Connivente di beffa

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"Cosa crede di essere, trasparente?"

L'uomo sorrise sornione approssimandosi al tavolino dove la giovane donna sedeva.

"Chiedo venia, signorina...?" 

"Signorina Bosquier andrà benissimo." 

"Molto bene, signorina Bosquier. Non ho resistito dalla cupidigia di osservarla nella quiete che soltanto la notte può accompagnare." 

Solo allora lo sguardo cipiglio della poco stagionata fanciulla si sollevò dallo scadente romanzetto che teneva tra le mani per osservare più da vicino quel ambiguo seccatore.

"Il suo modo di esprimersi segue sempre questi parametri, signor...?"

"Signor Lefevre andrà benissimo." Un risolino accompagnò questa risposta."Con tutta sincerità, accade unicamente quando mi trovo davanti a una donna avvenente."

"Piantatela con questi salamelecchi. "Sbuffò la giovane. "Sono troppo giovane per cadere tra le braccia di un vetusto latin lover come lei, signor Lefevre. Ciò nonostante mi fa simpatia e le concedo un caffè in mia compagnia, se gradisce."

"Ben volentieri! Se mi accorda il tempo necessario per reclamarlo presso la cassa, sarò presto da lei."

  "Ma dove vuole andare, si sieda che penso a tutto io." E schioccando due dita a mezz'aria, un ragazzo dall'età adolescenziale si approssima immediatamente al loro tavolino sorprendendo il buon Lefevre.

"Prego mademoiselle, chieda pure."

"Caro Jerome: vorrei un caffè di quelli buoni, mi raccomando, per il signore qui presente e un altro tè al masala per me."

"Molto bene signorina Prunier."

L'uomo, nello sbigottimento generale, non riuscì a far altro che osservare sia la giovane donna nuovamente immersa nella sua lettura che quel cameriere allontanarsi con l'ordinazione posta sul vassoio.

"Chiedo nuovamente venia, signorina Pru...Bosquier." La interruppe l'uomo. "Potrei chiederle come mai quel acerbo giovanotto l'ha chiamata con quel cognome clandestino?"

"Vedo che ficcanasare e spiare le persone è un suo punto fermo signor Lefevre." Rispose irritata mantenendo lo sguardo sulla lettura.

"Mi perdoni, io non volevo privarla del..."

"Ma si, ma si... Non si preoccupi, devo ammettere che questa domanda avrei potuta farla anche io in una situazione gemella. Gli dirò che per il giovane Jerome io sono Prunier e per lei la signoria Bosquier. Spero le vada bene come risposta." E voltando pagina terminò la conversazione.

Lefevre, ancora più confuso non potette fare altro che continuare ad osservarla, a scrutare nel silenzio assoluto cosa si possa nascondere dentro quella figura dal colorito chiaro, dalla lunga e ricciola chioma oro e dagli occhi azzurri. Quell'aspetto che la faceva somigliare a un innocente ma che sembrava nascondere un diavolo per capello e un asso di troppo nella manica della blusa.

"Ecco il vostro tè ed il caffè per il vostro ospite, signorina Prunier."

"Grazie infinite, Jerome." Accompagnò con un bacio che fece arrossire il cameriere."Quando ti devo?"

"Ma per carità, signorina. " Intervenne Lefevre. "Sia mai che a pagare il conto sia lei. Ci penso io. Quanto devo per i tuoi servigi Jerome?" Disse accompagnando.

Il ragazzo, grandemente imbarazzato dalla situazione, si voltò alle sue spalle.

"Lo vedete quel ragazzo con il cappotto scuro che sventola il suo basco? E' stato lui a occuparsi del conto. Con permesso." E allontanandosi dai due si spostò a prendere l'ennesima ordinazione.

"Ma quello lì è il carissimo Jacques Poulard." Notò mademoiselle.

"Come posso ringraziarla per questo suo omaggio?" Chiese alzando di grado la voce.

Il ragazzotto dalle spalle larghe si avvicinò al loro tavolo e baciandole la mano buttò uno sguardo singolare all'ospite seduto al suo fianco.

"Non mi dovete nulla, signorina Thicot. Per me è un vero piacere onorarla di un così semplice gesto."

Lefevre continuò a non capire. Bosquier, Prunier, Thicot. Chi aveva veramente davanti? In quale enigma collettivo si era inconsapevolmente incuneato? Rimase muto con la testa che ronzava di possibilità.

"Vuole sedersi qui con noi, caro Poulard?"

"Mi piacerebbe moltissimo, signorina Thicot, ma purtroppo ho delle faccende da sbrigare e tra l'altro vedo che al vostro tavolo avete già un ospite dalla pregevole presenza." Rispose. Il tono era chiaramente beffeggiatore, cosa che fece divertire oltremodo la spudorata fanciulla e un po' meno l'attempato visitatore.

Rimasti soli, il silenzio calò un'altra volta su di loro. Lefevre, aspettando che il caffè si freddasse il giusto, mirò la misteriosa, indaffarata a sorseggiare il suo tè con tanto di mignolo alzato e perennemente assorta tra le righe di quel testo.

"Deve chiedermi qualcosa?"

"Assolutamente no, mademoiselle. La mia testa è abbastanza ingarbugliata di suo e credo che altre domande porterebbero soltanto alla nascita di altri innumerevoli quesiti. Dico bene?"

"Benissimo, caro Lefevre. Vedo che state imparando."

Un voce fuori campo distolse l'attenzione dei due. Un ometto pasciuto e con spessi occhiali da vista, si avvicina al loro tavolo asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto di seta bianco.

"Dove eravate finito, signor Vercoutre, è tutto il pomeriggio che la cerco."

L'uomo attempato sorrise furbastro. Sorseggiò il suo caffè gentilmente offertogli, e una volta terminato si alzò dalla sedia per salutare una disorientata compagna di assurdità.

"Piacere di aver fatto la sua conoscenza, signorina Nonsobenecome. Come vedete ho imparato molto tempo prima di lei questo satirico gioco. Le auguro una piacevole e mai onesta serata."


                                                                                     FINE






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