Estate - 20 Giugno 1928

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Le biciclette scivolavano lungo il sentiero acciottolato, i nastri nei capelli delle ragazze sventolavano come bandiere nel vento e le loro risate riempivano l'aria di Fortmay. Era il 20 giugno del 1928 e da appena due giorni Amelia Earhart aveva fatto la storia, diventando la prima aviatrice donna ad attraversare l'intero oceano Atlantico. Le ragazze avevano seguito con ossessione quella vicenda e nei giorni che seguirono il 18 Giugno non parlarono d'altro. 

Edith era la più coinvolta e aveva fomentato le compagne con il suo entusiasmo. Persino in quel momento era al capo del piccolo sciame fatto di ruote e nastri colorati, ridendo diceva che tutte loro un giorno avrebbero dovuto emulare Amelia. Il sole pendeva sulle colline arancioni e colorava il cielo con sfumature rossastre perfettamente intonate ai capelli fiammanti di Edith. La sua criniera leonina si fermò in prossimità della staccionata bianca e adagiò piano la bicicletta. Le ragazze della White Dove si fermarono subito dopo di lei, in fila indiana, posarono le biciclette dai colori sgargianti e sistemando gonne e foulard entrarono nella grande villa. Fortmay era un piccolo paese di vacanza e il collegio femminile White Dove organizzava ogni anno una permanenza di quasi tre mesi in quella località fuori dal mondo. 

Fuori dal mondo erano i colori, così splendidamente naturali, la vegetazione quasi incolta, eppure perfettamente ordinata, le casette colorate, brulicanti di borghesia in pausa dai trambusti cittadini. Fuori dal mondo erano i balli settimanali, le gite in bicicletta, il drive in, gli abiti nuovi che compravano con i risparmi di tutto l'anno e, l'apparente libertà che per ben sessanta giorni, Edith Roman e le sue dieci giovani compagne potevano assaporare. La villetta sul promontorio si condiva di risate e chiacchiericcio fino all'ultimo giorno di Agosto e l'allegria delle signorine diventava una gemma preziosa che tutti in quel paese ambivano a stringere almeno una volta. Donovan Taylor Grossman era il fondatore della White Dove nonché proprietario della villa che ospitava le ragazze in estate, il suo ombroso carattere creava nelle giovani donne un senso di rispetto e reverenza tant'è che in sua presenza la spensieratezza della loro adolescenza lasciava il posto ad un contegnoso decoro e a discussioni ponderate e misurate. 

L'unica che usciva da questo coro era Edith, la sua irriverenza, tuttavia, non dispiaceva all'uomo che rideva sotto i folti baffi ad ogni obiezione della giovane. Edith Roman era la più grande del gruppo con i suoi 18 anni appena compiuti. Sua madre o chi per lei, l'aveva lasciata appena nata e non c'era stato modo di risalire alle sue origini. I capelli focosi, le lentiggini diffuse sulla pelle bianca e gli occhi blu facevano pensare ad origini irlandesi, ma certo, queste erano solo supposizioni. Lei non si curava molto di questa questione e a differenza delle sue compagne non le interessava rincorrere una storia da cui era stata esclusa. "La vita è mia, non di chi me l'ha data!" Ripeteva sempre quando veniva toccato l'argomento, si tirava un ricciolo, lo soffiava via con le labbra arricciate e sorrideva, come se in quel cervello sempre acceso esistesse una saggezza ed una consapevolezza sconosciuta a tutti quelli che la circondavano. Sicuramente non era la più bella, ma certamente era quel volto che nessuno poteva dimenticare, quella voce che restava nei ricordi e quella indifferenza che causava fastidio, attrazione, rabbia, curiosità, infatuazione, desiderio inappagato. Edith era quasi irraggiungibile per il mondo esterno perché il suo mondo era nel cerchio perfetto delle sue sorelle. Le ragazze del collegio erano unite dalla sua forza aggregante, fluttuavano intorno a lei come le foglie in autunno che circondano l'albero da cui cadono, senza allontanarsi troppo. Edith leggeva per loro, studiava per loro, combatteva per loro. Senza di lei quel collegio avrebbe smesso di funzionare e forse era per questo che il signor Grossman non poteva far altro che ammirarla.

Entrarono in casa e subito vennero accolte da Mrs. Helen Grossman, la sorella del padrone nonché loro prima responsabile. La donna sulla cinquantina aveva lo stesso carattere del fratello ma un temperamento molto più cupo e tenebroso. Non diceva mai una parola in eccesso e se poteva preferiva tacere e guidare le ragazze senza sprecare troppo fiato. I suoi abiti erano sempre o troppo vecchi o troppo larghi e i suoi capelli grigio topo erano sempre mal acconciati sulla fronte. Sembrava una di quelle persone non interessate alla vita e che andava avanti per inerzia nelle sue giornate tutte uguali. L'unica frase che pareva amasse pronunciare era l'ultima della preghiera serale. 

"E se abbiamo peccato ora espiamo in preghiera, fino all'ultimo respiro della notte riflettiamo sui nostri errori ". 

Era come se una goduria le irrorasse il corpo, le guance le si accendevano di rosso per svariati minuti e gli occhi diventavano più espressivi che mai. Tremava tutta e si strofinava le mani con enfasi sciogliendo la preghiera con un Amen. Le ragazze ridevano tra le coperte chiedendosi sempre quale fosse il suo peccato e inventando le storie più assurde e indecorose, quando, nelle giornate uggiose, non avevano di meglio a cui pensare.

Last summer in FortmayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora