Milkshake (Yaten)

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Mi trovavo nel buio della mia camera ormai da qualche ora.
Lenzuola, cuscino, libri e quaderni si trovavano ammassati sul pavimento perché in un attimo di ira avevo scaraventato tutto a terra, pensando di riuscire a placare così la mia rabbia.
Neanche prendere a pugni la parete aveva funzionato. Oltre al dolore del cuore si era aggiunto quello fisico alla mano.

La vista era annebbiata dalle troppe lacrime che avevo versato e che tutt'ora continuavano a uscire inesorabili.
L'immagine di Minako che baciava quello stronzo non voleva abbandonarmi, mi martellava dentro la testa senza lasciarmi scampo.
Nemmeno stringermi i capelli con forza e gridare la faceva passare.

Avevo giurato a me stesso che non avrei mai più permesso a nessuno di ferirmi, ma ero venuto meno a quella promessa.
Mi ero concesso di affezionarmi solo a Seiya e Taiki, perché dopo l'abbandono dei nostri genitori eravamo diventati noi tre una famiglia. Non ero riuscito a superare del tutto quel trauma, nonostante fossero passati ormai molti anni. Mi ero abituato e ci convivevo, ma quel gesto mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. 

La sofferenza che mi avevano provocato mamma e papà era sempre lì, a ricordarmi che le persone fanno questo; fingono di amarti, ti fanno affezionare e poi puff, spariscono per sempre.
Lasciano dentro di te ricordi di momenti felici solo perché questi possano torturarci, rammentandoci quello che non potevamo più avere.

Se riescono ad abbandonarci con così tanta facilità i genitori, figuriamoci quelli che non hanno con noi nessun legame.

Credevo che comportandomi da arrogante sarei riuscito a evitare che le persone mi si avvicinassero e che quindi, io stesso, mi sarei sottratto dall'affezionarmi per poi soffrire.
Ma con lei non ci ero riuscito.

Quel tornado biondo era entrato nella mia vita in punta di piedi, senza che me ne accorgessi.
Inizialmente nemmeno la tolleravo, la consideravo petulante e infantile. Quando poi ho scoperto che era anche lei una guerriera Sailor pensavo fosse un'incosciente. Credevo che non si preoccupasse di salvare il suo pianeta, ma le interessasse solo diventare un personaggio famoso.

Poi mi aprii gli occhi sull'importanza dei sogni e dei desideri, scoprendo così la bontà del suo cuore e la sua luce mi stregò completamente. Mi ero soffermato superficialmente alle apparenze, mentre Minako era molto di più.
La sua vitalità e la voglia di vivere erano così contagiose che non potevi non ridere in sua presenza. Il suo sorriso splendente sarebbe riuscito a illuminare qualsiasi stanza buia.
E così aveva fatto con l'oscurità presente nel mio cuore. Era riuscita a riattivarne il battito solo con quello.

Mi ero concesso di provare finalmente l'amore, quel sentimento così tanto discusso che fa impazzire gli umani e ne ho avuto paura.
Il timore di soffrire di nuovo, come mi era successo con quell'abbandono, fece capolino in me.
Fu facile tornare su Kinmoku e scappare da quel sentimento, credendo di salvarmi e sicuro che sarei riuscito a dimenticarla, ma mi sbagliavo. 

Non sapevo che dal vero amore non si poteva sfuggire e che la distanza serviva solo ad accentuare il desiderio di lei.

Mi alzai e mi diressi verso la scrivania, aprendo un cassetto ed estraendo l'unica cosa che mi aveva sempre aiutato a superare i momenti di sconforto; l'orsacchiotto di peluche regalatomi da Seiya.
Lo conservavo da quel giorno di tanti anni fa, ricordando il gesto di quella bambina dagli occhi grandi e gentili. Un sorriso nacque spontaneo sul mio viso, ricordando le sue parole e come quel gesto così semplice era riuscito ad aiutarmi a sentirmi meno sola.

Nonostante io fossi una bimba associale e scorbutica, Seiya ha voluto essermi amica, abbattendo le barriere che avevo issato per proteggermi. 

Sentii qualcuno bussare alla porta, destandomi dal ricordo d'infanzia più caro che avevo.
Riposi il pupazzo nel cassetto, che chiusi velocemente, e con le mani mi asciugai le ultime lacrime, stropicciandomi gli occhi.
"Non ho voglia di parlare con nessuno Seiya".
Tornai a sedermi sul letto, sperando che mio fratello sarebbe entrato e mi avesse consolato come al solito.

Against fateWhere stories live. Discover now