Quella sera, appena sfiorai il materasso mi resi conto di quanto fossi stanco. Mi sarei addormentato subito, ma ero in jeans e maglietta, avrei preferito stare ancora più comodo. Ma mi accorsi che, tutta la mia roba, compresi vestiti ed oggetti personali, erano rimasti a casa Wilson.
Come avrei fatto? Ma Harle mi tranquillizzò dicendo, che una volta dimenticata la nostra esistenza, pure le nostre cose spariscono e viaggiano con noi. Ed era vero. Sotto al letto trovai due valigie con tutto quello che avevo lasciato dai Wilson. Avrei potuto dormire tranquillo, adesso."Sveglia!" Gridò Harle. Mi misi a sedere ma, andai a dare una testata contro il letto sopra di me. Strabuzzai gli occhi ed appena vidi Harle presi un cuscino e glielo buttai in piena faccia. "Sei per caso impazzito? Ho perso tre anni di vita!" Urlai.
"Esagerato. Dai, sbrigati ad alzarti. Dobbiamo, prima di tutto, andare a cercare il tuo armadietto e poi andare a lezione" disse.
"Ma siamo ad agosto, non ci dovrebbero essere lezioni..." mormorai.
"Tutti i ragazzi qui non hanno un posto dove andare. Viviamo tutti all'Accademia. Noi stiamo 365 giorni all'anno a frequentare lezioni, ma durante il periodo estivo le materie sono per lo più del genere da svolegere all'aperto oppure non sono troppo pesanti. In più non ci sono compiti o verifiche in estate" spiegò Harle.
"Non è gran che.." commentai.
Harle fece spallucce e disse: "Vuoi sbrigati?! Le lezioni non ti aspetteranno".
Sbuffai e presi i primi vestiti che mi capitavano a tiro, per poi andare verso il bagno. Era in fondo alla stanza, vicino alla finestra. Mi feci una doccia veloce e tornai da Harle. "Bene, ora andiamo!" disse.
Quello era il mio primo giorno, della mia nuova vita.
Faticavo ancora a crederci. Tutto quello non era frutto della mia immaginazione, e ne fui anche contento. Mi piaceva stare in compagnia di Harle, nonostante fosse veramente troppo agitato ma, per due mesi l'avrei avuto tra i piedi e sapevo che ci avrei dovuto fare l'abitudine.
Uscimmo dalla sezione in silenzio. Avrei voluto iniziare una conversazione, ma avevo paura di finire per fargli altre domande. Harle aveva le mani nelle tasche dei pantaloni e sorrideva a tutti quelli che passavano nel corridoio ma, molti di loro, lo fulminavano con lo sguardo, perchè lui li aveva svegliati alle due di notte la sera precedente.
"Il tuo armadietto è il D392" disse Harle.
"Come fai a saperlo?" chiesi.
"Ho trovato questo bigliettino sotto al tuo cuscino" dalla tasca estrasse un fogliettino di carta con il numero dell'armadietto. "Penso che lì troverai il tuo orario. Sicuramente sarà come il mio. Di solito quelli della stessa sezione e della stessa età frequentano gli stessi corsi" spiegò. Per essere una guida non era male, mi spiegava tutto, senza trovarlo pesante. Gli piaceva anche, o almeno credo.
Poi pensai a Cometa, mi aveva fatto un bel regalo di compleanno sedendomi all'Accademia, anche se più o meno, me lo ero fatto da solo.
"Aspetta un attimo, me ne ero scordato... oggi compio sedici anni!" borbottai tra me e me.
"No, mi dispiace deluderti. Per i figli dello Zodiaco è impossibile sapere la propria data di nascita. Non sarebbe strano se il figlio di due costellazioni dello zodiaco avesse come segno, che ne so... nel tuo caso Leone? Per questo diciamo che il nostro compleanno è durante l'arco di tempo in cui i nostri genitori vengono reclamati a controllare il mese. Si inizia a calcolare partendo dall'entrata di un segno e si finisce di calcolare alla chiusura di un'altro segno. Per esempio, Sagittario entra in vigore il 23 novembre e Pesci finisce il suo controllo il 20 marzo. Tu sei nato tra il 23 di novembre e il 20 marzo" spiegò. "Che confusione" commentai.
"Ho dovuto ragionarci anche io per un bel po', ma alla fine ci sono riuscito. Non è molto complicato" spiegò.
"Ma Cometa mi ha portato sulla terra in Agosto, ed io avevo pochi giorni" obbiettai.
