Capitolo 18

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Mi svegliai lentamente,come non accadeva mai, lui era di fianco a me che mi stingeva, mi presi pochi attimi per ammirarlo a petto nudo, poi mi decisi a distogliere lo sguardo e a prendere il telefono per vedere che pre fossero.

Quando lessi l'orario sul display mi sentii più stanca di quando non lo fossi pochi istanti prima; erano le sei del mattino.

Cercai di rimettermi a dormire ma, come mio solito, non ci riuscì e così decisi di curiosare un po' in giro.
Presi la mia biancheria e me la infilai velocemente.

Inizia a girare per la camera osservando le mensole vuote, finche non inciampai in qualcosa.

Quel qualcosa erano i pantaloni di Kol, mi abbassai e li raccolsi con l'intento di metterli sulla poltrona ma qualcosa attiro la mia attenzione.

I suoi pantaloni vibravano, o meglio, il suo telefono che stava in una tasca dei pantaloni, non la smetteva di vibrare.

Tastai i pantaloni fino a quando non trovai la tasca col telefonino, vidi chi era e decisi di rispondere io.

"Ei Rebekah"

"Irine, come mai rispondi te al telefono? dove siete? ieri vi ho cercato per metà serata e tornata a casa Kol non c'era" la sua voce era tuttaltro che amichevole.

"E buongiorno anche a te.... siamo ancora a casa di Marco comunque, tutto bene?"

Sentii il telefono che le veniva tolto dalle mani, e poi la voce del fratello che ero felice di non aver sentito per tanto tempo risuono al mio orecchio.

"Kol, si può sapere dove ti sei andato a ficcare?? A meno che tu non sia a spassartela con qualche putanella o a squarciare gole senza avermi invitato, Porta subito il culo a casa prima che scopra dove sei e venga io stesso a riportarti qui"

Mi prese un colpo, sbiancai e quando stavo per chiudere la chiamata sentì una mano afferrare la mia e prendermi il telefono.

Ero Kol, mi guardava con sguardo freddo e distaccato.
Mi faceva paura.
Era serio, troppo serio.

"Capito, sto arrivando, dammi mezzora e sono a casa"

Prese i suoi pantaloni e poso il suo telefono, poi torno a guardare me.

"Va tutto bene?" Io annui debolmente "perfetto"

A quel punto mi afferro il collo con le mani e per un momento pensai che stesse per staccarmi la testa, ma si limito a guardarmi dritto negli occhi e a parlarmi come aveva fatto l'ultima volta che avevo visto e sentito troppo.

"Va tutto bene, il telefono non ha mai squillato, quando uscirò da quella porta ricorderai di esserti svegliata senza nessuno di fianco a te"

A quel pinto prese tutta la sua roba e usci dalla camera.

Rimasi immobile per qualche istante, poi mi diressi per di lui.

"Aspetta!"

Lui si girò verso di me, sorpreso, proprio come l'ultima volta, e attese che io dicessi qualcosa.

Deglutì a vuoto, poi presi coraggio.

"Sono solo una puttanella vero? Come ha detto tuo fratello?"

Lui sembrava sempre più sorpreso, come se fra tutte le cose impossibili, io fossi la più impossibile che avesse mai visto.

"Tu... come..." provò a parlare, ma sembrava come paralizzato.

"Mi ricordo, mi ricordo tutto... non ho mai dimenticato niente"

A quel punto tutto successe in modo molto veloce, tanto che non capì molto bene cosa stesse succedendo.
Sentì lui afferrarmi e portarmi via, e mi meno di 10 secondi ci trovavamo in macchina, ne io ne lui eravamo vestiti, indossavamo solo la biancheria intima, ma non sembrava che la casa lo turbasse molto, anzi non lo toccava affatto.

In fretta mise in moto e partimmo.

Non c'era bisogno che mi dicesse dove eravamo diretti.

Mi stava portando a casa Mikealson.

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