva la grande Foresta delle anime, l'immensa foresta sacra estesa per migliaia di chilometri, nella quale non si poteva accedere senza il permesso scritto dell'imperatore stesso. Un luogo proibito e immerso nel mistero, ove si dice che i primi uomini caddero dal cielo.
Dinnanzi a quella veduta, vi era una figura, affacciata silenziosamente. Un uomo, vestito di abiti bianchi con ricami e bordature bronzee. Portava una veste lunga fino alle ginocchia, bianco antico con bordi e decorazioni astratte color bronzo, tanto meticolose e curate da essere senza prezzo. Portava poi degli stivali color ottone, con finiture articolate ai lati e chiusi con cinghie d'oro. Infine portava un pesante mantello sulle spalle, bianco candido con meravigliose bordature d'oro, tenuto al collo da un grande medaglione d'oro a forma di testa di drago, il quale teneva stretta tra le fauci un cristallo bianco luminoso, tanto lucente da sembrare ardere una fiamma al suo interno.
Karthak, l'imperatore di Gre'kahal, avvolto nelle sue vesti osservava silenzioso il panorama con i suoi occhi d'argento, lievemente adombrati dalla sua lunghissima chioma albina che pioveva liscia sul suo volto.
Nella sua mente rimuginava sull'imminente arrivo di Calasaar nella capitale. Aveva ricevuto il messaggio che il Gran Maestro sarebbe giunto fin lì per chiedergli udienza, e mancava poco al suo arrivo. Karthak poteva sfregiarsi della capacità di sapere sempre quello che pensava chi gli stava dinnanzi. Aveva sempre avuto uno spiccato intuito e una capacità ottima di leggere le emozioni altrui. E con Calasaar la cosa gli riusciva ancor più facilmente, visto il rapporto che avevano i due. Non troppo profondo, nonostante il legame che avevano, specialmente da parte di Calasaar. Tuttavia, i due conoscevano abbastanza l'uno dell'altro.
Mentre era immerso nei suoi pensieri, l'imperatore Karthak venne interrotto: alle sue spalle, l'apparecchio acustico posto sul bracciolo del trono aveva emesso uno squillo. Karthak si voltò dunque, e sollevando un braccio, schioccò le dita, attivando la comunicazione.
«Dimmi, Nails. È già arrivato il Gran Maestro Calasaar?» disse, con un tono calmo e stagnante.
Dall'apparecchio si udì una voce.
«No mio signore, non ancora. È arrivato un messaggio urgente dal Lord reggente Nomak.»
«Messaggio urgente?» chiese Karthak stranito.
«Si mio signore. Secondo quanto dice, questa mattina una piccola contea a nord di Sydur è stata rasa al suolo.»
L'imperatore sgranò gli occhi, incredulo.
«Rasa al suolo? Cause possibili?»
«Nessun indizio al momento, mio signore.» disse Nails a voce bassa.
Karthak abbassò il capo, gli occhi sospettosi.
«Allora può essere ancora lui... gli attacchi stanno aumentando sempre di più... non ci sono più molti dubbi, vuole farsi notare apposta...»
«Temo di si mio signore... volete che invii risposta?»
«Avverti il Maestro Udyr dell'accaduto. Voglio che parta immediatamente per Sydur, a fare analisi sul luogo dell'attacco. Dobbiamo essere sicuri dei sospetti.»
«Subito, mio signore!» rispose rispettosamente Nails, e la comunicazione si chiuse.
Karthak rimase qualche istante a osservare il vuoto dinnanzi a sé, poi si voltò, tornando a posare lo sguardo sul panorama fuori dalla vetrata.
"cosa stai cercando di fare..." si chiese, mentre osservava la lontana foresta delle anime stagliarsi fin'oltre l'orizzonte.
*
Nelle pianure occidentali del continente, il sole si era levato ormai.
La bianca città di Sydur risplendeva sotto gli abbaglianti raggi solari, riflettendo la luce con le sue marmoree mattonelle, facendo sembrare la città un bianco miraggio tra le verdi pianure.