"Il tempo nel palazzo dello Zodiaco scorre diversamente. Mi piacerebbe vederlo" disse. "Quindi tu non hai nemmeno mai visto i tuoi genitori?" chiesi. "Solo mia madre, in sogno. La sogno tutte le notti e mi parla. È molto dolce, Cancro lo è sempre stata" spiegò. "Perchè non viene a trovarti allora?" domandai. "Non possono. Sono costellazioni, non credi che se si spostassero qualcuno se ne accorgerebbe?" ragionò. "Deve annoiarli stare sempre nello stesso posto" mormorai.
Sapevo di avere dei genitori, di non essere più orfano, ma non avrei comunque visto né mio padre né mia madre.
Avrei preferito che le cose fossero state diverse, Harle aveva ragione, ma la cosa non mi piaceva.
"Eccoci! D392" lesse.
"L'armadietto è aperto, dentro troverai il tuo orario e la combinazione. Cavolo! Me ne sono scordato... torno subito!" disse Harle. Poi corse verso la nostra sezione. Lo seguii con lo aguardo e poi mi rigirai tra le dita il foglietto che aveva trovato la mia guida. Non sembrava esserci nulla di diverso da un armadietto normale.
Mi avvicinai ancora un po', però
l'armadietto accanto al mio si spalancò e mi colpì in pieno viso. Mi coprii il naso con la mano.
"Santo cielo! Scusami.." esclamò una voce.
Avrei voluto urlare a quel tizio -Stai attento la prossima volta!- ma mi bloccai.
Di fronte a me c'era una ragazza. In quell'istante mi resi conto di essere stato uno stupido per essermi sempre considerato diverso e con un aspetto fuori dal comune, perché quella ragazza sovrastava la diversità in modo impressionante.
Il suo aspetto non era male, era persino bella, per quanto strana. Rimasi a fissarla come un ebete, ma avevo le mie ragioni. Era abbastanza bassa, i suoi capelli le arrivavano poco sotto le spalle ed erano biondo platino. No, erano bianchi come la neve, esclusa per una ciocca blu.
La sua pelle era... azzurra. Mi dava una sensazione glaciale. Sulle guance aveva delle deliziose lentiggini bianche, che riprendevano il disegno delle stelle. I suoi occhi erano di un verde così intenso, da sembrare piccoli smeraldi incastonati in sclere puramente bianche. Indossava un abito giallo limone e aveva un'espressione molto preoccupata.
Pensai a come fosse stata la sua vita prima dell'Accademia. Pessima. Con tutti che la deridevano perchè era strana. Pelle blu, capelli bianchi e occhi verde fosforescente non sono all'ordine del giorno. Eppure mi incantava.
"Sto...bene" mormorai. "Sicuro? Sono così mortificata..mi dispiace" farfugliò.
"Eccomi! Avevo lasciato il cellulare al dormitorio. Vedo che hai conosciuto Angel Topaz. Come va dolcezza?" chiese Harle.
"Dovresti pensarci su, sei stato tu l'idiota a svegliarci tutti ieri sera. Quante volte ti ho detto di non fare cavolate! Ma certo, tu sei solo uno sbruffone. E non chiamarmi più dolcezza, o ti ritroverai con occhi e bocca cucita. Ora vado, non posso fare tardi. Scusami, mi dspiace ancora. Ciao" lanciò un ultima occhiata acida ad Harle prima di andarsene. Nell'ultima parte del suo discorso si era riferita a me. "È simpatica, ma i suoi genitori sono Capricorno e Gemelli. È difficile da gestire. Visto come mi tratta? Ma cambierà idea presto... ne sono sicuro" disse Harle. Non gli risposi, perchè fissavo il punto dove Angel se ne era andata. Era qualcosa di spettacolare, che io non avevo mai visto.//spazio autrice//
Salve people.
Helia conosce Angel, una ragazza particolare.
Non c'è molto da aggiungere, questo è solo un capitolo di passaggio, ma ho voluto comunque aggiungere questo incontro.
Chi sarebbe il vostro figlio stellare? Harle, io sarei sua madre😆
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L'Accademia delle stelle: Le Ombre
Fantasy//IN REVISIONE// Nella vita di Helia tutto sembra monotono e triste. I suoi soliti inverni passati nel centro di recupero bambini e ragazzi orfani e le sue solite estati passate da una famiglia all'altra senza mai essere adottato. Eppure quei suoi...