Sento bussare alla porta e mi sveglio da un sonno profondo. È mamma, lo so già, senza bisogno di aspettare che apra la porta per scoprirlo. Due colpi deboli, lenti sulla porta. Lei bussa così. Da sempre è stata una brava madre, ha cresciuto me e Naty con amore e attenzione, seguendo ogni passo. Eravamo il trio inseparabile, noi. Eravamo amiche, e l'amicizia che avevamo era la migliore che si poteva condividere tra madre e figlie. La porta si schiude piano e fa capolino una chioma rossa come la mia, poi la fronte su cui iniziano a comparire delle piccole rughe d'età. Ed ecco i suoi occhi, il suo volto ed infine lei.
"Ehi." dice calma mentre si avvicina al letto e si siede.
Ne approfitto per guardare l'ora, sono le 23.41 e loro sono appena rientrati, lo capisco dal suo abito elegante.
"È un altro di quei momenti?" mi domanda.
So bene a cosa si riferisce. Dopo quattro anni ancora non riesco ad andare avanti e di tanto in tanto crollo, fino ad aver bisogno di uno psicologo. Lo so bene che nemmeno loro stanno bene, ma fingono meglio di me.
Cerco i suoi occhi, sperando che almeno questa volta incontrino i miei. Non succede da parecchio. Sia lei che papà faticano a guardarmi in faccia, sarà per il viso identico a quello di Natalia, per la voce simile e i gli stessi capelli. Sarà che vedono in me quello che già hanno perso una volta, una figlia.
"Lorenzo ha un'altra." sgancio la bomba.
Ed ecco che la bocca di mamma si allarga in un espressione sconvolta. Sgrana gli occhi. Fa male anche a lei questa notizia. Lorenzo faceva parte della famiglia, ed entrambi i miei genitori lo trattavano come figlio loro.
Non mi risponde ed il silenzio accoglie il mio pianto disperato che ancora una volta mi fa tremare. Le braccia calde di mia madre mi accolgono in un abbraccio, mentre appoggia le sue labbra sulla mia fronte.
"Piccola mia.." riesce a dirmi con voce debole e delusa.
"Ogni ferita su quel tuo cuore è ingiusta, quel tuo cuore così buono di altrettanta bontà non ne ha ricevuta."
Le sue parole mi fanno piangere di più, e di più. Mi stringe finché non cado addormentata tra le lenzuola.Sole, luce che mi trasmettono un po' di positività entrano dalla finestra svegliandomi. Decido che un giorno e una notte passati a piangersi addosso senza fare nulla sono abbastanza. Che per questa questione almeno, devo andare avanti. Per me i cambiamenti d'umore sono abbastanza frequenti, ma non credo di essere bipolare, no. È che in momenti come questo cerco di farmi forza, di vedere il lato positivo. Però spesso questo mio farmi forza viene e va, lasciandomi scombussolata e facendomi vivere giorni tristi, disperati e giorni in cui me ne frego e sto tranquilla. Oggi, per l'appunto me ne frego e sto tranquilla. Ho deciso così.
Mi vesto e mi metto i miei panni migliori, sempre adatti a una giornata d'estate che probabilmente passerò a camminare. Una gonna rossa e una camicetta bianca. All star bianche. Mi trucco con cura e sistemo i capelli in una treccia morbida che mi arriva quasi fino al sedere. Ci ho messo anni a farli crescere così tanto. Esco e mi dirigo alla fermata dell'autobus, sicuramente la mia amata Roma mi farà sentire meglio. Faccio una passeggiata per piazza di Spagna osservando i monumenti storici che amo alla follia, come amo l'arte. Mi fermo a fare qualche foto, tiro fuori la Canon dalla custodia quando un ragazzo maldestro mi sbatte contro. Fortuna che la macchinetta fotografica è legata al mio collo, se mi fosse caduta sarei stata capace di prendere a sberle anche lui.
"Scusa.." dice con aria menefreghista mentre riprende a giocare con il cellulare.
Che gente, penso mentre lo vedo allontanarsi. Scatto le foto, ne scatto tante. Vorrei tanto avere un'amica con cui condividerle, ma è vero che più cresci e meno amici hai, ed io all'età precoce di 18 anni già sono sola come un cane! Scaccio questo pensiero negativo, per evitare di tornare a rimuginare su quelle amiche che tanto mi hanno delusa. Oggi no, mi dico. Oggi sto bene.
Dopo qualche ora il caldo inizia a darmi alla testa e mi sento stanca, è tempo di una pausa. Senza pensarci due volte cammino veloce verso la gelateria migliore del mondo. Ice cream art. Già il nome dice tutto. Purtroppo tutti i tavolini sono occupati, ma c'è un posto libero al tavolino di un ragazzo. Che faccio? Mica posso sedermi lì e iniziare una conversazione? No certo che no. Posso sedermi e ignorarlo. Mi avvicino, un po' imbarazzata. Prima di sedermi mi rendo conto che è il ragazzo di prima, andiamo bene!
Tiro la sedia e prima che io possa appoggiare le chiappe sul metallo freddo lui parla.
"Ferma, che fai!" mi fa sobbalzare, poi lo guardo storto.
"Mi siedo?" dico con tono al tempo stesso arrogante e incerto.
"Sto aspettando una persona.." mi guarda dritta negli occhi.
Io mi fermo, congelata dalla sua frase nel bel mezzo di agosto. Che imbarazzo, perché non ci ho pensato! Afferro il telefono che avevo appoggiato sul tavolino e silenziosamente faccio per andarmene. Una figura di merda, oltretutto niente gelato nel mio posto preferito. È possibile essere così sfortunati?
"Sto scherzando!" ridacchia.
Io mi risiedo di peso e lo guardo truce e incazzata.
"Piacere Nicolò." mi porge la mano e mi rivolge un sorrisone.
Che testa di cazzo, penso tra me e me. Ma gli sorrido anche io e gli porgo la mano.
"Debora." taglio corto.
Lui annuisce con la testa, rendendosi conto di non avere davanti una persona molto sociale.
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I Nostri Occhi
Teen FictionLa storia di Debora Nocentini, separata dalla sua metà, dall'amica migliore che la vita potesse darle. Sua sorella gemella che all'età di 14 anni scomparse senza lasciare nemmeno un biglietto. Nemmeno un ti voglio bene. Solo una stanza piena di rico...