Attraverso gli squadrati corridoi del palazzo reale della città, dei passi si fecero largo. Due uomini, uno dietro l'altro, si stavano dirigendo a passo rapido verso il sotterraneo dell'ala principale, ove erano attesi. L'uomo che conduceva era alto, snello e con larghissime spalle, racchiuso in un'armatura argentata con un mantello vermiglio recante lo stemma di Sydur, il volto grezzo e squadrato ma fiero, accentuato da una corta chioma castana e riccioluta. L'ufficiale Garth, comandante della guardia cittadina di Sydur. Camminava sempre con fierezza, a passo fermo e deciso come un soldato d'elite, guardando dritto dinnanzi a sé, senza far esitare gli occhi. Era stato convocato urgentemente dal sovrintendente Nomak in persona, per presidiare a una riunione urgente del consiglio cittadino. Non erano stati forniti ulteriori dati nella convocazione, ma era praticamente certo che riguardasse la misteriosa esplosione avvenuta poche ore prima a nord della città. Ciò anche perché gli era stato chiesto di portare insieme a lui colui che era in quel momento di vedetta in cima alla torre principale. Difatti era proprio lui la seconda persona che camminava alle sue spalle.
Decisamente meno robusto e più basso, portava un'armatura molto più semplice dell'ufficiale Garth, e priva del mantello, il quale era portato solo dagli ufficiali.
Non era un volto ricercato, né bello né brutto. Una mandibola pronunciata e larga incorniciava un viso magro con un naso dritto e occhi sottili, perennemente semichiusi come due fessure, facendo sembrare che egli si stesse sempre sforzando per osservare un oggetto lontano. La barba ispida non aiutava a renderlo più elegante, sprizzando qua e là incolta, di un colore ramato, come i suoi folti capelli.
Sagas Ewisiss, sottoufficiale di Sydur, addetto alla ricognizione dei quartieri interni e della vedetta cittadina, camminava silenziosamente alle spalle del suo superiore, pensieroso. Aveva assistito in prima persona all'esplosione avvenuta quella mattina, ed era probabilmente la persona che aveva visto prima di tutti l'avvenimento. Per quello era stato convocato a testimoniare al consiglio.
Non era abituato a situazioni del genere, la sua indole timida lo spingeva a fare il suo lavoro senza fare troppe domande, sia nel lavoro come soldato imperiale, sia nella sua seconda occupazione da cacciatore di taglie, che seguiva sporadicamente insieme a suo cugino, residente a Noctinghal.
Era una vita complicata e sempre caotica quella di Sagas, aveva poco tempo per dedicarsi a ciò che gli piaceva. Non appena aveva un periodo di riposo da guardia si Sydur, si fiondava a Noctinghal per far visita a sua figlia e a suo cugino, aiutando quest'ultimo nella caccia di taglie. Ma non gli dispiaceva una vita del genere... si era arruolato ben cosciente della vita che avrebbe condotto, e con suo cugino a badare alla figlia, si sentiva tranquillo. Proprio a causa del suo secondo lavoro di cacciatore di taglie, aveva anch'egli ricevuto la lettera di convocazione per la riunione urgente di Noctinghal, e aveva già chiesto un congedo di qualche giorno per potervi partecipare. Non appena avesse ricevuto una risposta, sarebbe partito alla volta della città dei cacciatori.
I due uomini svoltarono dietro un angolo, imboccando una lunga scalinata a chiocciola tappezzata di rosso, dirigendosi verso i sotterranei del palazzo. Sagas percepiva dei brividi per l'emozione salirgli su per la schiena, man mano che scendeva. Di lì a poco, avrebbe incontrato il lord reggente Nomak in persona, insieme alle alte cariche della città. Aveva avuto modo di vedere il sovrintendente solo un paio di volte, e comunque da molto lontano, mentre egli girava per la città a svolgere le sue commissioni. Quella sarebbe stata la prima volta in cui gli avrebbe parlato di persona, a pochi metri di distanza, e ciò bastava a farlo fremere d'ansia.
Una volta terminata la discesa, Sagas seguì l'ufficiale Garth attraverso i corridoi sotterranei, passando tra colonne scolpite e statue rappresentanti i busti dei precedenti lord reggenti della città. Ve n'erano una quantità davvero impressionante, in fila uno di fianco all'altro in ordine di discendenza, e quasi tutti appartenevano alla stessa famiglia, la famiglia Segin, di cui Nomak era membro. Esse erano governate da una famiglia reggente, che si passava il testimone di padre in figlio. Ben pochi erano stati i sovrintendenti di una diversa famiglia, solitamente erano saliti al trono in vece della famiglia, o per mancanza di eredi.
Sagas rallentò lievemente per riuscire a posare gli occhi su ognuno di quei busti, per poi accelerare il passo e tornare alle spalle di Garth. Svoltati altri due corridoi, infine i due si trovarono dinnanzi a un portone di legno, decorato con un rilievo d'avorio rappresentante un sole splendente su sfondo verde smeraldo, lo stemma della città di Sydur, nonché della famiglia Segin.
L'ufficiale Garth avanzò, bussando alla porta, e dopo qualche istante, una voce all'interno diede il permesso di entrare. L'ufficiale posò la mano sul pomello, ed aprì la porta, facendo lentamente ingresso nella stanza. Dietro di lui, Sagas avanzò, i brividi che gli pervadevano le schiena. Dinnanzi ai suoi occhi, vi era un tavolo rettangolare di legno pregiato, abbellito da incisioni sulle gambe affusolate, e delle sedie anch'esse di pregiata fattura, adornate da rilievi dorati e cuscini scarlatti. Sui lati della stanza vi erano numerose statue, e pesanti tende rossastre e verdi, che davano una stupenda impressione di regalità al luogo.
attorno al tavolo, erano raggruppate delle persone. Sagas riconobbe subito Nomak, a capotavola. Indossava una lunga veste attillata, bruna, oro e porpora, con ricami e decori dello stesso colore, visivamente di grande impatto, ma al contempo abbastanza formale. Nomak aveva un debole per il color porpora, infatti trovava sempre posto per quel colore, specialmente nelle sue vesti. Aveva anche un buon gusto per i profumi naturali, difatti era sempre solito avvolgersi in una fresca fragranza di muschio bianco, che difatti si poteva percepire nella stanza. Nonostante questi gusti raffinati e la sua cura per l'estetica, il sovrintendente non era privo di una ferrea autorità, ben rispettata da tutti i membri del concilio. Alla sua destra, era seduto un uomo di mezz'età, dalla squadrata barba grigiastra e dalle sopracciglia cespugliose, vestito di una stretta tunica grigio chiaro, adornata di ricami neri sui bordi. Malor Velaryas, il consigliere del sovrintendente. Sulla sinistra invece, si potevano vedere due uomini: uno sulla cinquantina, con vestiti candidi ed eccessivamente eleganti e curati per una riunione cittadina, e l'altro l'esatto contrario, con vesti decisamente informali e non troppo ricercate. Rispettivamente Bealor Arrinton, l'ambasciatore del feudo di Ison, e Andropos Leeth, il consulente scientifico nonchè studioso di Juh presso il sovrintendente. Infine, vi era un ultima persona, un uomo con un completo nero e dall'espressione spenta e indagatrice, probabilmente membro dei servizi segreti imperiali. Nomak accennò un sorriso vedendo i due nuovi arrivati.
«Oh, ecco i nostri membri mancanti!» esordì. «Signori, conoscete già l'ufficiale Garth!»
L'ufficiale chinò il capo rispettosamente.
«Onorevoli membri del consiglio»
Le persone attorno al tavolo fecero un cenno di saluto, sorridendo.
«Ufficiale Garth, lieto di vederti.» disse il consigliere Malor con cortesia.
Nomak posò gli occhi su Sagas.
«Invece abbiamo un nuovo volto oggi tra noi! Vi presento il sottufficiale Sagas Ewisis, membro della guardia cittadina e della vedetta!»
Sagas sentì una vena di imbarazzo nel vedersi osservato dai membri del consiglio cittadino. Non era di certo fatto per le riunioni con gente di alta casta, ma al contempo, si sentiva onorato di poter partecipare a un incontro tra le alte cariche di sidur. Si mise sull'attenti, e abbassò il capo umilmente, presentandosi.
«Sono Sagas Ewisis, è un onore per me poter presenziare a questa riunione dinnanzi agli onorevoli membri del consiglio e al lord reggente!»
I membri al tavolo sorrisero.
«Suvvia!» esclamò l'ambasciatore Bealor, ridendo raucamente sotto la lunga barba raccolta al centro con una cordicella e due cuspidi ai lati. «Non serve tutta questa formalità, non siamo certo delle divinità!» disse, schioccando uno sguardo divertito ai presenti.